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IL 21 FEBBRAIO SCIOPERO DELL'INDUSTRIA E DELL'ARTIGIANATO

L'ITALIA CHE NON SI RASSEGNA AL DECLINO


Da: Parlamento e Governo italiani

Vedere anche: Politica aziendale e risultati economici


Il 21 febbraio la Cgil ha proclamato lo sciopero generale dei lavoratori dell'industria e dell'artigianato per opporsi al declino economico e sociale del nostro Paese. Questo declino è il frutto di decisioni miopi e di scelte sbagliate: da parte di imprenditori che non hanno più il coraggio di investire sul futuro delle proprie aziende; da parte di uomini di governo troppo impegnati a pensare ai propri interessi per occuparsi di quelli del Paese.

La situazione della produzione e dell'occupazione è sempre più grave. Interi settori sono in crisi e il rischio è quello di una deindustrializzazione pesante che apra la strada a licenziamenti di massa. Le associazioni imprenditoriali, Confindustria in testa, credono di poter recuperare competitività con i tagli al costo del lavoro, ai salari e alle tutele. Il governo non ha un disegno di politica industriale e la legge Finanziaria per il 2003, oltre a ridurre la spesa sociale, taglia proprio là dove occorrerebbe invece investire: formazione, scuola, ricerca. Per di più, con la legge delega 848 sul mercato del lavoro, la precarizzazione diventa legge, tutta a carico delle generazioni più giovani.

Bisogna andare nella direzione opposta. Occorre scegliere una "via alta" alla competizione: investendo in qualità, in ricerca, in innovazione, puntando sul made in Italy e allo stesso tempo su nuovi e strategici settori produttivi, valorizzando le capacità e i saperi di chi lavora, investendo in infrastrutture, materiali e immateriali, per rilanciare tutto il Paese, a partire dal Mezzogiorno. Per ottenere tutto questo, la Cgil chiama le lavoratrici e i lavoratori allo sciopero del 21 febbraio.

SCIOPERA ANCHE TU CON LA CGIL.

Industria

IL RISCHIO DI UN PAESE SENZA

Sono oltre 300 mila i posti di lavoro a rischio nelle grandi e medie aziende, con ovvie ripercussioni sull'indotto e sul tessuto delle piccole e piccolissime imprese. La crisi della Fiat non è certo la sola: basti pensare alla siderurgia e all'insieme dei comparti legati alla meccanica, alle pesanti difficoltà del settore chimico, agli interventi che sono necessari nel tessile, ai problemi dell'agroalimentare, dell'energia, delle telecomunicazioni, per non parlare del settore delle costruzioni.

Mercato del lavoro

LA RICETTA AMERICANA

Il disegno era ed è chiarissimo fin dal Libro Bianco del governo: affrontare la ripresa, se e quando questa arriverà, "americanizzando" il più possibile il nostro mercato del lavoro.

Ecco allora la legge delega 848 che intende ridurre tutele e costi del lavoro attraverso la privatizzazione dei servizi all'impiego (che rende più deboli e sole le persone che cercano lavoro), lo staff leasing (la possibilità di "prendere in affitto" i lavoratori di un intero reparto), il lavoro a chiamata (job on call), i contratti di progetto, i contratti di lavoro individuali certificati da enti bilaterali. Così, nel caso di licenziamenti di massa, i vecchi posti di lavoro potranno essere sostituiti da giovani con forme di lavoro precarie e senza diritti.

Ecco allora il tentativo di modificare il sistema di negoziazione sindacale (oggi a due livelli, nazionale di settore industriale e aziendale/territoriale), per abbassare anche in questo modo i costi complessivi, riducendo il potere d'acquisto dei salari e le garanzie contrattuali.

Per la Cgil è fondamentale rafforzare il contratto nazionale e qualificare ed estendere la contrattazione aziendale e territoriale, anche per impedire che si determini un'ulteriore rottura nel paese, con aree forti (tutelate) e aree deboli (non tutelate).

Finanziaria

INVECE DI INVESTIRE SI TAGLIA

Il clima di incertezza sugli incentivi, con tagli che venivano annunciati e poi smentiti (basti per tutte la telenovela sul credito d'imposta, prima sospeso poi reintrodotto, ma con incertezze connesse alla limitatezza dei fondi stanziati e alla perdita dell'automatismo) ha tolto al sistema il requisito primario, quello dell'affidabilità, che permette alle imprese di programmare i propri investimenti.

Tutto questo è avvenuto anche perché scelte sbagliate come la Tremonti bis (che ha dato miliardi di euro di benefici fiscali per investimenti che sarebbero stati fatti comunque) hanno ridotto le risorse disponibili per mantenere un sistema di incentivi che si era rivelato valido.

In questo modo, ci sono meno risorse proprio là dove invece occorrerebbe concentrare gli sforzi (scuola, formazione, ricerca, innovazione): ciò costituisce un ostacolo serissimo per un Paese che invece avrebbe bisogno di rilanciare la qualità del proprio sviluppo.

Sviluppo

LA PRIORITA' NEGATA

Le scelte del governo sul fronte dello sviluppo risentono pesantemente della cultura neoliberista che lo pervade, condivisa se non ispirata dall'attuale gruppo dirigente di Confindustria, e hanno portato a smantellare quanto di buono era stato fatto su questo versante negli anni passati, anche grazie al contributo di proposta del sindacato.

Le decisioni assunte fin dai primi provvedimenti dell'esecutivo – mascherate dietro la retorica delle grandi opere, a partire dal ponte di Messina – hanno di fatto ridotto le risorse per le infrastrutture, eliminato ogni elemento selettivo dell'incentivazione e smantellato gli strumenti della programmazione negoziata, così importanti per il paese, a partire dal Mezzogiorno e dalle aree di crisi.

Per la Cgil è fondamentale rilanciare i distretti industriali, valorizzare le energie dello sviluppo locale ripristinando e riqualificando lo strumento della programmazione negoziata, e investire sulle infrastrutture, materiali e immateriali, per stimolare una crescita di qualità.

Politiche industriali

SE SI SCEGLIE LA QUALITA'

Il nostro modello di specializzazione produttiva non regge più ma la struttura del nostro sistema economico, troppo sbilanciata verso le piccole e piccolissime imprese, non è in grado di innovare nei prodotti per competere nei mercati globalizzati.

Per rilanciare il nostro sistema produttivo occorre una svolta a 180 gradi rispetto a quanto questo governo ha messo in campo nei suoi venti mesi di vita. In un mondo che cambia velocemente occorre puntare su innovazione, ricerca e formazione, regole trasparenti e certificate, infrastrutture e servizi adeguati. Avendo come stella polare del nostro futuro la qualità e la conoscenza.

NO AL DECLINO E ALLA PRECARIETA'
SI ALLO SVILUPPO E AI DIRITTI