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Da: Occupazione, forza lavoro, scorpori, trasferimenti; Amministrazione, Customer Fulfillment, SDC, Deal Hub, STS, Supporto alle vendite; Forum; Sedi di Milano e Segrate

APPELLO ALL'ORGOGLIO

Ho partecipato, come rappresentante della RSU, alle prime battute di questo difficile negoziato e fin da subito ho avvertito, seppure nell'inesperienza del ruolo, la spiacevole sensazione di una parte (l'Azienda) che, pur spendendosi in dichiarazioni di principio a favore di un auspicato accordo, in realtà si rapporta con la sua controparte (le RSU) solo in quanto obbligata da una procedura di legge, in assenza della quale questo confronto forse non sarebbe neppure iniziato.

In tutti gli incontri finora avuti la posizione aziendale è stata sempre di tipo passivo.
Nessuna contro-proposta concreta, in risposta alle proposte sindacali, ma solo la monotona e scontata ripetizione delle imprescindibili esigenze aziendali di ridurre l'organico secondo le indicazioni ricevute dai vertici IBM.

La "melina" messa in campo dall'Azienda risulta evidente anche dalle incredibili domande rivolte alla RSU sul funzionamento di alcuni degli strumenti proposti, in particolar modo sui contratti di solidarietà, che, volendo escludere a priori l'incompetenza e l'approssimazione dei nostri colleghi delle Relazioni Industriali IBM, dimostra ancora una volta la volontà di "prender tempo" ed arrivare "indenni" (per IBM) alla fine della procedura di mobilità.

Davanti ad un comportamento aziendale di questo tipo ci sono solo due possibilità:

La prima, la più facile e meno impegnativa per tutti noi lavoratori, è lasciare che le cose continuino ad andare avanti cosi, con la conseguenza che dal prossimo 1° Settembre 149 colleghi e colleghe, non importa se Tizio o Caio, verranno licenziati.

La seconda, la più difficile, la più rischiosa e, perchè no, la più costosa, è quella di impegnarsi e battersi contro questa decisione aziendale e costringerla a cambiare impostazione in questa trattativa.

Sono anni, e quest'ultima vicenda è l'atto più recente e sicuramente non conclusivo, che il personale cosiddetto di "Staff" subisce programmi di ridimensionamento, di delocalizzazione, di contenimento retributivo, e sempre meno frequentemente gli viene concessa la possibilità di nuovi sviluppi professionali in altri settori aziendali.
Ma questo personale cosiddetto di "Staff", cosi maltrattato e scarsamente considerato, costituisce la spina dorsale di questa azienda, ed al suo interno scorre la linfa vitale del business di questa compagnia. Se una proposta contrattuale viene consegnata al cliente, se un contratto firmato viene caricato nei sistemi aziendali, se una fattura viene emessa, se un pagamento viene incassato, tutto ciņ accade perchè ciascuno di voi, con il suo lavoro e la sua competenza, fa la sua parte affinche' questa Azienda stia in piedi.

Allora io dico a me stesso, a tutti voi, che è arrivato il momento di avere uno scatto di orgoglio, di alzare la testa e raddrizzare la schiena.

Noi, personale cosidetto di "Staff", non siamo lavoratori figli di un dio minore, meritiamo rispetto, almeno quanto quello dei colleghi di altri settori.

Ma questo rispetto, che ci è dovuto, dobbiamo conquistarcelo e legittimarlo con comportamenti coerenti, coraggiosi e determinati, per superare insieme questa difficile crisi aziendale.

Se necessario saremo invitati, nei prossimi giorni, a partecipare ad iniziative di sciopero a sostegno della vertenza.

So che la parola sciopero, a torto o ragione, non piace a tanti di voi ma è l'unico strumento a nostra disposizione che, se usato con intelligenza e determinazione, specialmente in un periodo di fine trimestre come questo, può toccare i nervi scoperti dell'Azienda e costringerla a proseguire la trattativa con spirito diverso.

Qualcuno potrà pensare di non potersi permettere la perdita economica di qualche giornata di sciopero o potrà ritenere di non doversi esporre ad eventuali ritorsioni da parte dell'azienda.

Ai pochi o ai tanti che la pensano cosi io chiedo di fermarsi a pensare per un momento come queste stesse preoccupazioni, pur legittime e comprensibili, non abbiano impedito ai nostri nonni e bisnonni, in epoche storiche diverse e ben più drammatiche, di mettersi in gioco e conquistare tutti quei diritti che ancora oggi ci permettono di avere condizioni di lavoro dignitose.

Stiamo insieme, lottiamo orgogliosamente insieme, e non facciamolo solo per i colleghi più "sfortunati" ma facciamolo per tutti noi, per il nostro futuro e delle nostre famiglie, perche' la domanda non è "chissà se toccherà anche a me" ma "tra quanto toccherà anche a me".

Non so se tutto questo sarà sufficiente ad evitare il disastro, le forze in campo sono spropositate, ma sarebbe imperdonabile non tentarci.

Lo dobbiamo a noi stessi.

Umberto Piretti