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Da: Forum; Telelavoro e lavoro mobile

Telelavoro senza regole, ovvero: l'Ottocento prossimo venturo



In IBM, come in altre aziende, e' in corso una vertenza apparentemente un po' settoriale e tecnicistica, ma in realta' molto rivelatrice dello "stato delle cose presenti" per quel che riguarda lo svolgimento delle attivita' lavorative. Gia' da un paio di decenni si sapeva che la tecnologia elettronica avrebbe potuto permettere di disegnare in modo differente la distribuzione spaziale del lavoro impiegatizio: in pratica, che si poteva lavorare con un elaboratore elettronico anche a migliaia di chilometri di distanza, utilizzando un terminale e una linea di collegamento. Anche se all'inizio i costi erano proibitivi, sembrava dovessere giungere il momento in cui ALCUNE MANSIONI MOLTO SPECIFICHE, AD ALTO USO DEL TERMINALE, avrebbero potuto svincolarsi dal perimetro fisico dell'azienda e spostarsi altrove, per esempio presso l'abitazione del dipendente. In qualche caso (specialmente negli USA e nel Nord Europa) cio' e' avvenuto davvero, talvolta alla ricerca di manodopera sindacalmente non tutelata e a basso costo, talaltra per ovviare all'inclemenza del clima o per favorire l'occupazione e l'integrazione sociale di disabili gravi. Tutto cio' e' avvenuto in modo abbastanza marginale, NON COINVOLGENDO L'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO NEL SUO COMPLESSO. Propongo di chiamare questo utilizzo della tecnologia elettronica per spostare nello spazio geografico alcune specifiche attivita' "Telelavoro di prima generazione".

Dalla meta' degli anni '80 in poi e' pero' avvenuta una TRASFORMAZIONE MOLTO PIU' RADICALE nell'organizzazione del lavoro, caratterizzata da:

Tutte queste trasformazioni, rinforzandosi l'un l'altra, hanno portato l'applicabilita' del telelavoro in ambiti enormemente piu' estesi di quelli del telelavoro di prima generazione. Una quantita' gia' molto grande, e sempre crescente, di attivita' lavorative hanno aspetti e momenti che possono divenire "telelavorabili": basti pensare al gia' classico uso che molti artigiani dell'edilizia (elettricisti, idraulici, ristrutturatori ...) fanno gia' del cellulare per gestire appuntamenti e impegni, coordinare attivita', procurarsi strumenti e materiali, chiedere informazioni).
Tutto cio' si traduce nella possibilita' di realizzare fabbriche e uffici parzialmente - e sempre di piu' - "virtuali", in cui i lavoratori si trovano privi di quasi ogni tutela conquistata da piu' di un secolo di lotte sindacali. Queste tutele, infatti, molto spesso hanno valore solo fra due punti delle coordinate spazio-temporali: da quando il lavoratore ENTRA nel luogo produttivo a quando ESCE da esso (pensiamo all'orario di lavoro, al diritto alla bacheca sindacale, alla tutela della salute ...). Ma se sempre di piu' un lavoratore lavora PER una determinata azienda, SENZA PERO' ENTRARVI O USCIRVI DI PERSONA IN MOMENTI DETERMINATI, come tali diritti possono essere ancora rivendicati e normati?
Credo che, messo in questi termini, risulti assai piu' chiaro la posta in gioco nella vertenza aperta in IBM: per l'azienda, l'unico telelavoro da normare e' quello che ho chiamato "di prima generazione" (verrebbe da dire che per IBM l'unico telelavoro buono e' quello morto, visto che NESSUNO dei quasi 9000 dipendenti lavora in tale modalita').
L'altro, quello che possiamo definire "di seconda generazione", per l'azienda NON E' TELELAVORO: essa lo chiama LAVORO MOBILE, e lo considera SUO ESCLUSIVO TERRENO DI INIZIATIVA, dichiarando apertamente nel corso delle trattative che PROPRIO L'ESTRANEITA' DELLE TUTELE SINDACALI DAL "LAVORO MOBILE" E' UNA DELLE RAGIONI CHE LO RENDE TANTO ATTRAENTE PER IL MONDO IMPRENDITORIALE (e cioe' non solo per IBM stessa, ma anche per i suoi clienti, ai quali naturalmente essa vende gli strumenti elettronici per realizzarlo).

Qualche considerazione ancora per concludere questo intervento.

Giovanni Talpone (RSU IBM - Commissione Telelelavoro)

[Comunicazione alla Casa delle Cultura, Milano, 22/6/1998]