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Da: OO.SS. e RSU; Sedi di Milano e Segrate; Ricerca scientifica e sviluppo tecnologico; Forum

Riflessioni sul sindacato duepuntozero

Uno sguardo da lontano

Agli inizi del novecento l'introduzione di un nuovo modo di produzione che va sotto il nome di fordismo modificò radicalmente la struttura sociale economica nel mondo occidentale e non. Il movimento operaio riuscì a cogliere e comprendere gli elementi progressivi di quel nuovo modo di produrre e riuscì a volgere a proprio favore quei nuovi aspetti positivi. Riuscì a ribaltare le rigidità imposte dalla catena di montaggio a proprio favore, dispiegando - grosso modo - dagli anni trenta fino alla metà degli anni settanta la propria forza e conquistando condizioni di vita e benessere via via migliori.

Ora che la "rivoluzione passiva" (per dirla alla Gramsci) neoliberista avviata alla fine degli anni settanta sembra giunta a maturazione, è possibile individuare anche in essa degli aspetti progressivi e, se ve ne sono, volgerli a favore delle classi subalterne? Pilastri fondamentali della nuova economia sono (insieme ad altri) la globalizzazione effettiva dei mercati, l'informatizzazione dei processi produttivi e quindi il ruolo centrale della comunicazione.

Questi elementi hanno dei caratteri progressivi?

La globalizzazione dei mercati potrebbe essere considerata progressiva perchè finalmente creerebbe una reale internazionalizzazione delle classi più deboli (ricordiamo che, a livello mondiale, la classe operaia non solo non è scomparsa, ma non è stata mai così numerosa come oggi). L'informatizzazione potrebbe rendere più veloce e accessibile la conoscenza e quindi diffondere più rapidamente la presa di coscienza dei problemi sociali globali.

E' quindi ragionevole che alcuni di noi possano ritenere che i nuovi strumenti informatici potrebbero rappresentare una nuova tappa in questa direzione, di facilitazione della presa di coscienza – per esempio – di classe.

Tuttavia, l'esperienza di questi ultimi anni nel campo della comunicazione ci mostra che tutto ciò non è affatto ineluttabile e meccanico. La sempre maggiore pervasività dei mezzi di informazione finora sembra aver accresciuto l'egemonia della classi e dei Paesi dominanti. Pur essendoci più possibilità di comunicazione dal basso, queste appaiono quasi annullate da una produzione sovrabbondante e sovrastante di comunicazione. Le informazioni e il tipo di comunicazione che circolano e attraggono sono quelle immesse dai grandi produttori di informazioni. E ora, rispetto a qualche decina di anni fa, le moltitudini sembrano più rimbambite dai mille grandi fratelli che aver preso maggiore coscienza. Un rincoglionimento globale, ma pur sempre un rincoglionimento.

Pertanto, può darsi che i nuovi strumenti informatici aprano nuovi spazi, ma sicuramente non possono essere usati acriticamente. Occorre capirne il funzionamento, avere un pieno controllo del mezzo.

Il linguaggio della subcultura tecnologico-aziendalista

Come una decina d'anni fa l'aggiunta del suffisso ".com" alla ragione sociale bastava a dare una patina di nuovismo ed efficienza all'azienda o all'organizzazione, così oggi il suffisso "due punto zero" è diventato la nuova carta vincente. E' tutto un fiorire di 2.0: internet 2.0, il web 2.0, la politica 2.0, il candidato 2.0, il comune tal dei tali 2.0, qualunquecosatuvoglia 2.0 e ora si vorrebbe anche il sindacato 2.0, anzi le UNIONS 2.0.

Sul piano del linguaggio questo denota una totale sottomissione alle logiche aziendali dominanti. Nel documento di presentazione delle "Unions 2.0" si trovano i tipici neologismi della cultura aziendale del tipo "IBMer" "ibmmer" "release", showrooms, kickoff, "ma anche" espressioni fumose che lasciano basiti: "...contribuiscono ad incrementare l'analisi e l'archiviazione dell'intelligenza umana in un megacervelloglobale web-based distribuito." Per dirla con Nanni Moretti, ma come parli? Le parole sono importanti! Megacervelloglobale web-based distribuito? Io non parlo così.

L'uso di questo linguaggio pseudo-tecnologico e pseudo-commerciale accomuna il sindacato (o la politica) a un qualsiasi prodotto software, le cui versioni vengono distinte appunto da una serie di numeri che indicano la versione del prodotto, denotano rispettivamente la "major release" e le "patch" ai "bug".

Rifiutiamo l'imposizione di questo tipo di subcultura. Non siamo un vuoto a perdere, né un marchio registrato, né un prodotto di mercato.

A questo tipo di linguaggio, ma anche rispetto al modello di comunicazione politica oggi diffuso, in cui la linea viene indicata nei salotti della televisione tra un accavallamento di gambe e la preparazione di un risotto, è addirittura preferibile un linguaggio provocatoriamente vetero-sindacalese. E' meglio che le scelte politiche siano espresse in un comunicato da Comitato Centrale, segnalando così una differenza di aproccio, l'esistenza di una altro punto di vista, piuttosto che in una intervista estemporanea del leader di turno e piuttosto che in un post dell'admin del blog.

Democrazia e Partecipazione

Alla base di questa nuovo ipotetico modo di fare sindacato, vi è l'idea, vecchia di oltre cent'anni, che i burocrati a guardia dell'ortodossia ai vertici degli organismi sindacali stiano ostruendo la via a una massa di lavoratori inferociti che aspetta un segnale per fare la rivoluzione.

La situazione non è questa. Se fosse così, considerando che ormai il web 2.0 è una realtà, perchè non vi è traccia di sommosse dal basso dei lavoratori in rete? Perchè non ci sono reti sociali duepuntozero di lavoratori (a parte qualche sparuto caso che emerge solo grazie alla sporadica attenzione da parte della vecchia TV – per esempio nel caso dell'esternalizzazioni del call center Vodafone) che spontaneamente rivendicano maggiori diritti, parlano dei problemi del lavoro e della sua organizzazione?

Ammesso e non concesso che ci sia un desiderio di partecipazione "dal basso", o meglio, ammettendo che il sindacato sia riuscito a generare questa voglia di partecipazione anche attraverso i nuovi strumenti, di quale forma di partecipazione, di quale modello organizzativo il sindacato si dovrebbe dotare?

I fautori del sindacato di nuova generazione si pongono l'obiettivo di spostare il centro dirigenziale, dal sindacato stesso ai lavoratori, in una logica partecipativa, estesa e democratica.

A noi pare che questo nuovo modello organizzativo, più che spostare il centro decisionale, annulli qualsiasi forma di azione coerente condivisa e porti ad un modello anarcoide nel quale il primo che si sveglia decide di fare quello che gli pare e, cosa ancor più grave, può imporre di fatto le sue scelte agli altri. In questa forma organizzativa, dove, come e quale soggetto prenderebbere le decisioni collettive? Come potremmo consapevolmente dirigere l'azione sindacale, se il web2.0 "e' il concetto di un pensiero collettivo, di una INTELLIGENZA COLLETTIVA senza un'autorità centrale, quindi non controllabile"?

Nonostante la facilitazione nella creazione di reti sociali, gli strumenti web2.0 per la maggior parte sono essenzialmente individualistici. Come coniugare questo tipo di partecipazione con una modalità decisionale democratica?

La struttura delle organizzazioni sindacali è certamente pesante e a volte anacronistica, ma rappresenta ancora un punto di forza: un'organizzazione che vuole rappresentare unitariamente gli interessi di tutti i lavoratori. Temiamo che spostando (distruggendo) il centro decisionale la forza si disperderebbe in mille rivoli nelle innumerevoli reti sociali rendendo ancora più indifesi i lavoratori.

Che cosa è il web 2.0

Il cosidetto web 2.0 è un'estensione del web costituita da una serie di applicazioni distribuite in rete più o meno interattive in tempo reale. Tecnicamente, il disaccoppiamento dei contenuti dalla grafica e dal codice software ha permesso alla grande massa degli utenti di internet di diventare non solo fruitori ma anche produttori di informazioni. Queste tecnologie, inoltre, facilitano la condivisione di informazioni e quindi la formazione di reti di utenti con comuni interessi, quello che viene chiamato il "social networking".

Cerchiamo di analizzare, partendo dalle nostre esperienze dirette, uno di questi strumenti.

Il blog

Il weblog, o blog, è uno degli strumenti della galassia web 2.0 (o forse per l'avanguardia è ancora uno strumento web 1.5). Il blog a seconda del taglio dell'autore è un diario o un giornale che pubblica notizie, articoli o racconti (detti tecnicamente "post") che i lettori possono commentare in rete. Le notizie sono archiviate in ordine cronologico e classificate con la modalità delle etichette (dette spesso tag).

Uno dei vantaggi del blog rispetto a un più tradizionale sito internet consiste nel fatto che l'autore non si deve preoccupare del codice html e della piattaforma che regge il blog stesso, ma si dedica esclusivamente ai contenuti che vuole pubblicare. Quindi anche i non esperti di informatica possono diventare autori di contenuti. A corredo del blog esistono numerosi servizi che facilitano uteriormente lo scambio di informazioni e il mantenimento di reti di autori, di amici che condividono gli stessi interessi.

La scorsa estate abbiamo deciso di integrare il sito delle RSU IBM con un blog in modo che anche altri lavoratori o altri lettori potessero facilmente commentare le notizie, i comunicati e gli altri documenti pubblicati. Da settembre il blog "Non solo aibiemers" è attivo come appendice del sito principale con alterni risultati di partecipazione.

Per un blog di un'organizzazione si pone subito un problema rispetto alle "regole" del blog. Uno dei punti critici consiste nella caratteristica essenzialmente individuale di questo strumento: il blog funziona se il singolo può riversare in rete immediatamente i suoi pensieri o le sue notizie fresche fresche. Se ogni volta il pezzo deve essere condiviso tra un certo numero di persone si perde quella immediatezza e tempestività che fanno la fortuna di un blog. Non per niente il più famoso e diffuso blog italiano è quello di Beppe Grillo, non proprio un modello di comuncazione collettivo.

Per superare questo ostacolo, dal punto di vista della gestione, per ora, abbiamo optato per un autore/amministratore singolo ma collettivo che interviene a nome della RSU di Segrate e di lasciare l'area dei commenti libera ad ogni contributo individuale e quindi di rispondere singolarmente alle domande che sarebbero state poste. Insomma più che un blog è diventato un forum, ma a tratti qualcosa di buono è emerso.

Si potrebbe far diventare tutti autori dello stesso blog (blog a multi utente) o si potrebbe creare una rete di blog individuali di lavoratori, ma in quel caso come si potrebbe giungere ad una sintesi?

Non tutto è da buttare, ma lo strumento ha la sua grammatica che non è del tutto imparziale. Si potrebbe pensare al blog e ai blog come ad assemblee pubbliche aperte, come a dei capannelli di persone che discutono in piazza. Non si costruiranno grandi teorie e non potranno sostituire il modello organizzativo esistente, forse la discussione rimarrà ad un livello poco superiore a quello del bar, ma si potrà cercare di diffondere in rete certe parole, certi temi.


Second Life - Ma SL è 2.0?

Riteniamo che il mondo virtuale di Second Life non sia assimilabile agli altri strumenti due punto zero e difatti si parla di web 3d (o addirittura 4, anche se francamente ci sfugge quale sia questa quarta dimensione). Il software e i contenuti di SL risiedono su server di proprietà di Linden Lab. Basterebbe questo per evidenziare la contraddizione di chi propone al tempo stesso "l'utilizzo di strumenti informatici web 2.0 e web 3d/4, in logica open source, per promuovere comunicazione sindacale..." e l'utilizzo di uno strumento che, seppur basato su un sistema operativo e un data base open source, è pur sempre di proprietà di Linden Lab. A differenza di un blog, di un sito, di un forum, con SL non è possibile controllare completamente lo strumento nemmeno in linea di principio.

La vicenda di SL ha comunque sollevato fra noi varie reazioni e discussioni. Alcune posizioni personali emerse sono riportate in Appendice.

Conclusioni, in sintesi

1) E' indispensabile che le Organizzazioni Sindacali, a tutti i livelli, prendano in considerazione le nuove forme di comunicazione e partecipazione. Questo aspetto troppo spesso non viene preso nella dovuta considerazione, ma un'analisi anche superficiale delle presenze in Rete ci mostra che c'è molta più trascuratezza alla base che al vertice: mentre i siti delle OO.SS. sono a un livello perlomeno accettabile, è desolante vedere quanti siti di RSU o in generale "di base" siano morti o moribondi o estremamente trascurati. Questa semplice osservazione già rende poco credibile la tesi che ci sia un vasto interesse popolare conculcato da burocrazie miopi e conservatrici. Come RSU IBM facciamo parte della sparuta pattuglia di chi ha creduto nell'innovazione tecnologica, e vi ha investito per più di un decennio.

2) Prendere sul serio l'innovazione tecnologica vuol dire anche verificarne i limiti e l'integrazione con le forme tradizionali. Esempi banali: pubblicare i comunicati tanto in internet quanto sulle bacheche fisiche (che permettono una fruizione più collettiva, suscitano discussioni nei gruppi che vanno in mensa insieme ecc.); mettere a disposizione le presentazioni mostrate alle assemblee anche per chi non ha potuto partecipare; mantenere una memoria storica e fruibile anche a ex dipendenti, studiosi, e in generale a chiunque sia interessato.

3) Siamo ora di fronte a una nuova soglia di sviluppo tecnologico che permette una maggiore interazione, che tende però a divaricarsi fra un puro aumento del disordine e del rumore (al limite, tutti che parlano contemporeanamente, e nessuno ascolta) e l'offerta di mondi pre-strutturati che possono anche offrire forme di democrazia-giocattolo ma che sono l'essenza della direzione occulta e pervasiva (non solo le regole vengono decise da un livello superiore non contestabile, ma esse sono anche "implementate" nel software del mondo virtuale, e rese così assolute). O, più banalmente, possono comportarsi come normali prodotti industriali di moda che scompaiono dopo aver fatto il loro tempo, o il loro flop. Stiamo provando la validità del blog. Alcuni di noi erano anche interessati a una scorreria "neosituazionista" in Second Life. Nessuno, a trasferircisi. Arriveranno altre cose multicolori. Daremo un'occhiata anche a loro.

4) A nostro parere l'elemento essenziale dell'azione sindacale non è lo strumento tecnologico che la veicola e magari la facilita, ma i suoi contenuti: a quali soggetti si rivolge, quali valori e interessi individua, in quale posizione di ascolto si pone verso i propri interlocutori, quali prospettive offre, quali risultati raggiunge, con quali regole di democrazia verifica i propri comportamenti. Noi non diamo tutti le stesse risposte a questo elenco di questioni, ma per noi è dentro a questi snodi che si decide il futuro e il senso stesso di fare sindacato dei lavoratori.

Appendice

"Second Life" (di Alfio)

"Second Life" è uno degli strumenti suggeriti recentemente per rinnovare la capacità di comunicazione con i nostri colleghi e con il mondo esterno, per attirare l'attenzione sulle vicende IBM, per innovare le forme di lotta e per infastidire "Big Blue" fino al punto da fungere quale strumento di costruzione dei rapporti di forza che, con gli strumenti tradizionali come lo sciopero (astensione dal lavoro), il sindacato in azienda non riesce a conquistare. In altre parole, si potrebbe persino interpretare l'intento dei sostenitori di questo strumento come quello di avventurarsi in un "territorio" nuovo, all'interno del quale è possibile trovare la maniera di scuotere i colleghi dal loro apparente torpore o, se si preferisce, indifferenza a qualsiasi forma di mobilitazione a sostegno di legittime rivendicazioni. Molto più semplicemente, almeno così io la penso, la proposta di costruire una presenza sindacale in Second Life nasconde il convincimento che, attraverso uno strumento nuovo quanto poco conosciuto, si possa superare il vuoto di progetto o, peggio ancora, porre rimedio ai tanti errori di una strategia sindacale poco convincente.

Iniziamo a sgombrare il campo da un equivoco, solo in appararenza nominalistico, generato da un abuso del termine "sciopero". Di qualunque cosa si tratti, sicuramente non si può parlare di sciopero, e nemmeno di sciopero virtuale. Lo sciopero è una cosa seria, è un'astensione collettiva dal lavoro e presuppone che vi sia un rapporto di lavoro subordinato. In questo caso non sono presenti lavoratori in Second Life e non si capisce da cosa possano astenersi. Al massimo si potrà parlare di una manifestazione originale.

Riteniamo opportuno fare un poco di chiarezza su questo mondo virtuale e a questo fine abbiamo cercato anche di documentarci il minimo indispensabile; rimane ferma la necessità di maggiori approfondimenti in materia e la scarsa disponibilità a considerare questa tipologia di realtà virtuale come strumento di confronto delle opinioni e di costruzione (sviluppo) di una coscienza collettiva.

Nell'agosto del 2007, il prestigioso mensile americano "Wired" – ripreso da un lungo articolo a pag. 17 di Repubblica del 13 agosto 2007 – e, prima di lui, l'inglese "The Guardian" (dicembre 2006), sostengono trattarsi di un bluff. Second Life, aperto in rete nel 2003 dalla Linden lab, "è diventato un luogo solitario pieno di cattedrali nel deserto":

- le sue 10.000 isole "piene di edifici strabilianti messe in piedi da multinazionali di ogni dove per attirare orde di consumatori", sono tutte abbandonate e i suoi 300.000 abitanti prediligono i "sex shop", "ma solo 70 alla volta", perché i server non riescono a gestirne un numero maggiore;

- dei quasi 9 milioni di residenti totali (tanti ne dichiara Linden Lab): l'85% sarebbero entrati una sola volta in questo modo virtuale senza più ritornarci e, dei rimanenti, ne andrebbero depennati almeno una metà (perché avere uno o più "avatar" è considerato "trendy" o molto più semplicemente alla moda, perciò qualcosa da avere o da fare per esibirlo in caso di necessità).

Quindi, la popolazione reale è sicuramente ben poca cosa rispetto ad altri mondi virtuali frequentati stabilmente da milioni di utenti: basti pensare alle comunità che animano la cosidetta "blogosfera" o le piattaforma "You Tube" e "Flickr".

Sebbene questo tipo di tendenza sia tipica degli esordi di molti dei nuovi mezzi di comunicazione creati negli ultimi anni, riteniamo che questo strumento sia ancora decisamente immaturo.

Uno degli altri argomenti a sostegno di chi insiste sulla necessità di una presenza in Second Life è rappresentato dal fatto che aziende come Coca Cola, IBM, Nike, Microsoft, Nissan, Sony, ecc…, hanno speso milioni di dollari per costruire le loro sedi in questo mondo virtuale.

E poi quali sono le ragioni di così grandi investimenti da parte delle multinazionali? E' utile continuare a citare sempre la stessa fonte, il mensile americano Wired, che riferisce le dichiarazioni di Michael Donnelly, capo della divisione interactive marketing della Coca cola: "Mi sembrava di essere entrato nel film Shining. Non c'era nessuno e non c'era nulla da fare. La mia isola virtuale è visitata da non più di 15 persone al giorno". Una domanda sorge spontanea: perché spendere tanto? La risposta è semplice e desolante: perché di Second Life si parla tanto. In sintesi, Second Life ormai vive sui media tradizionali - includendo tra questi ormai anche i siti internet -, è sponsorizzato e indicato come un modello per produttori e consumatori, è definito come luogo d'incontro, è incoraggiato come forma di superamento di limiti personali come la timidezza, …. Ma in realtà non è nulla di tutto questo. Il mondo della pubblicità vive nel terrore, perché gli strumenti pubblicitari "tradizionali" non funzionano assolutamente più e quindi i suoi maggiori operatori "si buttano a capofitto in qualunque cosa gli capiti a tiro, anche se non capiscono limiti e potenzialità".

Mario Gerosa, un bravo giornalista esperto del mondo virtuale costruito dalla Linden Lab e sul quale ha scritto anche un interessante libro (Second Life, edizioni Melteni), sostiene che esistono due Second Life, una sui server della Linden Lab e una sui "media", … e la seconda è infinitamente più importante. L'agenzia di stampa Reuters stava aprendo una sua sede in questo mondo virtuale, contemporaneamente arrivò la notizia di una giocatrice cinese che aveva guadagnato un milione di dollari vendendo immobili in Second Life e così… iniziò un flusso di articoli di stampa che non si è più fermato, alimentandone il mito, ma fuori dal "gioco" stesso.

Insomma Second Life, secondo le fonti che ho citato (ma non ne ho trovate altre, oppure ho cercato poco), sarebbe diventato il primo ad essere un mondo di fantasia: "una quinta teatrale immaginaria, o se preferite, uno specchio, dove mettere in scena paure e speranze generate dalla tecnologia e dal World Wide Web": in poche parole, sarebbe stato pesantemente gonfiato (pompato) dalla stampa e dagli altri media tradizionali.

Forse, nel nostro piccolo caso IBM o di Sindacato che cerca strumenti più efficaci per operare in azienda, anche noi stiamo cercando di rappresentare le nostre paure in un contesto, come Big Blue, dove la tecnologia l'ha sempre fatta da padrona. Oppure, ma ciò sarebbe veramente una tragedia, stiamo cercando "scorciatoie" in una fase caratterizzata dall'assenza di un progetto sindacale sia per quanto ci riguarda, sia per quanto concerne, più in generale, le aziende come quella in cui lavoriamo.

Una valutazione della manifestazione sindacale su SL (di Francesco)

Il 27 Settembre scorso è stata organizzata, non senza qualche forzatura rispetto ai procedimenti decisionali delle RSU e delle Organizzazioni Sindacali, la prima manifestazione sindacale nel mondo virtuale di Second Life a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto aziendale in IBM Italia..

Molto frettolosamente è passata l'idea che la manifestazione sia stata un grande successo. Ma al di là dei titoli sui giornali e dei due minuti di gloria in televisione, cerchiamo di analizzarne la riuscita partendo dai dati che gli stessi organizzatori hanno fornito.

Secondo gli organizzatori dell'evento, nell'arco di 12 ore, presso 8 sedi virtuali IBM, 1853 avatar hanno partecipato alla prima manifestazione sindacale su Second Life.

Ammesso e non concesso che si sia trattato di 1853 persone distinte (siamo sicuri che un avatar che entri, esca e poi rientri dopo 30 min non sia contato due volte, come capita nei contatori dei siti internet... 1.0 o 2.0 che siano?), supponiamo che circa i tre quarti di queste persone fossero dipendenti IBM (come potremmo controllare questo elemento? O i fautori delle manifestazioni su SL ritengono che questo dato sia del tutto irrilevante?). Diciamo che 1390 dipendenti IBM hanno partecipato alla manifestazione. Sono tanti o sono pochi? Non ci sono precedenti con cui raffrontare, ma è possibile, poichè la manifestazione era mondiale, valutare questo numero rispetto alla popolazione IBM mondiale: circa 360000!

Fatta la proporzione con il numero di dipendenti IBM Italia, è come se, in una manifestazione italiana, avessero partecipato ben 25 persone! Meno della metà del numero dei rappresentati sindacali di IBM Italia. Per usare un eufemismo, non ci pare un risultato particolarmente entusiasmante.

Qualitativamente inoltre la manifestazione è stata molto povera: quando ho partecipato nell'ora che doveva essere di maggiore affluenza ho trovato al massimo una quarantina/cinquantina di persone nel sito più affollato. La confusione regnava sovrana.

Sul piano mediatico questa nuova idea sembra "bucare lo schermo", la notizia si è diffusa rapidamente in rete prima dell'evento, anche grazie ad un comunicato-non comunicato della RSU di Vimercate ripreso – forse un po' troppo frettolosamente - da importanti organi d'informazione come l'Unità (addirittura in prima pagina on line).

Molti siti specializzati italiani (Punto informatico) ed esteri (The Register, PC Advisor, Regdeveloper, Information Week, Out-low, Businessweek, Libcom, SL reader, Infoshop) ne hanno parlato diffusamente. Ed infine nello stesso giorno della protesta la manifestazione ha conquistato la televisione nazionale. Due o tre minuti del TG3 Nazionale delle 19. L'apoteosi.

Ma il messaggio che è passato (a parte la voluta confusione tra lo "sciopero virtuale" e la manifestazione) non è stato il contenuto della piattaforma rivendicativa ma la novità in se dell'evento. Finita la novità, come sarà possibile riprodurre il successo?

Il "sequel"

Il 27 Marzo 2008 si è svolta una seconda manifestazione globale virtuale su Secon Life per protestare contro le esternalizzazioni (ma bisogna proprio dire "outsourcing"?) dei colleghi IBM NSD verso AT&T.

L'iniziativa è stata indetta da IWIS solo due giorni prima dell'evento mentre il 20 Marzo è apparsa una prima nota da parte di una non meglio definita "IBM SL STRIKE ORGANIZATION" che annunciava questa seconda protesta su second life. A proposito di democrazia.

Secondo le fonti degli stessi promotori della protesta

(http://ibmslprotest.blogspot.com/2008/03/manifestation-virtuelle-globale-ibm.html)

circa un centinaio di avatar, compresi giornalisti e simpatizzanti non dipendenti IBM, ha manifestato nell'arco delle quattro ore durante le quali si è svolta la manifestazione. I media tradizionali che ne hanno parlato, da centinaia che erano per la prima protesta si sono ridotti a meno di una decina. Per non infierire non ci mettiamo a fare il conto dell'incidenza numerica dei manifestanti.

Sempre a proposito di "democrazia dal basso", girando un po' per la rete duepuntozero, scopriamo sul blog di SL Unions che la RSU di Vimercate si è unita al progetto Union Island (bisognerebbe poi dire ai pionieri della nuova generazione di sindacato, che al massimo la RSU di Vimercate rappresenta i lavoratori Ibm di Vimercate e non di tutta Italia, va beh dettagli dirà qualcuno).

We're happy to announce another partner organisation have joined the Union Island project. Rappresentanza Sindacale Unitaria IBM Vimercate (or RSU IBM Vimercate to their friends) represent workers at IBM in Italy, and if that sounds familiar, it's because they are something of Second Life union pioneers, having co-ordinated a very successful in-world protest in September 2007, as part of a campaign to resume suspended negotiations over a pay cut for IBM Italy staff.

Insomma all'insegna del "facciamo un po' quello che vogliamo", non proprio un modello di democrazia a cui ispirarsi.

Scopriamo anche che (http://www.slunions.org/2008/03/new-project-partners-rsu-ibm-vimercate/#more-71) il noto avatar Barillo Kohnke pubblicherà testi e articoli per conto della RSU IBM Vimercate sul sito/blog SLunions.org. La RSU di Vimercate ne è al corrente?

Commento Giovanni al progetto Unions2.0

E' certamente positivo interessarsi e cercare di comprendre una nuova ondata tecnologica e culturale. Meno positivo è non mettere in discussione chi detta le regole del "contenitore" tecnologico che si utilizza. Lo dico in modo volutamente rozzo: si rischia una versione tecnologica e planetaria del "Grande Fratello" (non quello di Orwell), in cui il problema sembra essere entrare nella "casa" e resistervi a lungo, mentre i veri vincitori (padroni) sono quelli che hanno inventato il format, controllano la televisione ecc. Come diceva il vecchio Mac Luhan: "il medium è il messaggio". Forse non è mai stato così vero come in questo caso.

Se "il medium è il messaggio", PRIMA di entrare in un qualsiasi *!?!*.2.0, bisogna capire quali sono le VERE regole del gioco. Davide ci racconta solo l'IDEOLOGIA UFFICIALE del gioco. Faccio un paragone con un'esperienza del recente passato. Negli anni '70 era esploso il fenomeno delle radio libere. Sembrava aver trovato il modo di far parlare tutti: bastava un telefono e qualcuno che ti mettesse in onda. L'idea di riflettere sulle "regole del gioco", anche in senso legale, sembrava un imprigionamento di quella meravigliosa anarchica libertà. Poi è arrivato Berlusconi. Mi sembra che oggi si rischi qualcosa di simile a livello planetario. Nel nostro piccolo, quando abbiamo creato il sito delle RSU IBM (fra i primi in Italia), abbiamo scritto anche un documento di cui dichiaravamo le nostre regole di utilizzo del mezzo. Questa distanza critica è sempre più importante quanto più gli strumenti tecnologici si complicano e si fanno pervasivi, interagendo con le nostre identità di persone (le immagini di YouTube piuttosto che gli Avatar di SL)

E' assolutamente vero che bisogna cercare di interagire con i lavoratori remotizzati di tutti i tipi, ma esistendo già il telefono, i siti, la posta elettronica e i blog, continuo a non credere che l'ostacolo alla partecipazione sindacale sia la comunicazione. Potremmo aprire una Camera del Lavoro in SL e scoprire che non arriva nessuno.

Non condivido l'idea di mobilitazioni fini a se stesse. O perlomeno bisogna raccontarla tutta: che dobbiamo costruire una dimensione internazionale di contrattazione, che significa avere controparti (sindacati e imprenditori) in grado di trattare effettivamente a livello europeo (per esempio). Queste figure istituzionali non ci sono, come non c'è un quadro legislativo (la comunità europea non legifera ma emette direttive che devono essere recepite dai parlamenti nazionali). Questa è una battaglia politica a tutto tondo (anche contro grossi pezzi di sinistra e di sindacati), che non si decide con cortei e slogan. Ripetute mobilitazioni che non portano a nulla generano scoramento nella maggioranza e tentazioni estremistiche ("alzare il livello dello scontro") nelle minoranze più sprovvedute.

Quando poi leggo le cose scritte in appendice, sulle dimissioni di Pontremoli e sul contributo decisivo per sbloccare le trattative, ecco, mi sembra che se queste grandi novità hanno bisogno di questo livello di mistificazione, non so se prevale lo scoramento o la preoccupazione. Sono sempre stato favorevole all'iniziativa in SL, penso che sia stata un'iniziativa positiva dal punto di vista tecnologico, discutibile da quello organizzativo (da parte mia ho partecipato, solitario in almeno la metà dei punti di ritrovo, ma molti altri non hanno avuto il tempo di attrezzarsi), negativo sul piano della gestione del messaggio (slogan non nostri e nessun approfondimento). Credo che abbia avuto un impatto positivo, ma molto marginale, sull'esito della trattativa, e nullo sulla decisione dell'Andrea di cambiare aria. Rivendicare quanto avvenuto come una grande vittoria mi sembra purtroppo molto coerente con l'accettazione acritica delle fanfare delle nuove tecnologie. Non mi piace, e mi preoccupa per l'etica comunicativa che sottende.

Commento di Valeria

Non posso e non voglio addentrarmi nei dettagli dei vari progetti proposti nel documento sul Sindacato 2.0 - alcuni dei quali ritengo condivisibili, altri assurdi e alcuni addirittura controproducenti - ma solo sull'obiettivo che si intende raggiungere creando questo tipo di sindacato. O almeno, l'obiettivo che ho creduto di capire io.

Avrei voglia di dire che intendo trascurare completamente il problema dell'utilizzo degli strumenti informatici, mediatici, virtuali, fisici ecc., nuovi e vecchi, per fare attivita' sindacale, perche' mi verrebbe da pensare che la cosa importante sia scegliere lo strumento migliore per ogni situazione e che l'unica discussione debba vertere solo su quale possa essere lo strumento migliore caso per caso.

Tra l'altro, questa possibilita' di scelta posso anche considerala una seccatura, perche' fa perdere un po' piu' di tempo di una volta: quando si poteva fare solo un ta-ze-bao (ebbene si', cosi' lo chiamavamo!) la discussione era solo sul contenuto. Adesso, invece, oltre al contenuto, potrebbe essere necessario decidere anche della forma..................

Ma talvolta, in certi casi, e forse Web 2.0 e' uno di questi, forma e contenuto non possono essere completamente disgiunti, visto che - e questa e' la mia sensazione - alla fine, inconsapevolmente, quello che diventa essenziale e' la forma, e non il contenuto, che diventa trascurabile.

E a questo si rifa il mio parere a proposito dell'iniziativa su II life fatta l'anno scorso.

Allora ero completamene agnostica, essendo la mia conoscenza del mezzo assolutamente scarsa.

Oggi che ne so qualcosa di piu', ritengo che, nonostante il successo mediatico e anzi proprio in funzione di questo, sarei contraria. Quello che ha avuto successo - checche' ne pensino alcuni di voi - secondo me e' stato il mezzo. E questo, disgiunto dal contenuto, non da' alcun valore alla nostra lotta.

E mentre uno sciopero "vero", che possa creare un danno "vero" al padrone, non si spunta dopo la prima volta, un mezzo indolore per il padrone, dopo la prima volta non penso serva poi piu' a gran che.

Che poi noi non si riesca a fare scioperi che facciano danni veri al padrone e siamo costretti a ricorrere a altro, e' un altro discorso, un problema che ricorrere a II life non risolve di certo.

Partendo da quello che ho personalmente capito del Web 2.0, che mi sembra di capire sia l'idea ispiratrice del Sindacato 2.0, e cercando di mettere da parte la mia inveterata cultura del sospetto, per cui non posso fare a meno di pensare che raramente quello che viene visto con favore dal padrone comporta qualcosa di buono anche il lavoratore - e il fatto che IBM e tutte le altre aziende informatiche appoggino con tutte le loro forze Web 2.0, e' un fatto incontrovertibile - quello che che io riesco a capire del Web 2.0 e' che lo scopo che si propone, (quello ufficiale e positivo, intendo, e non quello che io sospetto occulto e negativo), sia di trasformare i fruitori di un mondo mediatico esistente in creatori del loro mondo mediatico.

Ossia: mentre Internet e la televisione presuppongono un pubblico di individui passivi, che al massimo possono scegliere il contenuto che vogliono fruire, ma che gli viene scelto e proposto da altri, il Web 2.0 dice di voler presupporre un pubblico di individui attivi, che si costruiscono il mondo che vogliono fruire.

E questo e' il punto su cui sono in grande dubbio, sia per il Web 2.0, sia per il sindacato.

Lasciando perdere il Web 2.0, e parlando solo di sindacato, secondo me il sindacato e' - e deve essere - un ente collettivo che tenta di sintetizzare le esigenze della maggior parte dei lavoratori, per fornire il massimo del beneficio per tutti.

Questo mal si accorda con la richiesta di tanti individui singoli, ognuno dei quali vede e vuole massimizzare solo il suo interesse specifico: mi sembra la stessa differenza tra il capitalismo/liberismo (per cui se ognuno massimizza i suoi profitti, tutti - o almeno quelli che sopravvivono - stanno meglio) e il comunismo (che punta invece alla solidarieta' e - se mi e' concesso uno slogan - vuole dare a tutti in base ai bisogni, prendendo da tutti in base alle possibilita').

E inoltre, se e' vero che il mondo mediatico sta andando incontro a una totale individualizzazione e destrutturazione, il mondo legale e burocratico vero in cui viviamo, non ha ancora raggiunto nemmeno il primo scalino di questa destrutturazione - e non so dire se purtroppo o per fortuna.

Percio', indipendentemente da quello che io personalmente penso di questo nuovo tipo di mondo (e che, detto tra noi, mi sembra proprio il mondo di Berlusconi e della Lega), temo proprio che ancora per lunga pezza i lavoratori, per ottenere qualcosa, debbano lottare duramente e personalmente, perche' nessuno da' e ha mai dato niente per niente.

E non riesco a credere che il coinvolgimento dei lavoratori solo a livello di Web (1, 2 o quel che e'), senza che mai ciascuno ci metta la faccia direttamente e personalmente, produca risultati migliori di quelli che si possono ottenere in modi meno "fashionable" ma piu' rigorosi.