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Da: Forum; Diritti sindacali e dei lavoratori

Breve storia dei diritti umani

di: Valeria Bernardi


Per approfondimenti, consultare: Amnesty International, sezione italiana


Introduzione

Nel 1948 l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha promulgato la Dichiarazione universale dei diritti umani.

Questa dichiarazione è nata dopo la seconda guerra mondiale, sull'onda dell'orrore suscitato nel mondo dalle atrocità commesse durante quel conflitto. Nel 1966 la dichiarazione e' stata completata con il Patto sui diritti i civili e politici e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, che sono stati adottati all'unanimità da tutti i paesi dell'ONU.

Purtroppo, molti di questi diritti, in molti paesi, sono ancora disattesi, e anche nei paesi dove essi sono normalmente applicati è spesso necessario continuare a difenderli, perchè possono facilmente essere negati, violati, rifiutati, per i più svariati motivi e con le più svariate scuse. E in quasi ogni paese le eccezioni e le mancanze sono all'ordine del giorno.

Due esempi per l'Italia: in Italia non esiste una legge sulla tortura e non esiste una legge sul diritto di asilo.

Per quanto riguarda la tortura, nonostante la ratifica da parte italiana della Convenzione dell'ONU del 1988 contro la tortura, in Italia esiste solo una legge del 2004 che proibisce il "reiterare" la tortura - e questo significa che almeno un volta si può torturare!

Per quanto riguarda il diritto di asilo, neppure la presenza nella Costituzione italiana dell'articolo 10, che lo prevede, ha garantito l'approvazione di una legge a questo proposito - e l'Italia è l'unico paese in Europa che non l'abbia.

I diritti umani non sono nati con la dichiarazione universale delle Nazioni Unite.

Molti di loro hanno una lunga storia alle spalle, una storia contrastata e complessa, che si è evoluta nel tempo e nello spazio, e alcuni dei diritti che per noi sono banali e acquisiti, un tempo non solo non erano applicati, ma non erano nemmeno stati pensati.

Antichità

La storia dei diritti umani inizia con la storia dell'uomo e i primi documenti legislativi che fanno riferimento ai diritti degli uomini, delle donne, dei bambini e degli schiavi risalgono addirittura a prima del 2000 a.C. in Mesopotamia.

Tuttavia, come sempre, i primi a meditare in modo teorico e astratto sui diritti umani sono stati i greci.

Alcuni filosofi, Aristotele e gli stoici in particolare, affermavano l'esistenza di un diritto naturale (una concezione poi ripresa secoli dopo, da varie correnti filosofiche, dalla scolastica medievale all'illuminismo, con il nome di giusnaturalismo) ossia l'esistenza di norme e comportamenti che gli uomini derivano dalla natura e che devono essere garantiti a tutti gli uomini: al di là del diritto positivo nato dalle consuetudini e dalle leggi, esiste il diritto naturale.

"Il giusto in senso politico esiste in due forme, quello naturale e quello legale: è naturale il giusto che ha ovunque la stessa validità e che non dipende dal fatto che venga o non venga riconosciuto; legale, invece, è quello che non è importante come sia originariamente, ma che è importante una volta che sia stato stabilito" (Etica Nicomachea).

L'esistenza di diritti e leggi di natura e di diritti e leggi legali o positive, talvolta in contrasto tra loro, era già stata descritta in Grecia anche in precedenza, in modo più poetico, da Sofocle, nella famosissima tragedia Antigone, tuttora frequentemente rappresentata a teatro proprio perché il tema dei diritti che spettano a ogni uomo, indipendentemente da quanto le leggi dello stato prevedano, è ancora di grandissima attualità.

Anche a Roma, filosofi e pensatori elaboravano le loro teorie sulla naturalità dei diritti umani. Un esempio? Cicerone:

"... non è lecito apportare modifiche né annullare una vera legge... conforme a natura, diffusa tra tutti, costante, eterna... essa non sarà diversa a Roma e a Atene, oggi o domani" (De Republica)

Dal punto di vista pratico, però, in Grecia, come del resto a Roma, le cose non erano così semplici e tutti i diritti (naturali o legali che fossero) erano estremamente limitati. Per i greci, gli "uomini" a cui i diritti si applicavano erano solo i cittadini. E i cittadini che godevano dei diritti politici e sociali erano solo una minima parte della popolazione: i maschi, adulti e liberi (intesi come non schiavi), spesso in possesso di certi requisiti economici - ricchi, insomma. Ne erano esclusi tutti gli altri, per non parlare di bambini, donne e schiavi.

Questa differenza di diritti tra le varie componenti sociali di un paese o di una città non è qualcosa di molto lontano nel tempo, come uno potrebbe pensare, non è una regola che valeva solo centinaia e centinaia di anni fa tra i greci e i romani: è il leit motiv della storia dei diritti umani, almeno fino al secolo scorso.

Esempio ne è un diritto banale e elementare come il diritto di voto: le ultime restrizioni di tipo culturale (non essere analfabeti) e economico (pagare una tassa) negli USA sono state abolite negli anni 70; il voto alle donne nella civilissima Svizzera, nel cuore dell'Europa, venne "concesso" nel 1971 (meno di quarant'anni fa); in Italia il suffragio universale maschile data 1912, meno di cent'anni fa, mentre il voto alle donne risale al 1946.

Medioevo e età moderna

In Europa, con il medioevo, il principio ideale di uguaglianza e fratellanza tra gli uomini che il Cristianesimo propugnava, si scontrava (e veniva sconfitto) con la realtà politica, economica e culturale: l'uguaglianza valeva solo in cielo (dopo morti), sulla terra le differenze erano essenziali e l'applicazione dei diritti agli uomini dipendeva ancora dal loro status sociale e economico: nel medioevo, i fondamenti del potere politico presupponevano una rigida gerarchia e profonde diseguaglianze sociali.

I servi della gleba (gleba=zolla di terra) - sull'ultimo gradino della scala sociale e gerarchica - non erano propriamente degli schiavi, ma poco ci mancava: erano praticamente come cose o animali, che si potevano vendere o scambiare insieme alla terra, a cui erano legati e che dovevano lavorare per conto del proprietario, pagando un affitto e fornendo prodotti o prestazioni (decime o corveé).

Anche gli altri, gli uomini liberi, i signori, il clero, i cittadini, avevano tutta una serie di obblighi e di restrizioni nei loro diritti, e i diritti non erano certo universali, erano rivolti a un individuo, più spesso a un ceto, talvolta a un villaggio, a una città, a un'abbazia... Esisteva insomma un'infinità di diritti e ogni persona godeva di diritti suoi specifici, diversi dagli altri: si trattava di un sistema giuridico in cui la legge NON era uguale per tutti.

I pochi diritti di cui godevano allora i servi della gleba, e i via via sempre maggiori diritti di cui godevano le varie classi sociali lungo la scala gerachica, allora si chiamavano franchigie (o libertà) e erano normalmente molto più concreti e specifici di come li si intenda oggi (LA LIBERTA'!, I DIRITTI!).

Venivano concessi dal re o dai signori medievali ai loro vari soggetti e erano spesso molto pratici e legati alla vita di tutti i giorni: si riferivano alla possibilità (libertà) di fare certe cose e di non essere tenuti a farne altre, e se c'era la libertà di non essere catturato senza una causa legale, c'era anche la libertà di non pagare un'imposta o di non fornire prestazioni di lavoro, la libertà di scegliere un domicilio o di allontanarsi da casa, fino alla libertà di lasciare in eredità i propri beni alle figlie femmine o alla libertà di andare a raccogliere la legna nel bosco e di non pagare il pedaggio a un ponte...

Ecco perché uno dei più famosi e fondamentali documenti nella storia dei diritti umani che sia mai stato firmato e che risale appunto al medioevo si chiama Magna Charta Libertatum (1215).

Fu il re d'Inghilterra Giovanni Senza Terra (sì, il re cattivo di Robin Hood e Ivanhoe, figlio di Enrico II e fratello e successore di Riccardo Cuordileone) a essere costretto da una rivolta di baroni a promulgare la Magna Charta Libertatum. La Magna Charta contiene un elenco di diritti, quali la libertà per la chiesa, il diritto a non essere condannati senza motivo, il diritto a essere giudicati da un organo legittimo, la proporzionalità della pena ecc... Questi diritti erano comunque concessi solo a tutti gli uomini di condizione libera ma, nonostante quest'ultima restrizione, si trattava in ogni caso di una riduzione dell'arbitrio nella gestione dei sudditi.

Un ulteriore passo, sempre in Inghilterra e sempre nel senso di una maggiore garanzia per i sudditi, risale al 1305 quando iniziò a diffondersi l'uso dell'Habeas corpus, una regola secondo cui una persona doveva essere sottoposta a un giusto processo in un tribunale o essere liberata. In questo modo le persone imprigionate non erano più soggette all'arbitrio dei vari signori e baroni, che avevano giurisdizione locale, ma poteva essere sottoposta a processo in una corte del re, che forniva maggiori garanzie di salvaguardia della libertà individuale.

E' nel 1679 con l'Habeas Corpus Act che l'Habeas Corpus da consuetudine diventa legge, diventando il documento base nell'affermazione dei diritti umani. L'Habeas corpus Act stabiliva che nessuno potesse essere arrestato senza prove della sua colpevolezza.

Infine, sulla strada dei diritti civili, nel 1689 viene approvato anche il Bill of rights (la Carta dei diritti) in cui si affermano una serie di diritti legati al Parlamento inglese (e dunque non i cittadini, ma solo gli eletti), quali la libertà di parola e discussione in Parlamento, il divieto per il re di abolire leggi o imporre tributi senza il consenso del Parlamento e le libere elezioni del Parlamento stesso.

Rivoluzioni americana e francese

E' con le rivoluzioni americana e francese che si arriva alle prime formulazioni dei diritti nel senso più moderno e più vicino alle nostre concezioni.

La Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d'America, attraverso cui le tredici colonie britanniche dell'America settentrionale dichiararono la propria indipendenza dalla Gran Bretagna, segna la nascita degli USA: per gli americani era l'annuncio dell'indipendenza conquistata e la richiesta di supporto interno e internazionale alla loro lotta. La Dichiarazione di Indipendenza fu scritta da Thomas Jefferson, uno dei primi presidenti degli USA, con il contributo di altri, tra cui Benjamin Franklin, il famoso scienziato e politico, sulla base di alcuni precedenti documenti redatti dalle colonie stesse.

La dichiarazione può essere suddivisa in tre parti, di cui quella relativa ai diritti umani è la prima e la più importante per noi. Dal punto di vista teorico questa parte si rifà sia a quei principi "giusnaturalisti", a cui per primo si riferiva Aristotele e che -come già detto- erano stati poi ripresi in seguito da altri filosofi, sia alle teorie politiche di Locke, secondo cui e' consentito ribellarsi quando un governo neghi questi diritti:

"Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità."

Dato che l'obiettivo primario degli estensori della Dichiarazione di Indipendenza era giustamente l'indipendenza, e non i diritti umani, la maggior parte della dichiarazione si concentra sui problemi politici contingenti, attaccando gli inglesi e il loro re. E l'affermazione del diritto alla ribellione, che non è presente in alcun'altra dichiarazione dei diritti umani, è ovviamente tesa a giustificare la ribellione delle colonie.

E tuttavia è estremamente significativo che nella dichiarazione di indipendenza vengano affermati per la prima volta nella storia questi principi teorici, non come discussione filosofica ma come obiettivo da perseguire da parte di tutti gli uomini.

Con particolare attenzione all'insolito riferimento alla felicità. Neppure la Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite si spinge fino al punto di dichiarare che la felicità sia un diritto che deve toccare a tutti gli uomini - si accontenta, ragionevolmente e prudentemente, di parlare di salute e benessere, di riposo e svago...

La prima vera e propria dichiarazione dei diritti umani nasce però con la rivoluzione francese: quella americana, come detto, era solo l'introduzione, la giustificazione morale del diritto delle colonie alla ribellione. La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino della rivoluzione francese ha invece tutto il carattere di una formulazione pienamente consapevole della validità astratta, universale e inalienabile che hanno i diritti per ogni uomo.

Tutti i diritti affermati in questa dichiarazione sono ancora oggi diritti che riteniamo indispensabili per la dignità dell'individuo, e alcuni di questi sono assolutamente e incredibilmente moderni: la non retroattività delle leggi, la tassazione progressiva sul reddito, l'uguaglianza di tutti davanti alla legge, la separazione dei poteri...

Ovviamente, considerando chi ha scritto la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, le condizioni politiche e economiche in cui questa dichiarazione è stata scritta, le sensibilità culturali del tempo, i diritti in essa affermati sono rigorosamente individualistici: la libertà personale del singolo, la proprietà privata... Mancano completamente tutti quei diritti sociali e economici che solo lentamente nel corso del XIX e del XX secolo sarebbero stati riconosciuti come diritti umani e del cittadino: tanto per fare un esempio, durante la rivoluzione francese il diritto di associazione sindacale e di sciopero vennero immediatamente e esplicitamente proibiti con una legge apposita.

L'articolo 1 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino della rivoluzione francese rieccheggia la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti, ma con una forza e una incisività straordinarie:

"Gli uomini nascono e vivono liberi e uguali nei diritti."

Forse, solo la Costituzione italiana ha un articolo 1 altrettanto forte e incisivo, e molto significativamente rappresentativo del cambiamento nella sensibilità culturale verificatosi nel corso del secolo e mezzo che va dal 1789 al 1947:

"L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro"

Oggi

Nel corso del XIX secolo e della prima metà del XX secolo, quando molti paesi europei iniziano a formarsi o a strutturarsi in un modo più moderno e democratico, questi diritti vengono man mano incorporati nelle costituzioni e nelle legislazioni dei vari stati. E' l'onda lunga della nuova consapevolezza dei diritti e doveri dei cittadini, che si andava diffondendo sulle ali della rivoluzione francese e della rivoluzione industriale, delle nuove teorie filosofiche e politiche, delle lotte di liberazione nazionale (per esempio: il Risorgimento) e, alla fine, delle guerre mondiali.

Ma quello che caratterizza le dichiarazioni dei diritti finora esaminate è il riferimento a specifici paesi e ai cittadini di quei paesi. Nonostante l'universalismo del giusnaturalismo filosofico e politico su cui molte di loro si basavano e l'universalismo delle nuove teorie economiche e politiche (per esempio: "Proletari di tutto il mondo unitevi!"), queste dichiarazioni dei diritti non avevano validità nei confronti di tutti gli esseri umani.

In questo senso, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dell'ONU rappresenta un passo storico: perché non è più la dichiarazione dei diritti all'interno di un solo stato, ma è l'estensione dei diritti a tutti. Come scrisse il filosofo Norberto Bobbio:

"Non so se ci si renda conto fino a che punto la Dichiarazione universale rappresenti un fatto nuovo nella storia, in quanto, per la prima volta nella storia, un sistema di principi fondamentale della condotta umana è stato liberamente e espressamente accettato, attraverso i loro rispettivi governi, dalla maggior parte degli uomini viventi sulla terra."

E questo e' stato possibile perché la nascita, dopo la seconda guerra mondiale, delle Nazioni Unite è riuscita a raggruppare sotto un unico ombrello praticamente tutti gli stati del mondo.

L'ONU è nata ufficialmente nel 1945, quando i rappresentanti di 48 stati elaborarono e approvarono la Carta delle Nazioni Unite. Oggi gli stati membri sono 189: praticamente tutti i paesi del mondo. In questo modo, è stato finalmente possibile prendere decisioni in materia di diritti umani che non valessero per un solo stato, ma per tutti.

La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e i successivi Patti sui diritti includono tanto i diritti personali, elementari, basilari, già previsti nelle dichiarazioni dei diritti umani del XVIII secolo (USA e Francia), ma anche quei diritti sociali e economici che il XIX secolo aveva "inventato" - per esempio il diritto al lavoro, il diritto di sciopero, il diritto all'istruzione...

Nella Dichiarazione universale umani è significativo osservare come l'articolo 1 assomigli all'articolo 1 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino della rivoluzione francese, con una piccola, significativa aggiunta:

"Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti"

E l'articolo 2 esplicita chiaramente chi siano "tutti gli esseri umani":

"Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione".

La storicità dei diritti

Le dichiarazioni universali dei diritti umani - come del resto molti dei valori morali e etici di cui l'uomo si vanta di essere portatore, incluse le leggi che li supportano - non sono assolute, ma sono legate alla condizione storica, economica, culturale e politica in cui sono nate e di volta in volta i diritti che propugnano e difendono possono cambiare, e di fatto sono cambiati.

Come abbiamo visto all'inizio, nell'esempio della tragedia di Sofocle, Antigone, uno dei diritti considerati naturali per tutti gli uomini era quello di essere seppelliti secondo le prescrizioni religiose: a Polinice, morto combattendo contro la sua città, Tebe, viene negato il diritto alla sepoltura, concesso invece al fratello Eteocle, morto anch'esso, ma combattendo per la città. Antigone, sorella di entrambi, vuole seppellirli tutti e due e si appella al diritto naturale contro il diritto positivo che le vieta di farlo.

Così nel Medioevo, veniva rifiutata la sepoltura in terra consacrata a un eretico o a uno scomunicato (un reato d'opinione?) - e questo era vissuto come la perdita di un diritto.

Oggi, probabilmente perché ormai nella nostra cultura i morti non sono titolari di diritti e il senso della morte anche per i vivi non ha più la stessa valenza religiosa di un tempo, da nessuna parte si considera la sepoltura come un diritto da difendere.

O ancora: il diritto alla proprietà privata si è evoluto nel tempo, fino a diventare un pilastro nel mondo moderno.

Ma la proprietà privata è nata sì agli albori della storia, con la nascita dei primi insediamenti umani, per diventare lentamente, con lo sviluppo economico, un elemento cardine dell'ordine sociale, ma non senza contrasti.

La storia del mondo può essere vista come una lotta tra le popolazioni nomadi prive di proprietà e quelle sedentarie, dove le seconde hanno vinto le prime: anche quando perdevano, i sedentari di solito assimilavano i nemici e li trasformavano - favorendo così la nascita e la diffusione della proprietà privata: le battaglie tra invasori nomadi e difensori stanziali hanno caratterizzato buona parte della preistoria e della storia umana, dai Dori che calavano sulla Grecia, ai Mongoli che invadevano la Cina, ai Germani che invadevano l'Impero Romano...

E ancora presso alcuni popoli dell'antichità, per esempio gli Spartani, o in alcuni periodi del Medioevo, durante il feudalesimo, la proprietà non era propriamente privata. Certo, nessuno mai contestava il diritto alla proprietà personale - ai vestiti, agli oggetti di uso strettamente privato - ma i terreni e le proprietà immobiliari appartenevano formalmente allo stato o al re, che avevano il diritto di distribuirli e re-distribuirli secondo le proprie necessità.

Ormai questa lotta è quasi finita, e il suo esito è scontato. Ma esistono ancora poche sacche di resistenza di nomadi senza possesso di terre, per esempio in Mongolia o nei paesi sahariani e sub-sahariani, che noi sedentari guardiamo ancora con lo stesso occhio pieno di timore e odio dei nostri antenati. Perché, sennò, tanto accanimento contro gli ultimi nomadi europei, i rom, i sinti, gli zingari?

Il futuro

Così come sono cambiati in passato, molto probabilmente anche nel futuro si renderanno necessarie dichiarazioni e leggi aggiuntive per tutelare diritti che oggi noi ancora non vediamo o intravvediamo appena e che un giorno saranno altrettanto necessari alla felicità dell'uomo come quelli sulla libertà, la vita, la sicurezza della persona...

Due esempi a questo proposito, uno già attualmente in discussione e l'altro chissà, forse tra non molti anni.

I diritti per gli omosessuali fino a 50 anni fa non esistevano.

In Inghilterra, per esempio, essere omosessuale voleva dire andare in prigione, come è successo agli inizi e a metà del XX secolo, rispettivamente, a due dei più grandi uomini inglesi del loro tempo: Oscal Wilde (l'autore di "Il ritratto di Dorian Grey" e "L'importanza di chiamarsi Ernesto") e Alan Turing (lo scienziato inventore "teorico" del computer), che per questo alla fine si uccise.

Oggi è diversa la sensibilità rispetto a questi tipi di diritti e una grande discussione su questo tema è in corso. Perciò, forse, uno dei possibili sviluppi futuri potrebbe riguardare il diritto universale dell'uomo alla famiglia. La dichiarazione dice all'articolo 16:

"Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione."

L'aggiunta della parola "sesso" ("senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza, religione o sesso") a questo diritto universale dell'uomo potrebbe - perché no? - essere una integrazione dei diritti umani in un futuro non molto lontano.

Per quanto riguarda diritti finora ancora mai presi in considerazione, quali saranno i diritti universali dell'uomo relativi alla manipolazione genetica del suo DNA?