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Da: La questione degli assorbimenti; Documentazione giuridica

CORTE D'APPELLO DI MILANO SEZIONE LAVORO

SENTENZA

SENT. N, 521

R.G. N.0049/01

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE D'APPELLO DI MILANO

SEZIONE LAVORO

Dott. GIORGIO MANNACIO PRESIDENTE

Dott. ANGELA RUIZ CONSIGLIERE

Dott. PAOLA ACCARDO CONSIGLIERE Rel.

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa nella causa civile in grado di appello iscritta al numero di ruolo sopra riportato, discussa all'udienza del 28/6/01 e promossa con ricorso depositato in cancelleria il 13/01/001

da

FIOM-CGIL di Milano

elettivamente domiciliato in Milano, Largo Richini n. 4, rappresentato e difeso dagli avv.

Cosimo Francioso, prof. Franco Scarpelli e Giovanni Sozzi

CONTRO

I.B.M. ITALIA S.p.A.

elettivamente domiciliato in Milano, via Podgora 1, presso lo studio dell'avv. Romolo Stanchi e Vincenzo Stanchi

appellata

OGGETTO

comportamento antisindacale

I Procuratori delle parti, come sopra costituiti, cosi' precisavano le

CONCLUSIONI

CONCLUSIONI PER L'APPELLANTE

Voglia la corte d'appello di Milano, ogni contraria istanza disattesa e respinta, in riforma della sentenza del Tribunale di Milano, in funzione di Giudice Unico del Lavoro, del 25/1-10/2/2000, n. 363 cosi' giudicare

NEL MERITO

CONCLUSIONI PER L'APPELLATA

Voglia la Corte d'Appello di Milano, in funzione di Giudice del lavoro, respingere l'appello promosso dalla FIOM-CGIL di Milano, confermando la sentenza impugnata e assolvendo la IBM Italia da ogni domanda.

Con il favore delle spese.

Si allega l'atto di appello notificato e il fascicolo degli atti e documenti di primo grado.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto 30.6.99, il giudice adito, nel contraddittorio delle parti, respingeva il ricorso.

La FIOM-CGIL proponeva oposizione.

Con sentenza n. 363 del 10 febbraio 2000, il Giudice Unico del Tribunale di Milano rigettava il ricorso della FIOM-CGIL.

Avverso la sentenza ha proposto appello la FIOM-CGIL.

Resiste IBM Italia.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte condivide pienamente la decisione del primo giudice.

L'appellante sostiene che avrebbe errato il Tribunale nel non saper cogliere la valenza profondamente antisindacale nel comportamento di concessione da parte di IBM di consistenti aumenti salariali ai dipendenti nel contempo dichiarando pero' gli aumenti stessi assorbibili in quelli che sarebbero stati stabiliti dalla futura contrattazione collettiva.

In questo modo, infatti, si verrebbe a svilire il ruolo della contrattazione collettiva, pregiudicando la capacita' di mobilitazione futura del sindacato data l'indotta assenza d'interesse nei dipendenti che gia' hanno ottenuto per comportamento unilaterale della datrice di lavoro aumenti che saranno assorbibili in altri futuri che potra' ottenere il Sindacato.

La valenza antisindacale risulterebbe anche dalla novita' del comportamento dato che in passato IBM non avrebbe mai provveduto ad effettuare assorbimenti tenendo distinte le due fonti di determinazione del trattamento, quella collettiva derivante dalla contrattazione nazionale ed aziendale e quella unilaterale derivante dalle scelte incentivanti dell'azienda.

Osserva la corte che in effetti, dato che la concessione di aumenti riguardava un certo numero di dipendenti della sede di Segrate e di Milano, e' senza dubbio escluso che cio' possa avere una qualche influenza in relazione alla contrattazione nazionale.

In relazione alla contrattazione aziendale non si vede poi come la concessione spontanea per alcuni dipendenti di aumenti e cioe' di quella che costituisce una (ma non certa la sola) delle rivendicazioni rimesse all'attivita' sindacale, possa essere considerato di per se' attivita' antisindacale in assenza di ben precisi elementi che possano qualificare questa concessione spontanea come atto volto a contrastare o limitare l'esercizio dell'attivita' e del ruolo del sindacato (ad esempio un carattere discriminatorio nella concessione di aumenti in relazione alla non appartenenza del dipendente all'organizzazione sindacale od al non esercizio di attivita' sindacale o non partecipazione ad iniziative promosse dal sindacato e simili).

Al di fuori di cio', il solo fatto di concedere aumenti individuali a molti dipendenti, richiamando espressamente la loro assorbibilita' in quelli collettivi futuri, non concreta neppure da un punto di vista meramente oggettivo un comportamento antisindacale.

Resta soltanto, come ha sottolineato il primo giudice, il rifiuto opposto da IBM in data 16.9.96 di trasmettere alle R.S.U. i dati relativi ai beneficiari degli aumenti. Si tratta pero' di un comportamento non collaborativo che non puo' di per se' solo essere qualificato come diretto ad impedire o limitare l'esercizio della liberta' e della attivita' sindacale nonche' del diritto di sciopero.

L'appello deve cosi' essere respinto.

A carico dell'appellante sono le spese di questo secondo grado del giudizio, liquidate in complessive Lit. 3.000.000.

P.Q.M.

La Corte conferma la sentenza appellata.

Condanna l'appellante a pagare le spese d'appello liquidate il Lit. 3.000.000.

Milano 26 giugno 2001