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Da: Forum

Seminario FIOM Lombardia

Il lavoro che cambia

Relazione introduttiva del segretario generale della FIOM di Milano Ermes Riva

[Abbiamo chiesto a Ermes Riva di poter pubblicare nel nostro Forum la sua relazione introduttiva perche' ci e' sembrata un'interessante analisi della realta' che viviamo tutti i giorni.]

Premessa

Il tema del seminario odierno, che ho il compito di introdurre con questa relazione, è quello di individuare proposte per la contrattazione di secondo livello sull’organizzazione del lavoro, in conseguenza dei cambiamenti profondi del decennio che ci lasciamo alle spalle.

Sono necessarie due considerazioni preliminari.

  1. La prima consiste nella presa d’atto che negli ultimi anni, anche nella contrattazione degli anni ’95 – ’98, l’organizzazione del lavoro, il cambiamento del lavoro non è stato oggetto centrale, forse nemmeno periferico, di contrattazione. I profondi rivolgimenti sono stati dettati, decisi, e gestiti, quasi ovunque, dalle aziende.
  2. Questo fatto non è avvenuto per vincoli contrattuali. Il Ccnl non cita l’organizzazione del lavoro tra i temi contrattati a livello nazionale, e di conseguenza, è possibile la contrattazione a livello aziendale.

Se non è stata contrattata, è quindi per difficoltà esclusivamente nostre.

E’ un tema di forte confronto con le aziende, e sappiamo invece che c’è poca voglia di mettersi in gioco, anche con le lotte.

L’aspetto più preoccupante, però, è che ci manca un’analisi all’altezza dei cambiamenti, e ci mancano le proposte per intervenire: possiamo indicare solo alcuni spezzoni, che però non fanno politica contrattuale.

E’ quindi con questo spirito che voglio introdurre i lavori sul tema che mi è stato affidato: tentare di dare alcuni elementi utili all’approfondimento nelle aziende per far tornare questo tema centrale nella contrattazione.

 

Il cambiamento

Mi sembra che abbiamo, forse, messo alle spalle il dibattito, sostanzialmente ideologico, sul cambiamento, per approdare alla consapevolezza che dobbiamo intervenire nelle contraddizioni per tutelare al meglio il lavoro che rappresentiamo. Ma ancora non abbiamo prodotto ricerca, dibattito e poi proposta sulla dinamica del cambiamento, sulla sua direzione di marcia, sulle trasformazioni che produce. Dobbiamo cogliere le più profonde contraddizioni e potenzialità per poter superare l'assenza d’iniziativa sindacale: così è stato negli anni ’70 rispetto alla catena di montaggio e al vincolo, così deve essere oggi rispetto all’insieme dei nuovi lavori e della organizzazione del lavoro.

Oggi non è possibile rintracciare una modalità di lavoro "centrale", che può diventare il paradigma di riferimento della nostra proposta sindacale: e questo, non solo perché non c’è più un modello ed una classe centrale, ma perché sono le basi di questo cambiamento che hanno in sé caratteristiche tali da dover essere affrontate con estrema diversificazione.

Infatti la modifica del lavoro, dentro il quadro della globalizzazione, non dimentichiamolo mai, nasce da tre riferimenti: il diverso rapporto con il mercato e quindi la centralità assunta da funzioni e ruoli diversi da quelli strettamente produttivi; le nuove teorie organizzative che hanno trovato il fulcro nella "qualità totale", adattata in ogni paese sulla base delle specifiche condizioni sociali e storie sindacali; infine nell’innovazione tecnologica ed in particolare il recente passaggio dal P.C. alla Rete.

Non c’è qui lo spazio per trattare ognuno di questi temi: voglio solo ricordare però che è dalla combinazione di questi fattori, dal loro intreccio, che nascono centralità, lavori, organizzazioni molto diversi tra loro, anche in aziende dello stesso settore merceologico.

Guai a noi a dimenticare questo intreccio, perché qui sta quella possibilità, che dicevo, di una iniziativa che entra nelle contraddizioni per risolvere i problemi dei lavoratori.

Il lavoro operaio

Negli scorsi anni vi sono state diverse ricerche sul lavoro operaio nelle nuove condizioni determinate dalla filosofia della qualità totale, ricerche condotte anche dalla Fiom, ad esempio quella su Melfi. Laddove esiste un vincolo definito dall’impianto la nostra elaborazione ha prodotto qualche proposta e sono quindi disponibili contributi, analisi, idee da far vivere nella contrattazione.

Ma l’innovazione ha prodotto una modifica anche nel classico lavoro alla macchina utensile, all’impianto automatizzato.

L’operaio diventa sempre più un gestore di informazioni: un "operatore" su una macchina che contiene tutte le istruzioni necessarie per portare a buon fine la produzione. A questo lavoratore viene chiesto di avviare la macchina, sostituire i pezzi, intervenire in caso di anomalie o malfunzionamento. La classica capacità del saper fare è stata informatizzata, all’operaio è stato affidato il compito del controllo del prodotto e dell’impianto. In qualche caso si tratta ancora di operai specializzati, in possesso di uno skill professionale conseguenza di conoscenze acquisite ed esperienze pratiche. Sempre più spesso si richiedono conoscenze di base necessarie alla gestione delle informazioni. In sintesi, conoscenza e autonomia nel ciclo di lavoro non sono particolarmente interessanti nel nuovo ciclo produttivo, mentre è invece richiesta disponibilità al cambiamento e propensione a "specializzazioni" sempre diverse e che comunque non consentono la visibilità e comprensione del ciclo di produzione completo.

Nelle aziende medio piccole, dove troviamo larga parte di giovani, il dato saliente della condizione lavorativa sta da un lato nella precarietà delle modalità di assunzione, e dall’altro nell’uso estremamente flessibile della prestazione, sia come orario di lavoro che come polivalenza, e cioè la rotazione su mansioni equivalenti a seconda del bisogno. Flessibilità in tutti i sensi.

Qui c’è un primo elemento da mettere in verifica nella nostra contrattazione ed è il ruolo che assume la formazione, di base e continua, come elemento centrale, insieme ovviamente ad un diverso sistema di relazioni contrattuali, per conoscere e gestire il processo produttivo proprio in queste realtà.

Oltre a questi temi tutto ciò implica una discussione sul controllo dell’orario e della prestazione di lavoro, tema che verrà affrontato nell’ultimo seminario regionale.

Il lavoro degli impiegati

E’ qui che ci sono state però le modifiche più rilevanti su cui bisogna concentrare l’attenzione.

Infatti il processo di globalizzazione ha prodotto, come diceva ancora a Bergamo il compagno Sabattini, una ridislocazione dell’impresa che vede il core business concentrarsi nei livelli più alti dell’impresa stessa, la progettazione e ricerca, la finanza ed il marketing, il governo strategico, il controllo del ciclo, disperso nello spazio e nel tempo, e la conoscenza.

In questo processo stanno i primi cambiamenti di cui tener conto: se nel passato il settore impiegatizio si qualificava per la presenza di impiegati tecnici, di progettazione e industrializzazione, oggi invece sono prevalenti i lavoratori che si collocano nel settore finanziario e del marketing, i commerciali e quelli dei servizi.

Lo sa bene il nostro tesseramento, perché gli impiegati tecnici hanno avuto e hanno un buon rapporto con il Sindacato, che invece, da sempre, ha dovuto scontare un ritardo nei confronti dei settori amministrativi e commerciali. E questo si sente anche oggi.

Un secondo imponente cambiamento deriva dall’innovazione tecnologica che è penetrata a fondo nel lavoro degli impiegati, anche con quegli elementi di contraddizione cui facevo riferimento all’inizio.

Indico schematicamente sei situazioni e per ognuna di loro cercherò di indicare le novità più rilevanti dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro e del ruolo dei lavoratori. Non esauriscono ovviamente le possibili situazioni, vogliono solo essere un’esemplificazione per dare spunti di riflessione per la contrattazione.

  1. Data entry
  2. Qui troviamo le condizioni di vincolo, legame stretto tra la macchina, P.C. e software, e l’addetto: ci sono lavoratrici e lavoratori che devono inserire dati all’interno di un programma, battendo tasti su di una tastiera. Lo devono fare quando le banche o le società finanziarie, che forniscono i dati, chiudono i battenti e le contrattazioni, e lo devono fare entro tempi definiti e quindi è importante la velocità di inserimento dei dati. Un lavoro monotono e ripetitivo: le sequenze sono definite dal programma, i tempi sono quelli dettati dal ritmo della battitura.

    Il loro orario di lavoro è molto articolato: c’è chi lavora dal mattino alle 7 fino alle 15, chi invece fa giornata, chi inizia alle 16 e lavora fino alle 24. Dipende dall’ente che dà il lavoro, la commessa. In questo tempo bisogna inserire tutti i dati che arrivano dal cliente.

    Come si vede, in queste condizioni la contrattazione non può che rivolgersi in due direzioni: da un lato sull’orario di lavoro, pause, riposi, ecc. e le relative modalità salariali, maggiorazioni, ecc. Dall’altro lato si pone un problema di professionalità, attraverso la polifunzionalità e la polivalenza, per dare una competenza sull’insieme del ciclo di lavoro, ad esempio il rapporto con il cliente, e sull’utilizzo di diversi programmi informatici per l’elaborazione dei dati e non solo il loro inserimento.

  3. Call center
  4. In questi centri ci sono lavoratori che, utilizzando un P.C. e un telefono, rispondono alle domande che i clienti fanno alla società. E’ un settore in forte espansione, che appare più visibile nelle società di telecomunicazioni, ma che invece, con più discrezionalità, tante aziende hanno costituito. Basti guardare un qualunque elenco dei numeri verde o similari.

    Anche per queste figure c’è uno sbarramento determinato dai programmi che vengono utilizzati: per le risposte più semplici hanno la possibilità di darle immediatamente attraverso l’interrogazione del P.C. Quando invece la domanda si fa più complessa hanno solo il compito di leggere il nome della persona o del telefono o dell’ufficio cui indirizzare il cliente.

    Il valore aggiunto di questi lavoratori e lavoratrici sta nella relazione con il cliente, perché sono il primo contatto con la società che rappresentano: infatti la formazione che l’azienda fa, come ad esempio è stato ad Infostrada, è per l’apprendimento dell’utilizzo del programma informatico e sulle tecniche di risposta via telefono. In molti casi il loro orario di lavoro è part time perché è ormai accertato che, dopo 4 – 5 ore, le capacità di relazionarsi ancora in modo positivo, si riducono sensibilmente.

    Anche qui il tema della quantità di lavoro, e quindi delle pause, è uno dei problemi più rilevanti, assieme alla definizione del calendario annuo, dell’eventuale lavoro notturno e/o festivo. Infatti questi centri funzionano quasi come un ciclo continuo.

    Sul versante della professionalità, le capacità relazionali e la conoscenza della gamma di servizi che offre l’impresa mi sembrano i due corni su cui lavorare.

  5. Ufficio tecnico o amministrativo
  6. Ho accorpato questi due ambienti perché mi interessa far emergere il problema che ritengo centrale per larga parte del mondo impiegatizio.

    Qual è stato il fenomeno più rilevante con i programmi informatici e la rete?

    Molte competenze dei lavoratori sono state inglobate nel software, molta informalità è stata codificata, tutta la parte del lavoro manuale è stata tradotta in attività del personal. Da qui, ad esempio, le terziarizzazioni delle fasi più povere dell'ingegnerizzazione o dell'amministrazione. Nell’ufficio è rimasta la fase di definizione del progetto, quella del suo assemblaggio finale, quella del controllo sul processo di progettazione e poi di sviluppo industriale. Cioè le fasi di governo e di assunzione delle scelte strategiche. Nel settore finanziario e amministrativo c’è stato lo stesso processo. Cad e Cae da un lato e SAP dall’altro sono le frontiere di questa innovazione. Il lavoratore dell’ufficio ha visto le sue conoscenze in questi programmi ed il suo ruolo, molto spesso, si è ridotto ad appendice del programma. Solo chi ha competenze sistemiche, di conoscenza dell’intero processo, o di parti rilevanti, ha avuto professionalità più ampia e riconosciuta, gli altri non hanno potuto crescere.

    La divaricazione delle conoscenze e delle opportunità è stato dunque il dato saliente ed è quello su cui intervenire contrattualmente.

  7. Ufficio tradizionale
  8. Quella che sto proponendo è una divisione sicuramente artificiosa, ma la faccio per mettere in rilievo un processo che sta cominciando ora e che avrà nei prossimi anni sviluppi ancora più vasti. L’utilizzo sempre più massiccio della cosiddetta scrivania elettronica, e cioè di quell’insieme d’attività che prima erano competenze di diverse persone, in particolare delle segretarie, accompagnato all’uso della rete, che consentirà non solo collegamenti, ma anche utilizzo di programmi collocati nelle diverse parti del mondo, produrrà la scomparsa della tradizionale sede di lavoro, oltre che di diverse figure che avevano e hanno compiti di relazione e di organizzazione.

     

  9. Assistenza – Vendite
  10. Il processo che delineavo prima, per questi lavoratori è già una realtà. L’attività di assistenza ai clienti e/o di vendita già avviene senza più alcun riferimento fisico al luogo di lavoro. Attraverso cellulare, o un modem collegato ad un P.C. portatile o fisso, in genere sistemato in casa, questi lavoratori trasmettono e ricevono il lavoro, la commessa, l’impegno per il giorno seguente. L’ordine viene trasmesso anche ad altri e così si ha il ricongiungimento presso il cliente delle diverse funzioni o materiale che serve.

    Il problema centrale per questi lavoratori, che ha segnato un vero cambio di fase, è stata la possibilità d’autogoverno del tempo di lavoro e di eliminazione di tempi di trasferimento, si pensi al casa-lavoro, vissuto oggi come un fardello. Molto spesso questo autogoverno si traduce contemporaneamente in aumento del tempo di lavoro complessivo: infatti il collegamento informatico con la sede avviene al ritorno dal servizio, cioè generalmente nelle ore serali, quando anche il collegamento telefonico costa meno. Questa attività non viene però vissuta come orario di lavoro e come carico aggiuntivo.

    Nella definizione degli obiettivi contrattuali bisogna ovviamente avere presente la diversa situazione di lavoro, professionalità, ecc.di questi lavoratori e lavoratrici.

    Generalmente per i tecnici c’è anche il tema della reperibilità che verrà affrontato, penso, nel seminario di Brescia sull’orario di lavoro.

    C’è infine un fatto nuovo che si sta delineando e cioè che molte aziende affidano queste attività agli stessi lavoratori che devono però costituire una società ad hoc, la cui finalità è esclusivamente l’attività di vendita e assistenza per conto della vecchia casa madre. Questo lavoro assume quindi le caratteristiche di lavoro autonomo.

  11. Telelavoro
  12. In molte delle esemplificazioni che facevo c’è già l’idea, il cambiamento del modo di lavorare che chiamiamo telelavoro. Bisogna sapere che abbiamo esperienze contrattuali, come all’Italtel, che hanno regolato il telelavoro basato a casa, seppure come fase sperimentale, mentre nelle nostre aziende tende a diffondersi il telelavoro nomade, e cioè un’attività che viene fatta utilizzando gli strumenti informatici, senza un riferimento fisso, casa o ufficio che sia.

    La legge, che molti di noi hanno contribuito a promuovere, dovrebbe andare in aula al Senato, e ci auguriamo che non sia bloccata come tutte le altre che riguardano il lavoro (Rsu e lavori atipici). La contrattazione può utilmente affrontare le stesse tematiche: diritti e socialità sono tra le più rilevanti. Significa affrontare il tema del rapporto con l’ufficio ed i colleghi di lavoro: nell’accordo sperimentale dell’Italtel si indicava la possibilità di andare in azienda una volta ogni settimana o 15 giorni. Bisogna stabilire attraverso quali modalità il telelavoratore è messo in condizione di formarsi, di poter accedere ai diversi programmi che vengono utilizzati nelle aziende, ecc. Diritti deve anche voler dire conoscere le posizioni della Rsu e del sindacato, poter partecipare alle assemblee, votare, ecc.

    Anche per questi lavoratori il tema dell’orario di lavoro è centrale.

    Infine bisogna contrattare gli strumenti di lavoro, il loro costo e aggiornamento, il rispetto, se per esempio si tratta di telelavoratori a casa, delle norme di sicurezza, ecc.

I cambiamenti nel Mercato del Lavoro

I processi generali che abbiamo discusso anche a Bergamo, insieme ad alcuni che ho sommariamente descritto fino ad ora, hanno avuto anche conseguenze rilevanti non solo sulla dimensione e il core business delle aziende, ma anche sulla composizione dei lavoratori che rappresentiamo. Hanno determinato condizioni di flessibilità nel mercato del lavoro con cui dobbiamo fare i conti, anche perché, ormai, hanno un impatto talmente forte anche sulle aziende che conosciamo bene, che ci sta sfuggendo del tutto la capacità di controllare il ciclo di lavoro e di intervenire per la tutela di tutti i lavoratori e le lavoratrici.

Nella cartelletta trovate alcuni dati riferiti alla situazione milanese del M.d.L.: sono esempi forse estremi per molte altre realtà territoriali, ma sono utili per individuare linee di tendenza generali.

Le aziende si posizionano con il punto di pareggio più basso possibile ed utilizzano poi lo straordinario per far fronte alle esigenze in aumento. Quando anche lo straordinario non è più sufficiente si ricorre al tempo determinato, nel migliore dei casi, al lavoro interinale in altri casi, fino all’utilizzo delle cosiddette cooperative sociali che, lo sappiamo, di sociale hanno solo il ricavo per i presunti soci fondatori e il nero per chi vi lavora. Abbiamo casi di retribuzione oraria a 5.000 £. Oppure una mensilità si e l’altra no, e così via. Qui l’unico spazio è per una contrattazione che recuperi la legalità, l’applicazione dei contratti e delle regole definite, in attesa che la legge sulla figura del socio-lavoratore superi l’esame parlamentare.

Sul lavoro interinale credo che con il recente Ccnl abbiamo acquisito gli strumenti per avere le conoscenze necessarie sull’utilizzo che le aziende ne vogliono fare: mi pare che abbiamo il problema di superare nostre vecchie posizioni, che negavano alla radice questi rapporti di lavoro, per iniziare una contrattazione vera sul loro ruolo nell’azienda, sulle motivazioni di quelle assunzioni, sul tempo di lavoro fino alla retribuzione. Ricordo che è previsto per legge che questi lavoratori abbiano il Premio di risultato in vigore nell’azienda utilizzatrice e noi dobbiamo definirne nella contrattazione aziendale le modalità di erogazione.

Se andate davanti ad una di queste società e leggete le offerte di lavoro esposte, vi renderete conto che il lavoro interinale, per alcune figure qualificate, è diventato il periodo di prova, più lungo di quello contrattuale e con meno rischi per l’azienda. Ci sono quindi motivazioni vere per contrattare il lavoro e gli organici, ed anche i tempi per il passaggio, se il lavoratore lo vuole, all’assunzione definitiva.

Per quanto riguarda invece le altre figure emergenti dobbiamo distinguere: ci sono casi in cui il lavoro parasubordinato, la collaborazione coordinata continuativa, è solo un modo per sfuggire al controllo e ai contratti, in altri casi invece risponde a problemi veri, a professionalità e persone che ritengono un segno di emancipazione e libertà poter lavorare in quel modo. Quante volte abbiamo sentito questo bisogno d’affermazione individuale anche tra i nostri delegati e lavoratori.

Inoltre, e questo vale soprattutto per le aziende medio-piccole, vi sono attività, servizi che non necessariamente devono essere presenti in azienda, ma a cui si ricorre nel momento del bisogno: provate a pensare a tutto il campo dei servizi informatici, per l’elaborazione di programmi di lavoro o di vendita. Ci vogliono professionalità che costano, che richiedono formazione ecc. Una media azienda non può reggere con costi di struttura che diventano elevati per tutte le riflessioni che ho esposto nel corso di questo intervento.

Sono cioè convinto che è necessario recuperare una visione meno manichea. Non c’è solo evasione o sfruttamento elevato, ci sono anche esigenze vere che noi fino ad oggi non abbiamo messo a sufficienza in rilievo.

E’ da questo insieme di problemi che dobbiamo tornare a discutere di organizzazione del lavoro: guardate che le risposte stanno ancora in temi generali che conosciamo bene: l’orario di lavoro e il suo controllo, la professionalità e la ricomposizione del lavoro, il lavoro di gruppo e la responsabilità, l’autonomia e la capacità di relazionarsi. La formazione.

Solo un accenno alla formazione professionale, perché è previsto un intervento specifico da parte del compagno Di Lauro, del sindacato scuola che lavora però con la Fiom nella Commissione paritetica territoriale per l’apprendistato e la formazione. Una sola considerazione per dire che dobbiamo mettere al centro delle nostre richieste il controllo e la definizione dei corsi necessari dentro le aziende per rispondere e rimanere aggiornati rispetto alle esigenze di un lavoro che cambia rapidamente. Ma dobbiamo anche iniziare a rivendicare la possibilità, attraverso corsi ad hoc, utilizzando ad esempio anche parte della riduzione d’orario e dei permessi individuali, di corsi che soddisfino bisogni di cultura generale, vorrei dire personalizzati per i singoli lavoratori. E’ un modo credo intelligente e conveniente di utilizzare anche conquiste come la Rol, invece di farsele pagare, come spesso avviene. Bisogna fare attenzione, perché dobbiamo imporre la formazione continua come un’esigenza vera dei lavoratori. Oggi le aziende rispondono ai loro bisogni con il famoso cambio mix: mobilità per i lavoratori più anziani e senza le qualifiche necessarie, assunzione di giovani che hanno invece quelle caratteristiche di flessibilità mentale, e di conoscenze di base, necessarie per affrontare diversamente il cambiamento costante del lavoro, l’innovazione continua. Con le conseguenze che conosciamo. Gli strumenti contrattuali ci sono, oggi occorre tradurli in richieste aziendali.

L’inquadramento professionale

Sentiamo tutta l’urgenza di un cambiamento ma insieme l’assenza di proposte sindacali all’altezza.

Nella relazione del compagno Gibellini, a Bergamo, veniva descritto l’accordo Dalmine, forse l’unico che conosciamo che ha prodotto dei cambiamenti, perché quello Abb si è arenato nel momento delle decisioni applicative e verrà ripreso, spero, in questa tornata contrattuale. L’urgenza deriva dal fatto che quasi ogni azienda ha definito un proprio inquadramento reale, che si sovrappone a quello contrattuale, che mantiene validità solo ai fini legali. L’inquadramento reale è fatto di criteri di valutazione diversi da quelli delle declaratorie e dei profili contrattuali, la retribuzione si ottiene sommando i minimi nazionali con i bonus, gli aumenti annuali, ecc.

Non siamo più di fronte al classico aumento di merito, teso a discriminare in rapporto al grado di disponibilità verso l’azienda, o all’attaccamento all’organizzazione sindacale. I sistemi premianti attuali coinvolgono tutti i lavoratori, perché sono proprio un altro sistema d’inquadramento professionale.

Le eccezioni, che pure ci sono, di discriminazione confermano la regola proprio perché sono eccezioni. Qualche volta vediamo solo queste, e sbagliamo, perché invece ben altre sono le azioni da analizzare.

Credo che l’ostilità di Federmeccanica a discutere di nuovo inquadramento stia proprio nel fatto che c’è una gestione unilaterale, che noi non riusciamo a modificare. Ci sono però segnali di una insofferenza che inizia a manifestarsi tra certi strati di lavoratori che sentono la contraddizione tra la loro prestazione complessiva e la retribuzione totale che ne hanno in cambio: è il caso di molti lavoratori di 6° e 7° livello, per i quali questa contraddizione è evidente sul fronte degli straordinari, non riconosciuti, e dei bonus sempre meno premianti. Purtroppo nel nostro contratto non siamo stati in grado, per l’ennesima volta, di tutelare degnamente queste figure.

Io credo che la nostra difficoltà a percorrere la strada della modifica dell’inquadramento stia nella consapevolezza che bisogna rivedere radicalmente l’attuale sistema, e questo significa scegliere riferimenti, proposte che in qualche misura sono agli antipodi della nostra storia sindacale degli ultimi decenni.

Io non credo che la risposta stia, ad esempio, nelle aree, ma invece nella definizione di parametri che poi devono essere applicati ai singoli lavoratori o al gruppo di lavoro: infatti criteri come l’autonomia, la responsabilità, la capacità di direzione e di relazione, la polivalenza e polifunzionalità, il ruolo nell’azienda si configurano come criteri generali che però nell’applicazione assumono caratteristiche individuali. Qui il contrasto con l’attuale inquadramento mi pare forte.

Sono ovviamente cosciente delle difficoltà, per cui penso che la strada debba passare attraverso la sperimentazione in qualche azienda, sperimentazione che richiede la scelta politica dell’organizzazione nell’individuazione delle sedi di confronto e delle aziende e poi la capacità di proposta e di pratica contrattuale necessaria.

Conclusioni

Come vedete sono tanti gli spunti di riflessione, mi auguro di essere riuscito a renderli chiari, così come però è altrettanto chiaro, almeno a me, che lo spazio da colmare è enorme.

Ed è tanto più importante intervenire con proposte sui diversi temi perché sappiamo che Federmeccanica pensa al solo rinnovo del P.d.R. puntando per questa via a ridimensionare il significato ed il ruolo della contrattazione aziendale. Sappiamo che in gioco c’è il governo unilaterale nelle aziende. Anche per questo abbiamo bisogno di proposte che siano all’altezza dello scontro che le aziende hanno in mente.

Non so se con questa fase di contrattazione ce la faremo, ma almeno mi pare importante cominciare a provarci.