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Da: La questione degli assorbimenti; Diritti sindacali e dei lavoratori

TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE LAVORO

DECRETO

TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE LAVORO

Il Giudice di Milano, dott. Francesco I. Frattin, in funzione di

Giudice del lavoro, ha pronunziato il seguente

DECRETO

nella causa col n. di R.G. 3802/99 promossa da

FIOM-CGIL

col proc. avv. C.Francioso e G.Sozzi

contro

I.B.M. S.p.A.

col proc. avv. V. e R. Stanchi

oggetto: ricorso per attività antisindacale ex art. 28 Legge 300/70

Il Giudice

osserva:

il sindacato ricorrente lamenta che la società convenuta, attraverso la concessione unilaterale di corposi aumenti retributivi a vaste fasce di lavoratori. - più o meno al 50% del totale - aumenti da un lato notevolmente superior i a quelli in discussione in sede di rinnovo contrattuale nazionale, dall'altro per la prima volta dichiarati espressamente come destinati ad assorbire integralmente qualsivoglia aumento futuro, da qualsiasi fonte normativa stabilito, nazionale, decentrat a o aziendale, aumenti concessi, per di più, durante la faticosa trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro, abbia sia pregiudicato la capacità di mobilitazione del sindacato nella fase di lotta in corso sia, e soprattutto, posto nel nulla a priori - per un tempo indeterminato - la funzione contrattuale del sindacato e dunque la sua funzione complessiva, "tagliandogli l'erba sotto i piedi" in modo difficilmente reversibile: se il sindacato, si afferma, è posto nell'im possibilità di portare ai lavoratori risultati utili per un tempo indeterminato, ciò equivale ad una sua radicale esclusione dal "gioco".

La tesi è suggestiva ma non può essere accolta.

Sono principi recetti nell'ordinamento lavoristico:

L'O.S. ricorrente non contesta, in linea di principio, l'esistenza dei due principi di cui sopra, ma rileva che mai, nel passato, IBM aveva di fatto operato l'assorbimento degli aumenti collettivi da parte degli aumenti individual i. La circostanza è stata ammessa per vera, ma ciò non significa affatto che IBM non avrebbe potuto operare detto assorbimento, il quale costituisce - si ripete - la regola in mancanza di patto contrario. L'aver dunque precisato espressamente detta regola non può avere alcuna valenza antisindacale, rispondendo ad un dovere di chiarezza.

Se dunque è vero - e non è contestato - che il datore di lavoro può dare di più a chi vuole - e di fatto questo già succedeva da gran tempo sia in IBM sia nelle grandi aziende dei settori pi ù esposti alla concorrenza, senza alcuno scandalo - ne deriva che la contrattazione collettiva, dato anche questo dottrinalmente acquisito, è e non può essere che una contrattazione dei minimi validi per tutti. Pertanto è ; naturale che ogni rinnovo contrattuale porti benefici economici (diretti) soltanto a chi si trova sui minimi e non a chi già prende di più (o molto di più). Sotto questo profilo si dovrebbe dire che non si vede neppure dove s tia il problema. Ma, si replica, in questo caso c'è stata la espressa precisazione di un futuro assorbimento (salvo comunicazione contraria) di qualsiasi tipo di futuro aumento, anche se negoziato in sede aziendale; inoltre è stato dato un a umento pressoché generalizzato, articolato per fasce, a somiglianza di quanto fa usualmente un contratto collettivo, che l'azienda avrebbe preteso di sostituire con una propria determinazione unilaterale, quasi a dire: il contratto lo faccio io (co n correlativa fine del ruolo del sindacato). Dette osservazioni sono soltanto suggestive, ma non spostano i termini giuridici del problema come sopra riassunti.

E' vero che la giurisprudenza conosce la figura del comportamento datoriale legittimo sulla base del regolamento dei singoli rapporti di lavoro ma illegittimo, per così dire, in seconda lettura perché antisindacale. Non si ravvisano estremi per una simile lettura. Si è già detto sopra del dovere di chiarezza da parte dell'azienda nel momento in cui dà trattamenti di miglior favore; si deve aggiungere l'importanza da riconoscersi alla conoscenza certa dei futuri c osti, soprattutto in tempi di vacche non particolarmente grasse nel settore informatico che vive una accesissima guerra commerciale a livello mondiale. In un comportamento legittimo ai sensi delle norme civilistiche si può ravvisare l'antisindacali tà soltanto ove si riscontri una precisa intenzionalità diretta a limitare o impedire l'agibilità sindacale, non ove i legittimi comportamenti datoriali siano agevolmente spiegabili con motivazioni lecite ed anzi meritevoli di apprezz amento.

Ci si rende conto del problema che vive il sindacato ricorrente: ma sembra che esso sia più riferibile a fattori politici - la difficoltà di rappresentare insieme strati forti e strati deboli della classe lavoratrice, lavoratori con potere contrattuale proprio sul mercato e lavoratori che invece non lo hanno, il tutto in un contesto di compatibilità europee e globali che limitano fortemente i margini di acquisizione di vantaggi economici generali - che non a comportamen ti scorretti del singolo datore di lavoro, nella specie l'IBM, che proprio non si ravvisano. Neppure quanto al momento di concessione degli aumenti, visto che è risultato che quasi ogni anno la convenuta opera un paio di tornate di aumenti e dunque non si è trattato di una scelta di tempo mirata a sabotare la lotta per il contratto, senza dire che l'O.S. ricorrente non ha detto di quanti aderenti possa vantare tra gli strati dei lavoratori beneficiati dagli aumenti in questione, né, t antomeno, ha affermato che gli aumenti siano stati dati soltanto ai non sindacalizzati.

Si può anche aggiungere che il contratto collettivo è strumento di acquisizione anche di altri vantaggi e diritti, diversi da quelli direttamente economici, e che sotto questo profilo anche l'eventuale azzeramento della piattaforma e conomica non fa venir meno, anche per i lavoratori economicamente già privilegiati, l'interesse alla presenza ed all'azione sindacale: senza dire che resta sempre - in linea di diritto - possibile richiedere - e lottare per aumenti - sulla retribuz ione di fatto, ove la forza del gruppo interessato lo consenta.

In conclusione, non si ravvisano ragioni per accogliere il ricorso. La natura della controversia e gli interessi in gioco consigliano la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

il Giudice

respinge il ricorso; compensa tra le parti le spese di lite.

Milano, 29.6.1999

Il Giudice Unico

(Francesco I. Frattin)