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Da: Occupazione, forza lavoro, scorpori, trasferimenti; Politica aziendale e risultati economici; Governo e Parlamento italiani, istituzioni locali; Sede di Vimercate; Sedi di Milano e Segrate

LA PRESENZA DI IBM IN ITALIA

Il recente annuncio del trasferimento di circa 400 dipendenti IBM dalla sede di Vimercate a quelle di Segrate e Cesano Boscone sta ovviamente creando tensione e preoccupazione tra i colleghi interessati da questo trasferimento.

Sarebbe però sbagliato collocare questa decisione aziendale al di fuori di una tendenza che, da anni, è per noi fonte di grande preoccupazione: il progressivo peggioramento della qualità della presenza di IBM nel nostro Paese.

Ciò è conseguenza di un cambiamento di strategia della Corporation che proviamo, molto brevemente, a descrivere. Si è passati da una struttura multinazionale che prevedeva tre grandi aree "continentali" autosufficienti dal punto di vista produttivo (America, Europa-Africa-Medio Oriente, Asia-Pacifico), all'interno delle quali le Nazioni più grandi (come l'Italia) ospitavano segmenti rilevanti del ciclo produttivo complessivo, all'attuale organizzazione, definita globale, caratterizzata da un ciclo produttivo in linea di principio unico per l'intero pianeta, che connette le esigenze con le risorse ovunque siano le une e le altre.

Questa nuova organizzazione planetaria è divenuta possibile e conveniente non solo grazie allo straordinario sviluppo delle grandi reti di telecomunicazioni digitali (su cui si appoggia anche Internet), ma anche in conseguenza della diffusione del modello di business di tipo anglosassone (terminologia, legislazioni nazionali, formazione della forza-lavoro e della cultura manageriale ...), dell'apertura dei mercati, della diffusione di standard industriali internazionali, della fine della divisione del mondo in blocchi contrapposti e potenzialmente in guerra. (E, di contro, la dipendenza da queste condizioni al contorno è uno degli elementi di debolezza di questa nuova organizzazione).

In questa trasformazione, come già detto, l'Italia ha pagato un prezzo salato per quanto riguarda qualità, quantità e distribuzione della presenza di IBM. Qualche esempio:

  1. Dal 1992 al 2005 sono state chiuse 15 tra filiali e uffici su tutto il territorio nazionale;
  2. Sono stati chiusi i 2 centri di istruzione e formazione di Rivoltella del Garda e Novedrate;
  3. Sono stati chiusi i 3 centri scientifici di Bari, Venezia e Pisa;
  4. Nel dicembre 2005 è stata abbandonata la sede storica di Via Tolmezzo a Milano;
  5. Il fatturato esportazione è passato dai due miliardi di euro del 1995 ai poco più di cento milioni negli ultimi anni;
  6. La quota di IBM nel mercato italiano dell'Information Technology è passata dal 20% del 1993 al 10% del 2007;

I dati sopra citati per quanto riguarda le chiusure, dimostrano come la presenza di IBM in Italia si sia mossa in senso opposto a quanto ci si sarebbe potuto aspettare dalla diffusione capillare dell'informatica e dell'accesso alle reti, Internet per tutte. Le attività di relazione con i clienti, che si svolgevano grazie ad una diffusa presenza nel territorio, sono state in parte concentrate sulle poche filiali sopravvissute e in parte affidate a Business Partner (in particolare, tutto il segmento dei clienti medio-piccoli), creando così un ulteriore diaframma fra le scelte aziendali e le esigenze di una parte considerevole delle piccole e medie aziende italiane, in particolare quelle del Nord-Est e del Centro Italia. Ancora più preoccupante è la situazione nel Sud, dove sono state perse numerose occasioni di sviluppo di attività come ben descritto in un recente documento del Coordinamento Nazionale delle RSU (http://www.rsuibm.org/2008410.htm).

Un'attenzione particolare va dedicata alla produzione, ovvero al "plant" costituito dai due stabilimenti di Vimercate e Santa Palomba. (Chi fosse interessato a maggiori dettagli può consultare: http://www.rsuibm.org/spavim.htm). IBM smette di investire in impianti e macchinari: si assiste ad un primo crollo di questi investimenti fra il 1992 e il 1995, ad una leggera ripresa nei 3 anni successivi, per poi constatare il definitivo crollo e l'epilogo della vendita degli stabilimenti a Celestica nel 2000. La vendita è presentata come condizione per fare uscire dalla crisi gli stabilimenti e per garantire loro maggiori spazi di mercato e profittabilità. La razionalità di questa scelta e la credibilità di chi l'ha sostenuta a spada tratta (il management di IBM e Celestica) è testimoniata da fatti: già nel 2005 chiude lo stabilimento di Santa Palomba, seguito a ruota, tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007, da quello di Vimercate.

L'area sulla quale sorgeva lo stabilimento di Vimercate viene divisa tra IBM (che occupa 3 edifici) e 3 società (BAMES, SEM e BORGHI) che raggruppano i cocci di quello che era il vecchio stabilimento sotto l'egida di una nuova attività industriale che entra presto in una pesante crisi. Nel giugno di quest'anno viene istituito il Distretto Hi-Tech Brianza Est con la missione di promuovere un progetto, per lo sviluppo e la reindustrializzazione ad alta tecnologia riguardante il territorio del Vimercatese. A questo distretto aderiscono imprese, comuni, regione Lombardia, provincia di Milano e Confindustria, ma IBM decide di non aderire e, anzi, avvia un trasferimento collettivo di oltre 400 lavoratori da Vimercate verso Segrate e Cesano Boscone.

Tutto quadra perfettamente: in coerenza con la sua politica di disimpegno, IBM rifugge da qualsiasi iniziativa che ne qualifichi la presenza e che costituisca un contributo allo sviluppo economico del nostro Paese e, in particolare, di importanti aree industriali.

In base a tutto quanto siamo andati fin qui argomentando, dovrebbe risultare chiaro che i trasferimenti collettivi da Vimercate s'inquadrano in un contesto storico di progressivo disimpegno industriale di IBM in Italia: dopo aver sensibilmente ridotto la sua presenza sul territorio, perdendo progressivamente opportunità di business, ha dismesso ogni attività manifatturiera ed evita di farsi coinvolgere in qualsiasi progetto industriale seppure importate come quello nato nell'area del vimercatese.

Quello che capita oggi a Vimercate è già capitato a tanti lavoratori di Santa Palomba e delle tante filiali chiuse su tutto il territorio italiano ed è legittimo chiedersi: quanto durerà ancora la presenza di IBM a Vimercate e quanto ancora potranno stare tranquilli i lavoratori delle grandi sedi di Segrate e Roma?

Per tutti questi motivi il Sindacato:

  1. si oppone al trasferimento collettivo da Vimercate e invita tutti i lavoratori ad aderire alle iniziative di solidarietà e di pressione che saranno avviate per costringere IBM ad assumersi le sue responsabilità rispetto alla politica industriale che sta continuando a perseguire;
  2. ricorda a tutti i lavoratori che è ancora aperta una vertenza aziendale che si occupa anche della presenza di IBM sul territorio (http://www.rsuibm.org/2006o12.htm) e li invita a seguire con attenzione lo sviluppo di tutta questa vicenda sulle bacheche e in internet;
  3. inviterà le Istituzioni, a tutti i livelli, a far sì che IBM sia chiamata a rispondere dei suoi comportamenti in tutte le situazioni di crisi che anch'essa ha contribuito a determinare.

Le Rappresentanze Sindacali si stanno occupando anche delle conseguenze sui lavoratori derivanti dal trasferimento collettivo da Vimercate, ma, innanzitutto, pongono con forza l'accento sul fatto che, oggi, il nocciolo duro della questione è rappresentato dalla presenza di IBM nel Vimercatese e dal tipo di contributo che essa, insieme a tutte le altre componenti sociali e imprenditoriali, deve dare per evitare la distruzione di un sistema industriale a suo tempo chiamato la "Silicon Valley della Brianza".

29 Settembre 2008

Rappresentanze Sindacali Unitarie IBM Italia S.p.A.

Segrate e Vimercate