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PEDEMONTANA, PEDEGRONDA, PEDESTORIA


Da: Forum sull'Organizzazione del Lavoro


In Lombardia negli ultimi decenni sono state realizzate e potenziate le infrastrutture autostradali che corrono sulle direttrici storiche dei traffici merci sia in direzione Nord-Sud che in direzione Est-Ovest ma si dimenticano velocement e perché simbolo della impossibilità di rispondere alla crescita sfrenata di mobilità su gomma con continue nuove strade.
In parallelo, soprattutto negli ultimi anni, si è assistito all'invasione delle auto private e dei TIR per le merci accompagnata dal fenomeno di diffusione degli insediamenti urbani su territori sempre più vasti e gestiti con politiche locali incapaci di comprendere e pianificare il fenomeno nel suo insieme.
In mancanza di una macro-pianificazione dell'urbanizzazione e di una politica dei trasporti capace di assecondare il fenomeno si è ricorsi sempre e solo alla costruzione di nuove strade perché quelle esistenti si saturavano velocemente. Nel frattempo il trasporto pubblico e il trasporto merci su ferrovia sono entrati in una fase di declino ed alcune tratte ferroviarie sono state anche dismesse.

L'idea originale dell'autostrada Pedemontana è frutto del vecchio sogno di magliare la regione con una rete autostradale che colleghi tutti i capoluoghi di provincia.
Correvano gli anni 80 della Prima Repubblica con il debito pubblico che lievitava verso cifre da record planetario eppure il nostro sistema prevedeva che si continuasse ad aprire cantieri pubblici per rispondere ai progetti faraonici che i nostri politici continuamente sponsorizzavano.
Nel 1989, in un turbinio di governi nazionali e locali viene rilasciata la concessione autostradale per un percorso Varese-Como-Lecco- Bergamo.
In fase di progetto il percorso viene modificato e la tratta prevede un collegamento Varese- Como-Bergamo escludendo Lecco. Nei primi anni 90 sulla diagonale Como Bergamo che attraversava la Brianza sorgono i primi comitati che si oppongon o all'autostrada. La protesta si allarga anche alle istituzioni comunali e ad inizio del 1992 i comitati contano 18.000 firme di rifiuto del progetto e più di trenta comuni schierati contro.
I comitati chiedono uno stop alla continua realizzazione di strade ed un investimento sui trasporti pubblici e sul potenziamento delle ferrovie per il trasporto merci. Nello stesso anno il progetto viene accantonato per mancanza di consens o.
Di li a poco esplode Tangentopoli e di Pedemontana non si sente più parlare fino agli anni della Giunta Regionale Formigoni e del Ministro Di Pietro.
Nel 1996 Roberto Formigoni in un blitz estivo ottiene dal Ministro Antonio Di Pietro la possibilità di rianimare il progetto e di aprirlo ai finanziamenti privati.
Il percorso viene modificato e la tratta brianzola si spinge più a Sud fino ad entrare in Provincia di Milano. Il nuovo percorso è una grande forchetta che partendo dalla A4 a Dalmine (BG) e passando da Vimercate (MI) arriva fino a Cesano Maderno (MI) per poi dividersi in due tratte, una verso Como e Varese e l'altra verso Castellanza (VA) e Arluno (MI) dove si ricongiunge all'autostrada A4 Milano-Torino.
Su questo nuovo percorso la Provincia di Milano ed il suo capoluogo giocano un ruolo fondamentale, intravedono la possibilità di spingere più a Nord l'autostrada A4 nel tratto urbano che funge da Tangenziale. Questa funzione di gronda contribuisce al battesimo in Pedegronda del nuovo progetto.
Nel frattempo il progetto della Rho-Monza che dovrebbe svolgere la stessa funzione di bretella più a Nord della A4 langue incompleto e senza finanziamenti.
Nel 1997 le popolazioni dei comuni dell'area milanese che vengono a conoscenza del progetto si organizzano e nascono di nuovo comitati che rifiutano un percorso autostradale che corre tra le loro case, vista la ormai cronica mancanza di ar ee agricole o a verde. La peculiarità di queste zone è inoltre la totale mancanza di trasporti pubblici dignitosi sia verso Milano sia sulla famosa direttrice Est-Ovest.
Contemporaneamente anche i comuni della nuova tratta bergamasca vedono la nascita dei comitati e lo schierarsi dei loro sindaci contro un percorso che li chiuderebbe tra l'attuale A4 e la nuova autostrada. La situazione trasporti pubblici anche in queste zone è identica o peggiore a quella dei comuni della seconda cintura milanese.
Nella primavera del 1998, in un convegno vengono presentati, al ministro Paolo Costa, il progetto ed i suoi costi; 114 Km con un costo medio di 34 miliardi al Km per un totale di 3876 miliardi.
Durante lo stesso convegno vengono consegnate al ministro oltre 11.000 firme contrarie al progetto ed i sindaci hanno la possibilità di esprimere il loro giudizio negativo sul percorso che devasterebbe i loro già compromessi territori.
Il progetto viene bocciato nuovamente per mancanza di consenso.
Nei primi mesi del 1999 si riaffaccia un nuovo progetto che viene nuovamente battezzato Pedemontana. La lunghezza del nuovo percorso è di 92 Km con un costo medio non dichiarato ma non certo inferiore al precedente. In realtà il "nuovo percorso" da Dalmine fino alla superstrada MI-Meda all'altezza di Cesano Maderno è identico a prima. Da qui prosegue verso Nord fino a Cermenate sfruttando la superstrada esistente per poi deviare verso Ovest in direzione di Busto Arsizi o.
Parallelamente al tratto Cermenate-Busto verrebbe realizzato il tratto Como-Varese; una concessione due autostrade parallele.
Il presidente in carica dal 1989 della Pedemontana S.p.A. dichiara di aver già speso 6 miliardi in progetti e di averne commissionati altri per un importo di 3 miliardi. Il mese dopo viene sostituito nella carica dal presidente dell a Camera di Commercio di Como.
Nei comuni della tratta comasca nascono altri comitati e arrivano altre delibere contrarie al progetto. Le firme contrarie, che vanno a sommarsi alle 11.000 di prima, raggiungono quota 16.000 e le delibere comunali contro l'autostrada sono 23.
Pochi giorni fa si ripete una scena già conosciuta; la regione, nei panni dell'assessore Giorgio Pozzi, presenta il progetto al sottosegretario Bargone ma anche in questa occasione i Sindaci esprimono giudizi negativi. Ennesimo rin vio in attesa di un progetto con valutazioni di impatto ambientale.
Senza il consenso la strada è breve e a volte non parte neanche. Con il consenso i trasporti non partono e a volte ci si dimentica di progettarli.


Il FRATTALE LOMBARDO


Se nella vostra regione nessuno riesce a dirvi quanto potrebbe costare riportare ad uno stato di efficienza e sicurezza le strade già esistenti, non stupitevi. Nessuno se ne è mai occupato o se ne sta occu pando, sono tutti intenti a studiare nuove strade ed a tappare i buchi in quelle già esistenti.
Se nessuno riesce a dirvi quanto costa alla comunità mantenere in questo stato preoccupante i 50.000 Km di strade già presenti in Lombardia, non meravigliatevi. Stanno progettando altre autostrade che ci costeranno migliaia d i miliardi come realizzazione, mentre la manutenzione e le future migliorie non sono certo problemi loro.

Se nel vostro comune continuano ad edificare perché poi con gli oneri di urbanizzazione e le altre imposte sarete più ricchi, non illudetevi. Scopriranno presto di non avere soldi per garantire i maggiori servizi richiesti da i nuovi abitanti, a partire dai servizi sociosanitari e scolastici per finire con le fognature primarie del tutto inadeguate.
Se poi interviene la provincia e vi regala una scuola o un ospedale raggiungibili solo in auto, non lamentatevi. Presto daranno la patente ai quattordicenni ed un taxi ad ogni malato.
Se nella vostra regione continuano a fiorire nuovi centri commerciali ed aree industriali perché portano ricchezza ed ogni sindaco ne vuole uno tutto suo, non illudetevi. Scoprirete presto di dover passare la vita in automobile per districarvi tra il traffico caotico generato dalla politica dello sparpagliamento degli insediamenti.
Politica poi seguita dalla reazione istintiva e banale del tipo "se c'è una strada piena ne costruisco un'altra, tanto sono gli stessi cittadini a chiedermela". Una volta costruita la nuova strada sarà anche più facile edificarvi ai lati senza rispettarne le fasce di rispetto dettate dal buonsenso e non dalle leggi esistenti. Quando poi sarà, nuovamente, impossibile allargarla se ne progetteranno di nuove.
E' in questo modo che il frattale lombardo cresce e si rigenera, sempre uguale, nelle piccole e grandi scelte. Con un ritmo sempre più accelerato fino all'esaurimento del territorio fino alla scomparsa dei confini naturali fino alla rottura degli equilibri ambientali e sociali.
E' in questo modo che si arriva alla generazione di continui conflitti, di dimensioni sempre più rilevanti, sul territorio. Nel caso di autostrade basta rapportarli alla lunghezza del percorso scelto. Nessun cittadino è dispo sto a vivere a ridosso di un'opera inquinante eppure basta bollarlo come ambientalista o difensore di interessi locali e l'ostacolo si rimuove.
L'interesse delle società autostradali e delle aziende che fanno della mobilità su gomma e del suo indotto il loro mercato non è certo da considerare localistico o personale. Quando propongono nuove autostrade lo fanno per rispondere alle richieste pressanti dei loro clienti e per far crescere l'economia e di conseguenza il nostro benessere.
Come non comprendere quindi la richiesta anche delle altre aziende quando chiedono convinte nuove strade. Sono state assuefatte da anni a dosi sempre più massicce di asfalto e non possono far altro che chiederne ancora, convinti che quella sia l'unica medicina.
E' in questo vuoto di visione sistemica sull'uso del territorio e della mobilità da esso sostenibile che i nostri politici non fanno altro che avvallare la sola e unica soluzione da loro conosciuta.
In seguito, a fronte delle immancabili proteste delle comunità coinvolte, si trincereranno dietro le esigenze del mercato e della crescita economica.
In questo contesto i comitati spontanei anti-pedegronda si muovono e conducono civilmente la loro campagna di informazione ripartendo dall'analisi del bisogno di mobilità di persone e merci delle sue cause scatenanti per arrivare al le soluzioni migliori e compatibili con il territorio.
Solo quando ci renderemo conto che la mobilità caotica che soffoca la nostra regione è frutto di scelte urbanistiche sbagliate potremo rivedere la politica degli insediamenti.
Solo quando capiremo il valore fondamentale ed inestimabile dei confini naturali che separano i comuni potremo rivedere le assurde politiche di continua espansione urbana.
Solo quando capiremo che il nostro territorio non può reggere una sistema di mobilità fatto da un'auto a testa ed un TIR per ogni merce riusciremo a costruire una rete di trasporti coll ettivi per coprire la domanda di mobilità regolare ed individuata ed un sistema integrato ed intermodale di trasporto merci.
Solo allora gli imprenditori avranno quel cercano, ovvero la certezza dei tempi e dei modi di trasporto delle loro merci e non certo la continua incertezza generata dal trasporto su gomma. Solo allora scopriremo di possedere un patrimonio immenso in strade già esistenti e di non avere mai pensato di gestirle come sistema per renderle migliori e più efficaci scoprendo, magari, di averne qualche chilometro di troppo.
Solo allora, crescita economica e crescita del benessere della collettività marceranno di nuovo di pari passo e noi cittadini scopriremo di impiegare meglio il nostro tempo e di avere un ambiente migliore.


LA FABBRICA GLOBALE ED I COTTIMISTI DEL TEMPO


E' finita l'era della fabbrica fordista e la catena di montaggio non c'è più. I magazzini sono scomparsi, ha vinto il modello "just in time". Le aziende hanno bisogno di collaboratori a tempo e senza sede di lavoro fissa. Tut te frasi che ben riassumono i profondi cambiamenti che attraversano il mondo produttivo e le nuove metodologie lavorative.
Se è vero che robotica ed informatica hanno compresso le necessità di forza lavoro è altrettanto evidente che il modello che prevedeva la produzione completa e finita di un qualsiasi bene presso lo stesso impianto e' terminato. Gran parte dei prodotti finali che noi acquistiamo hanno visto la loro crescita ed assemblaggio nei posti più disparati del nostro pianeta.
La fabbrica globale prevede stazioni di lavoro presso i territori più vantaggiosi dal punto di vista del costo del lavoro, delle politiche fiscali e degli obblighi di rispetto ambientale.
La catena di montaggio non è scomparsa si è solo dilatata a dismisura fino a confondersi e nascondersi con altre necessità ma è li che corre ogni giorno sulle strade e le autostrade del nostro territorio. Con un grosso cambiamento nel controllo dei tempi e dei modi. Non serve più l'odioso caposquadra che detta i ritmi e verifica i tempi adesso siamo noi in prima persona i responsabili del tempo di trasporto perché il contratto e' nostro e piu' merci trasportiamo più guadagniamo. Come abbassare il tempo di consegna se non chiedendo mezzi sempre più capaci e veloci e strade sempre più grandi e libere?
Il benessere ci ha consentito di acquistare case sempre più distanti dal posto di lavoro, in luoghi più piacevoli e tranquilli delle città, ed anche se le si cercassero vicino all'ufficio sarebbe uno sforzo inutile l'a zienda d'oggi cambia sede velocemente in cerca di posti più vantaggiosi economicamente. E' scontato che tutti si sia dotati di un'automobile e che il tempo viaggio non è un problema aziendale. Il tempo di guida è però un proble ma nostro, la vita non possiamo sprecarla guidando, quindi chiediamo auto sempre più veloci e nuove strade.
Se poi pensiamo allo svago ed al divertimento come non progettare viaggi in auto sempre più lunghi ed a velocità sempre più alte? L'autostrada fino alla pista da sci o fino alla spiaggia estiva è una necessita' ineluttabile: non possiamo perdere tempo in coda.
Per quanto riguarda i bisogni primari la situazione non cambia. In auto per acquistare acqua pulita che una volta scorreva dai rubinetti. In auto per acquistare alimenti e vestiario che una volta trovavamo nella via sotto casa o nella piaz za più vicina. Un centro commerciale con una nuova veloce strada per arrivarci è bisogno primario.
Se qualcuno contesta che questa sovrapposizione di flussi degna di un magazziniere impazzito comporta anche dei costi sociali in incidenti, feriti e morti non ha capito nulla.
Gli incidenti bloccano la catena di montaggio occorre semmai prevedere nuove percorsi paralleli agli attuali.
Una grande rivoluzione abbiamo compiuto negli ultimi anni, ci siamo fatti carico economicamente e socialmente dei tempi e dei modi della catena e quindi ci diamo ritmi sempre più alti entrando in competizione con i nostri colleghi a fianco e massacrando il territorio e l'ambiente con nuove infrastrutture ridondanti.
Comunque nei casi peggiori di congestione possiamo stare tranquilli ci sono gli imprenditori che organizzano convegni per spiegare ai nostri politici che il territorio è fattore fondamentale di competizione e non può essere d a ostacolo alle nuove catene di montaggio.
E se la piantassimo di voler comprimere la costante tempo e ricominciassimo ad usarla in maniera più intelligente?

G. Guercilena

per il Coordinamento Comitati Spontanei Anti-Pedegronda

di: Dalmine, Osio Sopra, Filago, Bottanuco, Sulbiate, Carnate, Bellusco, Usmate Velate, Vimercate, Arcore, Lesmo, Biassono, Macherio, Lissone, Desio, Seregno, Cesano Maderno, BovisioMasciago, Origgio, Turate, Rovellasca, Gorla Minore.