Da: Forum;
Telelavoro e lavoro mobile
Telelavoro senza regole, ovvero: l'Ottocento prossimo venturo
In IBM, come in altre aziende, e' in corso una vertenza apparentemente un po'
settoriale e tecnicistica, ma in realta' molto rivelatrice dello "stato delle
cose presenti" per quel che riguarda lo svolgimento delle attivita' lavorative.
Gia' da un paio di decenni si sapeva che la tecnologia elettronica avrebbe
potuto permettere di disegnare in modo differente la distribuzione spaziale
del lavoro impiegatizio: in pratica, che si poteva lavorare con un elaboratore
elettronico anche a migliaia di chilometri di distanza, utilizzando un terminale
e una linea di collegamento. Anche se all'inizio i costi erano
proibitivi, sembrava dovessere giungere il momento in cui ALCUNE MANSIONI
MOLTO SPECIFICHE, AD ALTO USO DEL TERMINALE, avrebbero potuto svincolarsi
dal perimetro fisico dell'azienda e spostarsi altrove, per esempio presso
l'abitazione del dipendente. In qualche caso (specialmente negli USA e nel
Nord Europa) cio' e' avvenuto davvero, talvolta alla ricerca di manodopera
sindacalmente non tutelata e a basso costo, talaltra per ovviare all'inclemenza
del clima o per favorire l'occupazione e l'integrazione sociale di
disabili gravi. Tutto cio' e' avvenuto in modo abbastanza marginale, NON
COINVOLGENDO L'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO NEL SUO COMPLESSO.
Propongo di chiamare questo utilizzo della tecnologia elettronica per spostare
nello spazio geografico alcune specifiche attivita' "Telelavoro di prima
generazione".
Dalla meta' degli anni '80 in poi e' pero' avvenuta una TRASFORMAZIONE MOLTO
PIU' RADICALE nell'organizzazione del lavoro, caratterizzata da:
- aumento del contenuto informativo in TUTTE LE FASI DEL CICLO PRODUTTIVO
DELLE MERCI, dalla ideazione e progettazione fino all'assemblaggio finale,
immagazzinamento, assistenza post-vendita e riciclaggio dei componenti al
termine del ciclo di vita del prodotto;
- spostamento di (quasi) tutta l'informazione dal supporto cartaceo a quello
elettronico (azienda "paperless", senza carta);
- uso sempre piu' spinto delle reti elettroniche nelle relazioni d'affari
(posta elettronica, "home banking" - cioe' lo sportello bancario da casa - ,
commercio elettronico);
- disponibilita' di elaboratori elettronici sempre piu' potenti ed economici
facilmente installabili a casa, o portatili, o addirittura palmari, e di
strumenti per immagazzinare grandi quantita' di informazioni (dischi magnetici,
CD);
- disponibilita' di apparecchi (modem) a basso costo per utilizzare le linee
telefoniche come collegamento fra elaboratori personali e elaboratori centrali
o reti (come internet);
- diffusione di apparecchi telefonici portatili, che svincolano ulteriormente
i collegamenti dalla disponibilita' di una linea fissa.
Tutte queste trasformazioni, rinforzandosi l'un l'altra, hanno portato
l'applicabilita' del telelavoro in ambiti enormemente piu' estesi di quelli
del telelavoro di prima generazione. Una quantita' gia' molto grande, e sempre
crescente, di attivita' lavorative hanno aspetti e momenti che possono divenire
"telelavorabili": basti pensare al gia' classico uso che molti artigiani
dell'edilizia (elettricisti, idraulici, ristrutturatori ...) fanno gia' del
cellulare per gestire appuntamenti e impegni, coordinare attivita', procurarsi
strumenti e materiali, chiedere informazioni).
Tutto cio' si traduce nella possibilita' di realizzare fabbriche e uffici
parzialmente - e sempre di piu' - "virtuali", in cui i lavoratori si trovano
privi di quasi ogni tutela conquistata da piu' di un secolo di lotte sindacali.
Queste tutele, infatti, molto spesso hanno valore solo fra due punti delle
coordinate spazio-temporali: da quando il lavoratore ENTRA nel luogo produttivo
a quando ESCE da esso (pensiamo all'orario di lavoro, al diritto alla bacheca
sindacale, alla tutela della salute ...). Ma se sempre di piu' un lavoratore
lavora PER una determinata azienda, SENZA PERO' ENTRARVI O USCIRVI DI PERSONA
IN MOMENTI DETERMINATI, come tali diritti possono essere ancora rivendicati
e normati?
Credo che, messo in questi termini, risulti assai piu' chiaro la posta in
gioco nella vertenza aperta in IBM: per l'azienda, l'unico telelavoro da
normare e' quello che ho chiamato "di prima generazione" (verrebbe da dire che
per IBM l'unico telelavoro buono e' quello morto, visto che NESSUNO dei quasi
9000 dipendenti lavora in tale modalita').
L'altro, quello che possiamo definire "di seconda generazione", per l'azienda
NON E' TELELAVORO: essa lo chiama LAVORO MOBILE, e lo considera SUO ESCLUSIVO
TERRENO DI INIZIATIVA, dichiarando apertamente nel corso delle trattative
che PROPRIO L'ESTRANEITA' DELLE TUTELE SINDACALI DAL "LAVORO MOBILE" E' UNA
DELLE RAGIONI CHE LO RENDE TANTO ATTRAENTE PER IL MONDO IMPRENDITORIALE
(e cioe' non solo per IBM stessa, ma anche per i suoi clienti, ai quali
naturalmente essa vende gli strumenti elettronici per realizzarlo).
Qualche considerazione ancora per concludere questo intervento.
- Le RSU IBM insistono nel definire il "lavoro mobile" aziendale "telelavoro"
non per invadere il campo dell'Accademia della Crusca, ma per rivendicare che
tanto il telelavoro di prima generazione quanto quello di seconda (enormemente
piu' diffuso) vanno innanzitutto ricompresi nelle tutele garantite dallo
Statuto dei Lavoratori
e da tutta la contrattazione successiva, ovviamente
con i necessari adeguamenti tecnici.
- Nella situazione attuale, i lavoratori HANNO SOLO SVANTAGGI: di fatto,
AGGIUNGONO alle normali 40 ore dell'orario lavorativo un numero non ben
precisato di ore ... mobili (che puo' arrivare anche alla DECINA settimanale,
secondo un nostro sondaggio), senza che di contro possano rimanere in modo
contrattato e normato a casa propria quando la loro presenza fisica non e'
necessaria in azienda, e "intascare" almeno costi, tempi e fatica di trasporto.
(In questo momento, se un dipendente telelavora da casa in orario di ufficio
puo' essere minacciato di licenziamento per ... assenteismo; se pero' lo fa
al di fuori dell'orario ... sono fatti suoi. "Lo fa per sua comodita'", dicono
i portavoce dell'azienda, a cui non difetta lo humour nero).
- Il telelavoro di seconda generazione sta rapidamente costituendosi come
una delle "casematte" (per riprendere una celebre espressione di Gramsci)
contro cui rischiano di infrangersi e di vanificarsi iniziative apparentemente
ragionevoli e mobilitanti come la lotta per le 35 ore.
- In questo quadro, credo risalti tutta l'importanza della proposta di legge
sulla tutela dei telelavoratori che e' stata elaborata dall'Ufficio Legale
della CGIL di Milano, dall'Associazione AlSole e dal Coordinamento Nazionale
delle RSU di IBM Italia: si tratta di stabilire se per molti settori del
mondo del lavoro sta arrivando il XXI secolo ... o il XIX.
Giovanni Talpone
(RSU IBM - Commissione Telelelavoro)
[Comunicazione alla Casa delle Cultura, Milano, 22/6/1998]