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[PRIMA PARTE]
[Commento di Giovanni Talpone - 6/1992]
Politica aziendale e risultati economici

UN POCO DI STORIA DI IBM
[SECONDA PARTE]

[5/1992]

BIG BLUE IN EUROPA
In Europa Big Blue non poteva, sic et simpliciter, imporre il suo SNA; era, ed e', costretta a mediare con i Governi, con le aziende nazionali e con la stessa CEE.
Uno dei fatti piu' significativi, la grande mossa della nostra sul vecchio continente, fu l'OSI: quell'Open System Interconnect, ovvero standard universale per il collegamento tra computer di marca diversa sviluppato a Ginevra presso l'International Standard Organisation.
IBM partecipo' ai lavori e costitui', presso il suo laboratorio di telecomunicazioni a La Gaude, un poderoso gruppo di ricercatori, mentre,su un altro versante, sviluppava una insistente politica di marketing nei confronti delle pubbliche amministrazioni finalizzata, ovviamente, anche ad un accrescimento del suo potere contrattuale nei loro confronti.
Anche in Europa la Corporation ha pagato caro il suo ritardo sui piccoli e medi elaboratori (il suo ritardo tecnico e culturale sui personal computer) e, per quanto riguarda la risoluzione di questo problema, punto', oltre che sul software per telecomunicazioni, su una insospettata apertura finalizzata ad acquisire una immagine europea.
In particolare, su quest'ultimo aspetto, molto in sintesi,si puo' aggiungere che,proprio l'apertura del suo gioiello SNA al l'OSI, le permise di chiudere un lungo contenzioso anti-trust (un'altra volta) con la CEE.
Puo' sembrare improprio dire che cio' poteva risolvere il ritardo a cui ho accennato ed in parte improprio lo e': ma si puo' ben capire che la tattica del "buon cittadino",unita alla forza sui grandi mainframe e sulle reti, consenti' ad IBM di acquisire clienti altrimentidifficilmente avvicinabili.

BIG BLUE IN ITALIA
IBM inizia la sua attivita' in Italia nel 1927 rilevando una azienda ( la Hollerith ) che produce orologi marca tempo e comunque opera nel settore della meccanica fine; continua questa attivita' e, dopo la guerra che aveva determinato un black out,ricomincia con le tabulatrici ed i primi elaboratori elettronici.
Si puo' dire, almeno per quello che qui interessa, che essa arrivi in Italia al seguito dell'esercito americano, che piazza molti militari (ex) in posizione di controllo dell'esecuzione e dell'efficacia del "comando" esercitato da un gruppo dirigente strettamente controllato dalla 'domestic' e che si trova ad operare in una terra di frontiera, piu' di un terzo mondo informatico,dove ha praticamente il monopolio del mercato.
Diverse sono le analogie con la Corporation di Watson Senior, o meglio, la sua storia, i suoi successi, il suo paradigma organizzativo, sono la fotocopia di cio' che in USA era gia' stato prodotto e sperimentato.
Questa era IBM allo sbarco nella penisola: una azienda che poteva, lei stessa, determinare il mercato, l'avanzamento tecnologico dei prodotti, le conoscenze e la domanda di EDP in termini piu' generali.
Per lungo tempo questo situazione ha continuato ad essere una costante: IBM era "l'isola felice" in una situazione industriale che, subito dopo il cosiddetto 'boom, e' tornata ad essere caratterizzata da crisi occupazionali ed economiche sempre piu' incisive.
Con i suoi mainframe la fa da padrona in una terra di nessuno dove Olivetti produce e commercializza macchine per scrivere e dove le altre concorrenti internazionali si prendono le briciole del mercato dell'informatica.
In questa situazione, gli "uomini in blue" vendono e fanno affari, l'occupazione si espande, i superminimi e le tecniche di gestione individuale del personale garantiscono alla compagnia di tenere il Sindacato, cosi' forte e radicato nel nostro Paese, in un angolino e ben guardato.
Sostanzialmente IBM, in Italia, commercializza i suoi prodotti: manca il ciclo di produzione completo, manca il laboratorio di sviluppo software, manca, insomma, il know how; lo stabilimento di Vimercate ha un puro compito di assemblaggio di parti e sotto-assiemi e non certo una missione produttiva vera e propria capace, anche per quanto riguarda la bilancia nazionale dei pagamenti, di dare un decisivo contributo positivo.
Le vicende di questa IBM, le battaglie per il ciclo di produzione completo e per i centri scientifici sono fin troppo note a chi legge, fanno parte di una memoria storica che nessuno di noi puo' aver dimenticato; cosi' come nessuno di noi puo' non sapere che lo stabilimento di S.Palomba e' figlio anche di queste battaglie sindacali per una presenza produttiva qualificata in Italia.
Questo lavoro sulle nostre conquiste sara' ben ricordato e rappresentato dalla prossima ristampa del volume "30 anni di contrattazione in IBM".
Vorrei qui risottolineare il ripetersi, stranamente e paradossalmente quasi il duplicarsi,della situazione americana - fatte ovviamente le debite proporzioni - sia per quanto riguarda gli aspetti di espansione, sia, piu' segnatamente, per quanto concerne gli elementi di difficolta'.
Ma certo, una solamente strategica e tattica governa questa multinazionale da sempre: mai pero', come nel caso italiano, si rintraccia tanto sovente il ripetersi di scelte economiche, politiche e di mercato.
Anche in Italia abbiamo vissuto una struttura rigidamente divisionale - prima per linea di prodotto e poi per filiere di clienti - con tempi quasi contemporanei alla decisione operativa presa in USA; anche in Italia si rischia lo "split" a seguito della pericolosa vicenda anti trust americana; In Italia viene portato all'esasperazione tutto cio' che serve per apparire come un 'buon cittadino'; infine anche in Italia, l'attacco dei piccoli e medi computer, dei personal, di Olivetti con la sua capacita' di riconversione, mettono in crisi prima il monopolio e poi la stessa preminenza di IBM sul mercato dell'informatica.
L'arroganza, nel caso nostro stracciona esattamente come il nostro capitalismo, del management e delle forze di vendita reca i danni maggiori e non consente di capire, fino alla gestione Riverso, che le cose stanno cambiando.
Ed oggi siamo piombati, qualcuno dice che stiamo per piombare, in una crisi pericolosissima per il futuro dell'azienda e dei lavoratori.
L'unico elemento della Domestic che IBM Italia non ha conosciuto, e solo ora sta pesantemente utilizzando, e' il fenomeno gia' descritto delle Indipendent Business Unit (IBU); oggi questo fenomeno, che arriva dopo svariate joint ventures piccole e grandi, ha tutte le caratteristiche di una strada senza ritorno proprio perche', nell'accezione italiana, cio' serve a liberarsi dei "rami secchi", di quel che si ritiene ad alta densita' di bassa produttivita' o, per converso, non "core business".
Si tratta, cioe', non di un utilizzo espansivo, costruttivo, utile per la maggiore flessibilita' e quindi per il contributo di penetrazione di mercato che ne puo' derivare; nel nostro caso la IBU ha una finalita' squisitamente negativa ovvero,e' uno strumento per ridurre i costi.
Chi contesta questa tesi, dovrebbe spiegare di quanto puo' migliorare la capacita' commerciale di IBM con l'espulsione del settore che si occupava di gestione e manutenzione degli immobili; lo stesso quesito si puo' porre per quanto concerne il Distribution e la sorte che ad esso tocchera' fra breve; infine, se si osserva la vicenda Lexmark, anche in questo caso la connotazione non puo' che risultare squisitamente recessiva.
Quello su cui intendo, solo per ora sottolineare, e' la constatazione, a cui onestamente non ci si puo' sottrarre, di misure congiunturali per affrontare una crisi sicuramente strutturale.
Facendo una leggera digressione,osserviamo una IBM Italia che diventa SEMEA a seguito di una ristrutturazione (o destrutturazione?) internazionale che puo' certo essere spiegata con molti argomenti, ma, dal mio punto di vista, con i seguenti che ritengo quasi fondamentali:
  1. una situazione degli affari in Europa decisamente migliore di quella USA ed un conseguente incremento del peso specifico del 'top management' EMEA rispetto a quello americano; la spaccatura di questa struttura, o se si preferisce il suo ridimensionamento, permette di controllare meglio, soprattutto dal punto di vista finanziario,le consociate del vecchio continente da parte di Armonk;
  2. il previsto ed ampiamente realizzato stravolgimento politico e statuale all'Est e la potenziale apertura di nuovi mercati;
  3. la volonta' di costruire in Italia, su un gruppo dirigente piu' disponibile nei confronti dei dictat USA, il centro di un controllo su un'area che comprende anche parecchi paesi africani e del medio oriente; si faccia attenzione, in quest'ultimo caso, al forte carattere di instabilita' di quest'area e all'accresciuta capacita' di controllo USA dopo le ultime vicende in URSS.
... e via cosi' ... si potrebbe continuare ad esercitarsi e sarebbe forse opportuno oltre che utile.
Oggi ritengo che ci siano motivi di urgenza rispetto ad una situazione che, come ho gia' accennato, ha visto la nascita di IBU nelle quali i lavoratori sono stati "invitati" a trasferirsi" e della prima IBU dove, invece, i lavoratori sono stati conferiti in modo coattivo.
Occorrera', anche qui, meglio analizzare i motivi che hanno determinato in Italia il passaggio da una fase di forte espansione commerciale ed occupazionale,al suo esatto contrario addirittura, ad una fase di recessione.
Ho gia' detto che cio' dipende abbondantemente dalla crisi in USA che, nota caratteristica e caratteriale dell'imperialismo (oibo' ‚‚ uno scheletro nell'armadio),le "colonie" -noi ed altri- devono per prime pagare.
In verita', per quanto riguarda la riduzione dei costi e del costo maggiore, IL COSTO DEL LAVORO, cio' e' dimostrato da poche cifre relative all'occupazione mondiale: Va precisato che il calo occupazionale, se disaggregassimo le cifre sopra esposte, e' molto piu' pesante in USA piuttosto che nel resto del mondo ed in particolare in Europa. Gli argomenti a sostegno di questa politica occupazionale sono forniti, da Big Blue, utilizzando la crisi del mercato mondiale dell'informatica, il basso trend di crescita del settore e la maggiore competitivita' della concorrenza soprattutto giapponese.
Apparentemente, gli strumenti nostrani per ridurre il personale sono principalmente due:
  1. dimissioni incentivate (nel 1991 cio' ha prodotto l'uscita di circa 700 lavoratori e, nel '92, se ne prevedonoulteriori 600);
  2. scorpori, o meglio, conferimenti di ramo d'azienda.
... ma c'e' un terzo modo che, molto in sintesi, e' il peggioramento drastico delle condizioni professionali e di vita di molti lavoratori.
Il popolo IBM - coltivato,educato, ammaestrato, cresciuto nel culto dell'immutabilita' e della superiorita' quasi sovrannaturale di questa azienda - sembra quasi inebetito di fronte all'evolversi della situazione.
L'impresa rete (Sol.Co.), eppure, non e' nient'altro che la testimonianza concreta, insieme alle esternalizzazioni, di una trasformazione profonda di IBM sia dal punto di vista funzionale/commerciale/produttivo sia, per certi versi di conseguenza, dell'immagine che offre di se'.
Cio' che non si riesce a far capire al popolo aziendale e' che si e' rotto un delicato equilibrio infrastrutturale secondo il quale, almeno apparentemente, vi era identita', quasi unicita', fra gli interessi di due soggetti in tutti gli altri casi storicamente in conflitto fra di loro: quelli del datore di lavoro (il padrone !!!) e quelli del prestatore d'opera.
E' indubbio che IBM, nel momento in cui attraversa una crisi epocale, cerchi soluzioni che le permettano di difendere quella rendita storica oggi cosi' a fondo insidiata;il "trait d'union", il filo rosso si potrebbe dire se parlassimo d'altro, che la lega al passato, e' pur sempre la difesa del profitto e dell'accumulazione.
Ma certo che, nella situazione socio-economica data, questo puo' coincidere con gli interessi dei lavoratori e, pero', e' altrettanto vero l'esatto contrario.
Per finire con quelle che possono da molti essere definite ovvieta' vetero marxiste, e' proprio nell'acutizzarsi della contraddizione fra capitale e lavoro, nell'identificare in questa almeno una fra le contraddizioni principali, il nocciolo duro su cui si giocano strategia e tattica anche del Sindacato.
Il documento del gruppo "EVOLUZIONE DEL MERCATO E SVILUPPO DELLA PROFESSIONALITA'" offre, da questo punto di vista, notevoli ed interessanti spunti di riflessione: rimando percio' alla lettura dello stesso per un approfondimento dell'analisi della situazione.
La riduzione dei costi sembra essere (e') diventato lo slogan di IBM in tutta questa fase; la prima piu' banale obiezione potrebbe essere: ma prima allora questo non era un problema e, quindi, o l'azienda spendeva oculatamente, oppure gli sprechi sono stati uno dei fattori costitutivi della crisi attuale.
Mi pare di poter dire che l'atteggiamento di alcuni,anche fra di noi, che sostengono la necessita' di un ritorno al passato e' profondamente sbagliato: intanto perche' la storia non si ripete mai esattamente, poi perche' la crisi di IBM e' strutturale ed infine perche' nel passato si rintracciano tutti i prodromi della situazione all'ordine del giorno.
Certamente una concezione delle relazioni sindacali che consentisse al Sindacato di poter partecipare, non alle decisioni, ma alla fase di costruzione delle stesse in termini critici e, perche' no, anche propositivi,permetterebbe di individuare con chiarezza le problematiche e di porre in cantiere iniziative davvero efficaci.
Non mi riferisco certamente qui a pratiche "codeterminative" quali quelle che hanno portato, ad esempio, all'accordo Zanussi, bensi' a procedure che non releghino l'intervento del Sindacato ad un ruolo di rincorsa di situazioni impazzite.
E' ovvio che,se il sistema delle relazioni sindacali fosse cosi', il profitto non potrebbe essere l'unico ed incontrastato criterio per la valutazione della situazione.
IBM non e', tuttavia, esente da uno dei peggiori difetti delle aziende americane ad azionariato diffuso (public company) e cioe' quello di privilegiare la redditivita' finanziaria a breve e brevissimo termine e, questo, le impedisce di pensare in termini strategici: di adottare cio', insomma, soluzioni organizzative e commerciali in grado di dare risultati nel medio e lungo periodo.
Oggi, comunque, ci troviamo a fare i conti con una degenerazione del sistema ad imprese rete, ovvero con un IBM che tenta di adottare, rovesciandolo, uno dei fenomeni piu' interessanti, dal punto di vista economico, di questi ultimi anni.
Infatti l'impresa rete nasce dal basso, da piccole aziende che, quasi in una forma consortile, collaborano, trovano strumenti comuni di supporto al marketing, agiscono sfruttando sinergie proprie e offerte dal mercato, razionalizzano i costi e producono un sistema decisionale decentrato seppure controllato finanziariamente.
IBM invece decentra con la "segreta speranza" di disfarsi di attivita' che non considera piu' redditizie neanche dal punto di vista dell'immagine (e' il caso della Direzione gestione e manutenzione immobili) oppure dal punto di vista funzionale (e' il caso del prossimo scorporo del Distribution); attribuisce piu' che potere decisionale alle unita' decentrate, obiettivi di redditivita' sulla base dei quali puo' sostenere,data la ragione sociale diversa dal marchio, chiusure e licenziamenti senza danni per il buon nome della casa; agisce, sulla base del comando americano, affinche' i propri dipendenti perdano professionalita' (si standardizzino) in modo da poterne fare una gestione piu' flessibile.
In ultima analisi si puo' dire di essere in presenza di una trasformazione dell'azienda in HOLDING: forte controllo finanziario centralizzato su una serie di societa' che vengono costituite, chiuse, manovrate nel piu' completo disprezzo verso i lavoratori.
Un domanda certamente "importante",se quanto argomentato e' vero e' la seguente: che ruolo e che fine faranno gli stabilimenti in questa holding?

ALCUNE PRIME CONCLUSIONI
Trarre delle conclusioni sarebbe, oltre che azzardato, estremente fuori luogo;cio' che mi sono proposto con questo scritto e' di aprire un dibattito vero avendo chiari i problemi e le contraddizioni.
Almeno, pero', e' opportuno definire un atteggiamento trasparente nei confronti di quello che e' il fenomeno contingente: la cessione o conferimento di ramo d'azienda.
La vicenda ASTRIM mi ha insegnato quanto una delle nostre armi piu' efficaci per contrastare IBM, ossia la magistratura, sia in questo caso sostanzialmente inefficace.
Essa puo' essere giocata in termini di tattici, allo scopo di conseguire un altro obiettivo relativo alle garanzie occupazionali.
Non possiamo dimenticare l'ambiente culturale, politico e sociale interno ed internazionale nel quale Big Blue e' andata maturando le sue scelte.
Si puo' certamente dire che, per quanto riguarda il movimento sindacale,esso riesce al massimo ad effettuare scelte di difesa, quando va bene, delle attuali condizioni di vita e di lavoro di grandi masse nel nostro paese.
Non vi sono spinte propulsive, la Sinistra e' entrata in una crisi profonda (di cui sarebbe opportuno parlare) e,anche dal punto di vista legislativo, "temibili riforme" bussano alla porta.
Me la cavo cosi' per descrivere lo scenario, non perche' voglia assumere un atteggiamento possibile, bensi' perche' ritengo che una discussione su queste "quistioni" necessiti di ben altro spazio e di ben altri tempi.
Il sindacalista, noi tutti, dobbiamo trovare soluzioni adesso senza rinunciare a questa discussione.
Ritengo sbagliato un atteggiamento di rifiuto totale nei confronti degli scorpori e non perche' esso non abbia una dignita' o degli argomenti validi a supporto; il problema e' che esso non risolve nemmeno in prospettiva il problema dei lavoratori interessati e, oltretutto, lascia libero campo all'impresa.
Quel che occorre fare, a mio avviso,e' acquisire garanzie occupazionali certe per i lavoratori scorporati in modo tale da metterli, almeno nel medio periodo, al coperto da soluzioni ben piu' traumatiche e, al tempo stesso, da scoraggiare un uso forsennato,quanto impazzito della cessione di ramo d'azienda.
In questo senso, oltre alla professionalita' dei delegati e ad una ottimizzazione delle risorse umane che eviti perdite di compagni per ragioni spesso legate a situazioni locali, e' necessario sviluppare una forte iniziativa politica e culturale.
Occorre ad esempio: Tutto cio' che sono andato fin qui scrivendo mi auguro che abbia almeno contribuito a chiarire i termini della discussione e che consenta, quindi, di sviluppare un dibattito ordinato.
Credo, pero', che sia necessario a tutti e per tutti capire quanto la mancanza di continuita', l'incapacita' di allargamento della discussione ad un'area piu' ampia degli "addetti ai lavori" ed ogni altra azione che non sia finalizzata al mantenimento almeno dell'attuale organico di delegati, possano pesantemente influenzare gli esiti della battaglia sindacale a cui l'avversario comunque ci costringe.
Superare la tempesta; questo non e' mai stato il nostro atteggiamento cosciente,ma bisogna sapere che le trasformazioni in atto rischiano seriamente di sgretolare una presenza sindacale in IBM.
Se si pensa ai delegati coinvolti negli scorpori e a questo si aggiunge la ormai cronica assenza di rinnovo della rappresentanza sindacale, e' facile capire quanto seri siano i rischi per l'organizzazione sindacale in senso stretto.
Non c'e' bisogno di chiarire come quella appena detta e' una precondizione per una situazione di libero arbitrio per IBM nella gestione delle sue scelte aziendali.
Occorre, infine, avere la capacita' di ragionare, in generale, sulla crisi che investe il settore dell'informatica.
Sia chiaro che le aziende del settore non hanno deficit di bilancio, hanno, bensi', utili che si riducono o, se si preferisce, minori profitti; alla luce di quanto appena detto, in assenza di una capacita' di contrattazione sulle politiche industriali, la situazione non puo' che aggravarsi per tutti.

Alfio Riboni