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Lettera aperta ai Rappresentanti Sindacali e, per conoscenza, ai lavoratori IBM


Da:
Occupazione, forza lavoro, scorpori, trasferimenti
Vedere anche:
Stabilimenti di Santa Palomba e Vimercate
Politica aziendale e risultati economici


Il 28 luglio 2003 è stato chiuso lo stabilimento di Santa Palomba (Roma) che aveva iniziato la sua attività nel 1981 come secondo stabilimento di produzione dell'IBM in Italia ed era stato poi ceduto a Celestica Italia S.r.L. nel maggio 2000.

Si tratta di un evento su cui riflettere dopo più di vent'anni di una strategia sindacale che caratterizzò gli anni '70 e '80.

I più anziani Rappresentanti Sindacali ancora in attività in IBM sono cresciuti, durante la stagione dei Consigli di Fabbrica, scandendo uno slogan che, più o meno, suonava così: "conquistiamo per l'Italia il ciclo di produzione completo: ricerca, sviluppo e produzione".

Il nostro tentativo era quello di modificare il ruolo dell'azienda in cui lavoravamo, caratterizzato soprattutto dalla commercializzazione di prodotti pensati e progettati negli USA, e di battersi affinché il nostro Paese acquisisse quel "know how" necessario a non essere totalmente dipendenti dai capricci delle multinazionali americane.

Si cercò così di difendere i centri scientifici di Bari, Venezia, e Pisa nati nel 1969 (verranno chiusi nel 1979 i primi due e nel 1992 il terzo) e di ottenere un laboratorio di sviluppo software inteso non come "fiore all'occhiello", ma come centro di sviluppo e manutenzione di prodotti destinati al mercato; si lottò per ampliare e qualificare la produzione in Italia sia attraverso lo sviluppo dello stabilimento di Vimercate (nato nel 1966), sia attraverso la trasformazione dell'insediamento di Pomezia (nato nel 1969) in un autentico stabilimento di produzione.

Come già detto, nel 1981 nacque lo stabilimento di Santa Palomba (che sostituì l'insediamento di Pomezia) e, in un importante accordo sindacale del 1982 (anno dell'inaugurazione ufficiale dello stabilimento laziale), si stabilì che la sua occupazione, a regime, sarebbe stata pari a 500 addetti.

L'investimento operato da IBM a Santa Palomba, effettuato anche grazie a contributi e agevolazioni da parte dello Stato italiano a favore delle aree depresse, coincise con lo sviluppo tecnologico e il successo commerciale degli elaboratori elettronici della serie AS/400 (1). L'eccellenza produttiva dello stabilimento di Santa Palomba fu immediatamente evidente, ma si scontrò, altrettanto immediatamente, con l'ingordigia della multinazionale americana e con gli effetti devastanti della globalizzazione. Infatti, il management locale di IBM sottolineava ripetutamente che, per mantenere le produzioni in Italia, sarebbe stato necessario ridurre significativamente i costi e questo perché all'estero (prima in estremo oriente e poi anche in Europa) si consolidavano stabilimenti che, grazie ai bassissimi costi di produzione, avrebbero potuto ottenere le produzioni affidate a Vimercate e S. Palomba.

Apparve sùbito chiaro che tutti i paesi dove non esistevano (e tuttora non esistono) Contratti Collettivi di Lavoro e Diritti minimi per i lavoratori, stavano diventando un pericolo per gli stabilimenti italiani: diventavano i principali responsabili dello svuotamento della produzione in Italia.

Nonostante la disponibilità sindacale a discutere di flessibilità occupazionale e nonostante che numerosi accordi abbiano consentito l'assunzione di lavoratori con contratto a termine ben oltre i numeri consentiti dalla Legge, nel 1999 IBM comunicò ufficialmente che, dalla fine del medesimo anno, la produzione dell'AS/400 sarebbe stata trasferita in Irlanda nello stabilimento di Dublino. Tale decisione confermava il difficile futuro dello stabilimento italiano di Santa Palomba in particolare.

Ma per capire meglio il comportamento della Corporation e la ricaduta delle sue decisioni sulle varie "filiali nazionali", occorre brevemente riflettere sulla strategia che la caratterizzò per quanto riguarda la produzione: la strategia del "plant of control". Di che cosa si tratta?

Dalla fine degli anni '70 parte dal Giappone, e pervade tutto il mondo occidentale, una profonda trasformazione nei modelli organizzativi aziendali tesa a rendere più flessibili i processi e a ridurre i tempi di attraversamento dei semilavorati, le scorte intermedie e le giacenze, al fine di ridurre l'impegno finanziario, facilitare l'introduzione di correzioni e migliorie sui prodotti e permettere di reagire tempestivamente a rapide variazioni della domanda di mercato. Lo spostamento a monte dei controlli di qualità e la parallelizzazione dei processi permettono, inoltre, di ricorrere massicciamente all'esternalizzazione delle fasi produttive a minor valore aggiunto. Tutte queste trasformazioni costituiscono la risposta del sistema industriale a un ambiente economico caratterizzato da lenta crescita quantitativa, forte innovazione tecnologica, elevata turbolenza dei mercati (anche di origine speculativa) e, almeno per gli anni iniziali, elevati tassi d'interesse e forte conflittualità sindacale. Il progressivo sviluppo di questi processi è funzionale all'obiettivo finale di dividere sempre di più il momento produttivo da quello del controllo: l'azienda dominante mantiene all'interno solo le fasi produttive più delicate e a più alto valore aggiunto e fa realizzare una quota sempre maggiore della produzione ponendosi al centro di una rete sempre più estesa di fornitori e sub-sub-… fornitori, in continua competizione gli uni con gli altri, dai quali acquista la quasi totalità dei prodotti e dei servizi che usciranno sul mercato con il suo marchio. L'efficacia produttiva è ottenuta imponendo alle aziende dominate non solo standard qualitativi e tempi di consegna, ma anche tecnologie produttive, procedure, programmi di addestramento, politiche di investimento… La stessa attività sindacale, almeno nelle forme tradizionali, diventa molto difficile, perché gli interlocutori aziendali hanno ben poca autonomia e i veri responsabili sono istituzionalmente irraggiungibili. I fornitori diventano così, a tutti gli effetti, reparti esterni dell'azienda dominante, che però rimane in grado di "scaricarli" con costi limitati quando trova migliori condizioni altrove: è questa nuova organizzazione industriale che contribuisce a rendere "volatili" i cosiddetti miracoli economici degli anni Ottanta e Novanta e, per così dire, porta nel mondo produttivo un'aleatorietà simile a quella delle speculazioni puramente finanziarie. E' questa la strategia del "plant of control".

Il caso IBM è assolutamente esemplare: mentre milioni di macchine continuano a essere vendute in tutto il mondo con il marchio di Big Blue, IBM riesce a liberarsi di tutte le fasi produttive successive allo sviluppo dei chip di base. Nel caso dell'AS/400, nel 2000 la IBM World Trade Corporation decise di esternalizzare completamente la produzione vendendo a Celestica (nata anch'essa da una sua costola, ma ormai azienda del tutto indipendente) tutti i suoi stabilimenti.

Naturalmente, il management aziendale italiano non seppe far altro che eseguire le direttive internazionali e sforzarsi di argomentare la cessione degli stabilimenti italiani come un'opportunità per i medesimi. Infatti, la tesi sostenuta fu la seguente: la struttura IBM, sia dal punto di vista organizzativo che della politica dei prezzi, è troppo rigida e ostacola pesantemente la competitività degli stabilimenti produttivi che, liberandosi dal "giogo" IBM, potranno sfruttare tutte le enormi potenzialità che il mercato della componentistica offre. … Altrettanto naturalmente, il sindacato, che ha per legge esclusivamente la possibilità di contrattare la "cessione d'azienda", poté solo gestire la situazione ponendo particolare attenzione alle garanzie occupazionali. In soli 3 anni, le iper ottimistiche previsioni sullo sviluppo e la prosperità degli stabilimenti italiani si sono rilevate aleatorie e IBM si è comportata esattamente come descritto nelle righe sul "plant of control": ha imposto a Celestica standard qualitativi, tempi di consegna e prezzi, riservandosi (o forse minacciando) di scaricarla qualora trovasse fornitori ancora più competitivi. … E Celestica ha reagito accelerando il trasferimento della produzione nello stabilimento sito in Repubblica Ceca e decidendo la chiusura dello stabilimento di Santa Palomba nonostante le garanzie occupazionali sottoscritte fino a giugno 2005.

Dopo circa 22 anni lo Stabilimento di Santa Palomba cessa quindi di esistere e si conclude, con una sconfitta secca, quella strategia sindacale che, come detto all'inizio di questo scritto, si era fondata sul ciclo di produzione completo: produzione, ricerca e sviluppo. Non ci sono più i centri scientifici; la produzione in Italia è esterna all'IBM, fortemente ridimensionata e limitata al solo stabilimento di Vimercate; per quanto riguarda il laboratorio di sviluppo così com'era tradizionalmente concepito in IBM, sarebbe arduo, o comunque controverso, sostenere che Tivoli rappresenta un risultato di quella politica sindacale.

Certamente la sconfitta di cui ho parlato va contestualizzata: non si può certamente evitare di considerare il contesto economico italiano e internazionale, il modello di sviluppo sostenuto o indotto nel nostro Paese, la capacità/volontà di autonomia del management nostrano, ma non si può soprattutto dimenticarsi della globalizzazione. Ormai le politiche economiche, frutto dei grandi potentati e delle grandi multinazionali, hanno caratteristiche planetarie e perfino la tanto decantata Europa Unita ha realizzato l'unità delle economie, ma non certo dei diritti soprattutto dei lavoratori. Non va infine dimenticato che la dimensione squisitamente nazionale dei Sindacati, impedisce una reale tutela degli interessi dei lavoratori e consente esclusivamente una gestione finalizzata a limitare i danni.

E infatti, il 22 luglio 2003 è stato solo possibile, almeno per quanto riguarda Santa Palomba, limitare i danni ottenendo un accompagnamento alla pensione per chi ha i requisiti e un progetto di reindustrializzazione che, in un periodo massimo di 24 mesi coperto dalla CIGS, dovrebbe garantire il reimpiego dell'impianto industriale (lo spazio coperto dello stabilimento) e degli attuali occupati in seguito all'intervento di nuove imprese.

In conclusione di questa riflessione conseguente alla cessazione dell'attività dello stabilimento ex IBM di Santa Palomba, vorrei ricordare particolarmente i compagni della R.S.U. locale che hanno sempre gestito, con grande responsabilità e determinazione, momenti difficili e, in queste ultime settimane, sicuramente drammatici. A Valter Dragoni , che è stato sicuramente un dirigente sindacale storico nello stabilimento laziale, voglio inviare i migliori auguri per un futuro meno incerto e, tramite lui, un abbraccio a tutti gli altri componenti della Rappresentanza Sindacale di Santa Palomba.

Alfio Riboni

(1) L'elaboratore "midrange" IBM AS/400 nasce dalla convergenza, conclusasi a metà degli anni Ottanta, fra più serie tecnologiche di elaboratori IBM tutte caratterizzate da notevole successo di mercato: S/1, S/36, S/38.
Questa filiera tecnologica è caratterizzata da grande facilità d'uso, prezzi contenuti, e anticipo di anni rispetto ai grandi "mainframe" nella disponibilità di soluzioni applicative gradite agli utilizzatori, come il data base relazionale di facile consultazione.
Ulteriore incentivo alla sua diffusione è stato l'offerta del pacchetto applicativo ACG (Applicazioni Contabili Gestionali), realizzato proprio in Italia appositamente per l'AS/400, che ha ottenuto un buon successo anche in altri Paesi. L'AS/400 viene tuttora tenuto aggiornato con le nuove tecnologie elettroniche (per esempio, si prospetta la convergenza con il RISC/6000, stazione di lavoro specializzata nel calcolo tecnico e scientifico) e con i nuovi utilizzi applicativi (per esempio, viene proposto come servente di rete in grado di ospitare applicazioni per Internet).

L'AS/400 ha trovato il suo terreno di diffusione nella piccola e media impresa di tutto il mondo, con particolare successo in Italia anche nel settore degli enti locali, in cui è stata particolarmente apprezzata la facilità ; di utilizzo anche per utenti non specializzati, la disponibilità di pacchetti applicativi (spesso creati da una miriade di software house per rispondere a esigenze specifiche) e la possibilità di una gestione integrata dei dati aziendali evitando i costi operativi di un vero e proprio centro di calcolo.