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LO DICE IL PRETORE "LA IBM FA IL CONTROLLO A DISTANZA DEI LAVORATORI"


Da: Controllo a distanza e riservatezza

Vedere anche : Documentazione giuridica


Riteniamo utile analizzare le motivazioni della sentenza del Pretore nel processo promosso da F.L.M. e C.diF. contro la IBM per il reato di cui all'art.4 - Statuto dei Lavoratori (controllo a distanza).

E' utile fare ciò per verificare, anche attraverso le argomentazioni del Pretore, la legittimità della iniziativa del Sindacato su questa questione e la necessità di proseguire, con tutti gli strumenti possibili, ad operare per impedire che l'utilizzo di determinate apparecchiature porti a mettere in pericolo la libertà e la dignità di ogni lavoratore.

A questo scopo utilizzeremo i passi più significativi della motivazione della sentenza.

Esaminati gli atti del processo il Pretore sostiene quanto segue:

Se si pone mente al fatto che esistono dei tabulati che riportano dei codici individuali, è legittimo il dubbio circa il fatto che la valutazione delle prestazioni si risolve di fatto in una valutazione delle prestazioni umane." (pag.47)

"… non si comprende la ragione per la quale, ad esempio, accanto al numero dei lavori sottomessi ci sia il numero dei lavori andati a buon fine; il carico delle macchine infatti, è un dato indipendente dalla riuscita o meno del lavoro." (pag.52)

"… non ci si riesce a spiegare perché, tra i vari modi di aggregazione possibile, i dati vengono evidenziati in relazione a dei codici user che, come si è detto, sono immediatamente rapportabili al singolo lavoratore." (paq.52 e 53)

Il Pretore poi, a seguito delle dichiarazioni rese da alcuni. testi, osserva quanto segue: "ne consegue (…) che (…) l'identificazione degli accessi autorizzati non accede al problema di proteggere le zone riservate (N.d.R.: dati riservati), perché il controllo è a priori e cioè, sulla mansione." (pag. 58)

"… considerato che una delle finalità del programma S.L.R. è la valutazione delle prestazioni, il dubbio circa lo scopo di controllo non verrà mai meno fino a quando non sarà interrotto il nesso codice utente e persona fisica." (pag. 58)

"Ciò che non si comprende, però, è perché, se il livello di selezione passa attraverso un dato aprioristico e, quindi, la difesa dalle intrusioni è un fatto endogeno al sistema (N.d.R.: mansioni), l'autorizzazione non possa avvenire per il tramite di codici collettivi che aggregano identiche o analoghe mansioni." (pag. 58)

Da quanto sopra crediamo si possa trarre la conclusione che escono largamente confortate le argomentazioni del sindacato il quale continua a sostenere quanto segue:

  1. Le procedure poste in atto dalla IBM realizzano il controllo a distanza dei lavoratori.
  2. La protezione dei dati può essere realizzata con altre metodologie quali i codici di gruppo e, in questo caso quindi, non può che essere considerata falsa e strumentale la motivazione della azienda relativa alla necessità dei codici individuali.
  3. Il controllo a distanza è quindi la vera finalità dell'operato aziendale e, come tale, va respinto ed impedito.

Occorre ora spostare l'attenzione sulle questioni relative all'accordo 23/2/82 tra Coord.to Naz.le C.diF. e Dir.ne IBM.

Con tale accordo sì convenì circa l'utilizzo dei codici di gruppo e, solo in casi eccezionali, di codici che identificano il lavoratore.

Per questi ultimi, si rimandò ad altri incontri allo scopo di aprire una contrattazione che ne consentisse la definizione.

Come è noto, la IBM interpretò arbitrariamente tale clausola riducendola a semplice comunicazione al Sindacato delle sue decisioni in proposito.

Vediamo ora cosa ne dice il Pretore:

"Il Giudice (…) non può esimersi dal ritenere la pretesa dell'azienda di individuare in modo unilaterale le zone riservate (N.d.R.: dati riservati) smodata (…). Infatti non si comprende per quale ragione mai dovrebbe essere connesso alla tutela sostanziale di dati riservati, il potere unilaterale di definire le aree riservate (N.d.R.: dati riservati)." (pag. 72)

"Il metodo proposto dalla IBM infatti, presenta il rischio che il principio generale affermato al punto 1 della convenzione 23/2/82 (uso di codici di gruppo) si svuoti di significato e divenga un mero postulato di principio senza sostanza, se con l'eccezione (punto 2 - uso di codici individuali), ove espandibile a discrezione della Dirigenza, si individuino tante zone di riserva da rendere significativo il lavoro effettuato con codici individuali." (pag. 72)

"Nel caso di specie, vi è solo una inadempienza della convenzione 23/2/82." (pag. 73) "Orbene se si coniuga tale visione delle relazioni industriali con quanto sostenuto dagli imputati Riverso e Tripiciano, secondo i quali l'obiettivo dell'accordo era la pace aziendale, si avrebbe la prova indiscutibile della malafede intorno alla quale si è andati argomentando (…)" (pag. 82)

Tutto ciò dimostra che la IBM non ha mai voluto negoziare con il sindacato circa l'utilizzo di procedure finalizzate alla protezione dei dati, perché voleva realizzare il controllo a distanza dei lavoratori.

E tale volontà negativa traspare ancor di più nel momento in cui si rende inadempiente ad un accordo liberamente sottoscritto.

Veniamo ora alle conclusioni che il Pretore trae da tutto quanto sin qui. argomentato:

"… ha rilevanza, trattandosi dì una contravvenzione a struttura dolosa, la consapevolezza (N.d.R.: della Dirigenza IBM) della antisocialità del comportamento, con la conseguente assoluzione per insufficienza di prove circa l'elemento psicologico del reato (…)" (pag. 82)

Con ciò il Pretore sostiene che i dirigenti IBM non avevano la piena coscienza di ciò che facevano.

Ci permettiamo di dire che questa tesi, proprio perché conosciamo fin troppo bene la Dirigenza IBM, non ci convince e comunque, proprio perché lo ha detto il Pretore, per lo meno da oggi la coscienza ce l'hanno.

In conseguenza di questa ultima nostra osservazione, unitamente alla F.L.M., abbiamo incaricato i legali di comunicare alla Direzione IBM che, se non vengono immediatamente abolite le procedure che realizzano il controllo a distanza e se non viene applicato l'accordo 23/2/82, procederemo legalmente contro la IBM.

Ci preme informare i lavoratori che la Procura della Repubblica, nella persona del dott. G. Viola, ha proposto appello contro la sentenza richiedendo la condanna della IBM.

Quanto sopra è importante, perché la Procura, che rappresenta la pubblica accusa, dimostra così di avere una opinione opposta a quella che il Pubblico Ministero aveva espresso in udienza.

Milano, 14 dicembre 1984

CONSIGLIO DI FABBRICA IBM