Da: La discussione che non ci fu;
Professionalità e qualifiche;
Venditori;
Servizi di Consulenza, Analisi, Progettazione, Realizzazione, Integrazione (GBS, BCS, BIS...)
Evoluzione del mercato e sviluppo della professionalità
Market evolution and skill development
Dear friends,
these reflections were made in 1991. At that time, there was only a
generic alarm about IBM's decadence, but we were (or, at least, I was)
miles away from forecasting our future.
For this, the general tone of the document is soft: this is an appeal to
think freely, more than to fight.
In this text, four main topics are discussed:
1) How the creation of "added value" of software is distributed among
the varius phases of its production; if IBM has an adeguated account
system to evaluate this "value chain"; how IBM's decisions contribute
to improve, or not, software value.
2) The "network firm" model discussed in front of its pratical results,
and the controintuitive effects of its implementation.
3) The validity of cost reduction criteria.
4) The administrative irregularities (tricks ..) regarded as symptoms
of poor proficiency of sales operations.
Our remarks where:
1) I) IBM tends to undervalue the skill needs in SW productions, and
the time required to achieve such skill levels;
II) IBM rewards mainly short terms results in sales, while the
most important bids are long term projects.
2) In networks, the saving in decision making costs and delays may
be vanified by costs in contentions among the "nodes" and by
lack of consistency in the final solutions proposed to the customers.
Moreover, the difficulty of IBM managers to value the importance
and the true role of skills, may bear to "present" important
human resources to indipendent units, and to destroy proficient
work teams.
3) Cost reductions too often mean to transform valuable costs is
greater, but unvaluable, ones. Some examples are supplied.
One of the most important is to save test time and resources in
hw and (mainly) sw productions, that causes an explosion of
troubles later and in far places.
In general, cost reductions produce underestimated waste of work time.
4) Tricks in administrative procedures are expensive deviations in the
normal way of operate. Too often bosses officialy condamn
them, but pratically close both eyes.
In the following monthes, we tried to get the cooperations of some
collegue of ours: the text of this proposal is attached at the end of
this file.
This attempted failed to work; in my opinion, of three reasons at least:
1) Most workers believe the "IBM is always right", so it is a waste of
time to check it.
2) Many workers feel a deep fear to look inside their work role:
they prefer to delegate this task to IBM, looking at her like
"a good mother"
3) The "Consiglio di Fabbrica" its was not very active in pushing this
line, because it should have opened too many hidden question in
unions' role and activity.
Care colleghe, cari colleghi,
il gruppo "Evoluzione del mercato e sviluppo della professionalita'",
costituitosi all'inizio del 1991 in IBM Semea, vi propone alcune
riflessioni sulla capacita' di questa azienda di rispondere
efficacemente ai cambiamenti nel mercato dell'informatica, e sulle
opportunita' e i rischi che si presentano per noi dipendenti.
E' possibile che quando queste note saranno nelle vostre mani, alcune
delle cose citate saranno gia' mutate; ma l'approccio generale
potrebbe mantenere un certo interesse per un periodo piu' lungo.
L'idea di formare questo gruppo precede di circa un anno l'annuncio
della ristrutturazione di IBM Semea conosciuta come "SolCo" o "impresa
rete"; la trasformazione in corso ha gia' confermato qualcuna delle
intuizioni originarie e soprattutto sta offrendo nuove prospettive
e nuovi stimoli alla nostra iniziativa.
Infatti, all'inizio dello scorso anno, si e' incominciato a lavorare
sui seguenti punti:
* Il primo, di ordine generale, nasceva dalla sensazione del
crescente allontamento dai segmenti piu' vivaci del mercato dell'EDP
da parte dell'allora IBM Italia - in una parola, una buona offerta
di HW e di SW di base tradizionale, una preoccupante debolezza nel
SW innovativo, in quello applicativo, nella gestione dei grandi
progetti, nella realizzazione di soluzioni "chiavi in mano".
Una conferma, indiretta ma molto importante, era venuta da ripetuti
interventi di Ennio Presutti stesso, sulla necessita' di cambiare
modo di lavorare a fronte delle nuove opportunita' di business
offerte dall'evoluzione della tecnologia e del mercato.
* Il secondo, di origine piu' quotidiana e concreta, era costituito
dal disagio vissuto da molti di coloro che cercavano di seguire
giorno per giorno i clienti nei loro progetti piu' impegnativi o
ambiziosi.
Queste difficolta' non sembravano nascere tanto dall'impreparazione
o dalla cattiva volonta' dei singoli (elementi sempre presenti in
qualsiasi attivita' umana) ma da un'infinita serie di lacci e
lacciuoli posti dalle regole e dalle consuetudini di IBM Italia.
Come risultato, era molto diffusa la sensazione - specie in filiale -
che la struttura aziendale troppo spesso sprecasse competenze e
risorse umane in attivita' a basso valore aggiunto, o puramente
burocratiche, o addirittura indotte non dalle necessita' del cliente
ma dalle inefficienze della struttura stessa.
Sembrava anche ragionevole pensare che queste difficolta' quotidiane
non derivassero da un fato avverso, ma fossero risultato concreto
dell'impostazione generale e della cultura aziendale.
Nel corso del 1990 l'IBM Italia e' diventata IBM Semea, ha acquisito
nuove responsabilita' e missioni internazionali, ha incominciato ad
"accorciarsi" (riducendo il numero dei riporti verticali) e a darsi
una struttura "a rete" (esternalizzando alcune attivita' e lasciando
piu' autonomia a funzioni interne vecchie e nuove).
Queste rapide trasformazioni sono state seguite da parte nostra con il
piu' grande interesse, sia per le possibili implicazioni personali, sia
perche' sono sembrate una risposta - e quale risposta! - ai dubbi e
agli interrogativi, che da tempo circolavano nei corridoi,
sull'effettiva capacita' del management di comprendere e di governare
le novita' della tecnologia e del mercato.
Tra l'altro, questi cambiamenti sono stati anche una grossa smentita
per tutti i colleghi che teorizzavano l'immutabilita' del modo di
lavorare IBM; per quanto ancora oggi non pochi sostengano - e con
qualche ragione, guardando anche al recente passato - che si sia di
fronte all'ennesimo "cambiare tutto perche' nulla cambi".
Ma, stando almeno alle apparenze, siamo di fronte a un'azienda che ha
implicitamente riconosciuto di aver commesso errori di impostazione,
che ha deciso di correggerli, e che lo sta facendo operando una
profonda trasformazione interna.
Il che non e' poco.
Rimangono pero' alcune domande.
Quali errori ha effettivamente riconosciuto?
Quant'e' serio l'impegno da parte dell'alta direzione di cambiare
rotta?
Quali effetti positivi puo' dare la trasformazione in corso, e quali
negativi, o nulli?
Naturalmente, dare una risposta in questo momento e' una scommessa;
ma vogliamo correre il rischio, innanzitutto perche' cio' puo' aiutarci
a capire qualcosa di piu' di quanto stia accadendo (cosa sempre utile)
sia come individui, sia - a chi interessa - come sindacato.
Inoltre, dietro a questa riflessione c'e' anche l'idea che non tutti
i modi per fare denaro - o, se preferite, per definire l'ottimo
economico - siano equivalenti da punto di vista degli interessi e
delle prospettive dei dipendenti.
Infatti, ci sono strategie che rafforzano l'azienda anche nel lungo
termine e altre che la destabilizzano; scelte manageriali che
attivano sinergie e altre che le ignorano e le vanificano;
decisioni produttive e organizzative che valorizzano la
professionalita' dei dipendenti e altre che considerano il personale
un costo da minimizzare.
Nella successiva parte propositiva, cercheremo di illustrare le
alternative possibili; ora incominciamo a prendere in esame i
cambiamenti in corso in IBM Semea, prestanto particolare attenzione
ai seguenti aspetti:
1) Il problema di determinare dove risieda la creazione di valore
aggiunto lungo il ciclo della produzione e distribuzione del SW,
e se i metodi di rilevazione delle attivita' connesse siano
adeguati a descrivere, e quindi a contribuire a formare, questo
valore.
2) Il paradigma organizzativo dell'"impresa rete", messo a confronto
con certi possibili risultati, controintuitivi e indesiderabili,
della sua realizzazione pratica.
3) La razionalita' dei criteri utilizzati per ridurre i costi
aziendali.
4) Il ruolo delle irregolarita' amministrative come sintomo di
inefficacia delle attivita' di vendita.
* * *
1.1)
Proviamo a partire da qualche concetto di base. Un elaboratore, a
differenza di tutte le altre macchine complesse costruite dall'uomo,
e' (quasi sempre) generico, indeterminato nel suo utilizzo (general
pourpose); e' una "macchina incompleta" che trova la sua utilita'
funzionale solo quando riceve delle specificazioni via via piu'
precise: i sistemi operativi, le applicazioni, i dati.
L'utilita' di questa osservazione puo' essere piu' chiara quando
pensiamo all'evoluzione nel tempo di un'applicazione: le precedenti
"specificazioni" (sia di alto livello, come la struttura generale, che
di basso livello, come le linee di codice) possono essere diventate
obsolete, cioe' errate o prive di significato; si rende necessario un
lavoro di aggiornamento e di sviluppo.
L'attivita' di correggere e di migliorare un'applicazione, o di
sviluppare nuove versioni a partire da un nucleo precedente, puo'
essere molto facile o molto difficile (cioe' costosa) non solo in
funzione delle nuove esigenze, ma anche della struttura stessa
dell'applicazione.
Questa componente di costo in genere emerge chiaramente quando si
cerca di metter mano a del vecchio codice; ma ha un ruolo molto
importante, che se evidente soprattutto agli addetti ai lavori,
anche durante lo sviluppo della prima versione di un'applicazione.
Queste considerazioni ci possono suggerire un parametro per poter
valutare (professionalmente ma anche economicamente) la qualita' del
SW: esso e' tanto migliore quanto piu' "esprime chiaramente" quello
che si vuole che la macchina faccia: cio' permette di sviluppare piu'
rapidamente le applicazioni, e ridurre i costi delle correzioni e delle
versioni successive. (Ovviamente questo parametro non esaurisce tutti
le componenti di valore di un'applicazione: ve ne sono altre come
l'ergonomia verso l'utente finale, l'efficienza di elaborazione,
l'accuratezza dei test effettuati, la portabilita' in altri ambienti.
Abbiamo incentrato il discorso su questo sia per semplicita' sia
perche' contribuisce fortemente a determinare tempi e costi di
sviluppo e di manutenzione, e con essi la possibilta' di soddisfare
anche le altre esigenze).
1.2)
Questa evoluzione dell'espressivita' dei linguaggi ha interagito
con due altri aspetti del mondo dell'informatica.
Dal lato dell'HW, la crescente "astrazione" del SW utilizzato ha
richiesto continui incrementi della potenza di calcolo: conseguenza
molto gradita, come tutti noi ben sappiamo, dai produttori di HW, la
cui competizione ha pero' portato a forti riduzioni del costo unitario
dell'elaborazione.
Dal punto di vista del "resto del mondo", cioe' degli utenti e dei
committenti attuali e potenziali, si e' aperta la possibilita' di
informatizzare attivita' lontanissime dalle prime applicazioni
meccanografiche; attivita' che solo oggi esperimentano il primo
contatto con il mondo EDP proprio a causa della loro complessita'
intrinseca.
E cio' al punto che la difficolta' di affrontare questa complessita'
negli ultimi anni ha sostituito la potenza dell'HW come "collo di
bottiglia" nello sviluppo di applicazioni innovative: si rischia
sempre di meno che non si faccia un'applicazione perche' non c'e'
una macchina di potenza sufficiente, e sempre di piu' perche' non
si e' capaci di "pensarla" (progettarla e codificarla) a un costo
ragionevole.
1.3)
Oltre al valore aggiunto legato alla "bonta' espressiva" di un
prodotto SW, c'e' anche quello legato alla sua "replicabilita'".
Com'e' ben noto, quasi tutto il costo della realizzazione di un
programma o di un'applicazione e' speso nella produzione del primo
esemplare; la replica su larga scala ha costi di riproduzione
trascurabili. Cio' ha due importanti conseguenze:
- il guadagno netto realizzabile con un prodotto SW dipende molto di
piu' dal numero di esemplari (copie) distribuite di quanto non
succeda per un prodotto tradizionale (non si puo' "copiare"
un'automobile);
- il guadagno netto si ottiene "in ritardo" rispetto a quanto succede
per un prodotto fisico, perche' tutto l'investimento e' fatto
("affondato") all'inizio.
Queste due considerazioni indicano come il vantaggio competitivo
legato alla qualita' del prodotto sia molto piu' rilevante di quanto
non accada per i prodotti ordinari; da quanto detto, infatti, per
portare guadagni il SW deve "avere molto successo" (quindi essere il
piu' possibile soddisfacente per il cliente e migliore della
concorrenza) e "durare nel tempo", perche' la produzione a regime
puo' avere costi bassissimi.
Tutto cio' vale anche, e a maggior ragione, quando la diffusione
comprende il rilascio di nuove versioni, (come in pratica succede
quasi sempre): in questo caso si ha una sinergia con i bassi costi
di aggiornamento, consentiti dalla qualita' del SW.
1.4)
Considerazioni un po' diverse valgono per il SW applicativo preparato
"su misura" per il singolo cliente. In questo caso, normalmente non si
accede all'opportunita' di business legata alla replicabilita'.
Ma e' possibile osservare che finora, in IBM Semea, solo in pochi casi
e' stata definita una funzione aziendale che avesse l'obiettivo
esplicito di valutare queste possibilita'.
Cio' ha comportato, in molti casi, non solo
un mancato introito, ma anche un impoverimento professionale dei
progetti: anche per quanto esposto in precedenza, e' inevitabile che le
applicazioni "uniche" vengano fatte piu' al risparmio di quelle
destinate a larga diffusione. Secondo le informazioni raccolte, questo
ruolo potrebbe venir assunto da Intesa e quindi posto all'esterno del
Core Business IBM; il che confermerebbe ancora una volta l'allergia del
nostro management per un reale confronto con il mercato applicativo.
1.5)
L'idea comune a tutte queste considerazioni e' che il successo o
l'insuccesso di un progetto SW (ed entrambi possono essere molto
rilevanti) discendono prima di tutto dalla capacita' di produrre
qualcosa "che funzioni davvero" da punto di vista delle aspettative
del mercato.
Come si ottiene tutto cio'?
Fermiamo la nostra attenzione sul SW applicativo, proprio perche' e'
un campo frequentato con una qualche difficolta' dall'azienda in cui
lavoriamo.
I) Fra le cose necessarie per produrre un buon SW, mettiamo in prima
posizione LA CONOSCENZA PROFONDA DELL'AMBIENTE PRODUTTIVO in cui
l'applicazione deve andare a collocarsi.
Non avere aquisito una buona familiarita' con i modi di lavorare, i
linguaggi, le potenzialita' e i limiti (talvolta nascosti) dei
clienti vuol dire lavorare rimanendo all'interno dell'universo
informatico ed avere pertanto un rapporto puramente immaginario con
il mercato.
L'esperienza degli analisti, che a nostro parere e' il primo fattore
di successo del SW, e' un capitale che si accumula in anni di lavoro
ma puo' essere distrutto in un minuto da una errata decisione
manageriale: quella di prendere una specialista e "promuoverlo",
mandandolo a fare qualcosa d'altro.
Spesso infatti l'azienda sembra non essere capace di tenere
adeguatamente conto del calcolo dei costi e dei benefici del valore
del piu' importante fattore di produzione del SW, le capacita' di
chi lo produce.
Molti non saranno d'accordo. Come, l'IBM non e' famosa per la sua
politica della gestione delle risorse umane? Non dedica persone e
mezzi solo per gestirle? Non spende miliardi a decine per
l'addestramento?
Vediamo queste obiezioni, incominciando dall'ultima, che sembra
cosi' "oggettiva".
La convinzione che il valore di uno skill sia proporzionale al costo
dell'addestramento impartito ha un solo vantaggio: e' chiara e
contabilmente semplice da gestire. Per cui i manager ci sono molto
affezionati. Peccato che sia sostanzialmente sbagliata.
Ovviamente seguire dei corsi e' una condizione quasi indispensabile
per incominciare a fare qualcosa. Ma per il raggiungimento di una
condizione di validita' e maturita' professionale tale da venir
riconosciuta anche dal mondo ESTERNO a IBM, ai corsi bisogna
aggiungere la pratica costante di un ambiente di problemi, di
esperienze, di contatti, di progetti che rappresenta il vero terreno
di coltura delle competenze specialistiche e che non puo' essere
sostituito da null'altro.
Invece, la sopravvalutazione del ruolo dell'addestramento
"ufficiale", insieme con l'abitudine di prendere decisioni sulla
base degli andamenti trimestrali, e una certa faciloneria contratta
in tempi piu' prosperi, portano alcuni dirigenti a riciclare in
continuazione le risore sistemistiche, quasi sempre con il solo
viatico di una settimana a Novedrate o in Fulvio Testi.
Questo comportamento, oltre a creare un problema di comunicazione
con i clienti - alcuni vorrebbero persino essere pagati per aver
contribuito alla formazione dei nostri giovani - puo' demotivare
profondamente tutti coloro che desiderano costruirsi un'esperienza
professionale solida e significativa.
E' inoltre diffusa un'altra convinzione, secondo la quale dopo
alcuni anni di frequentazione di un'area applicativa "non si impari
piu' niente". E' probabile che questa "saturazione professionale"
sia piu' apparente che reale, e sia un'altra conseguenza della
cattiva gestione degli skill, nel senso che non si danno ulteriori
stimoli e opportunita' di approfondimento alle persone per arrivare
a competere realmente con i migliori consulenti esterni (i quali,
tra l'altro, sono pagati molto di piu' per i loro interventi).
Ovviamente, la ricaduta negativa di queste carenze sulla stessa
attivita' di vendita dell'HW e del SW di base e' difficile da
valutare, ma e' verosimilmente assai significativa.
Certo, bisogna avere il coraggio di investire in questa direzione,
favorire contatti sistematici con le universita', i laboratori e le
esperienze piu' avanzate, senza naturalmente limitarsi all'ambito
nazionale, ma sfruttando appieno i vantaggi di lavorare in una
impresa multinazionale; finora invece si sono gestite queste
opportunita' in modo occasionale e soprattutto per motivi di
immagine o per effimere iniziative di marketing.
Comunque, un indizio di quanto la politica di gestione degli skill
sia piu' fumo che arrosto e' dato dall'inesistenza di una
applicazione amministrativa che tenga traccia in modo organico dei
corsi, delle conoscenze professionali acquisite, dei principali
progetti ed esperienze a cui i dipendenti abbiano partecipato.
II) Un altro fattore per vendere SW di qualita' e' la CAPACITA' DI
VENDERLO.
Anche qui la critica puo' sembrare fuori luogo. In IBM il marketing
e le vendite hanno un ruolo rilevantissimo, in termini di
attenzione, risorse impiegate, possibilita' di carriera fino ai
massimi livelli.
Come si puo' fare molto di piu'?
E' opinione di scrive questa nota che il problema non sia quello di
impiegare piu' risorse, ma semmai meno e meglio.
Proviamo a riflettere su alcuni aspetti dell'attivita' di vendita
cosi' come e' stata impostata finora. Ci sono affari che si fanno
vendendo semplicemente dei "pezzi" HW e SW a clienti che sanno, o
quantomeno ritengono di sapere, quello che vogliono; questo e' il
caso tipico degli sviluppi puramente quantitativi (come l'aumento di
potenza della CPU, o il numero di dischi e di periferiche) oppure
di applicazioni standard che risolvono problemi comunemente
sentiti da molti clienti, e che non richiedono personalizzazioni
significative. Per questo genere di trattative, il sistema attuale
puo' anche andare bene, perche' un affare viene prospettato e
concluso - positivamente o negativamente - nel giro di qualche mese
al massimo. Un rilevamento trimestrale e annuale dell'attivita' dei
venditori puo' essere un "descrittore" accettabile dei fenomeni in
esame, e anche se rimane il dubbio sulla reale efficacia di una
competitivita' cosi' esasperata - a fronte magari di situazioni
aziendali o di mercato immodificabili dalle forze di vendita - non
si puo' negare che sia una congruenza degli strumenti di gestione
con la realta' che si vuole governare.
Sempre piu' frequentemente, pero', SR e SE (e la loro linea) si
trovano coinvolti in attivita' di pianificazione, analisi e
progettazione di installazioni e applicazioni, i cui tempi di
sviluppo si misurano in anni, e i cui impatti sull'evoluzione del
cliente possono essere anche a piu' lunga scadenza.
Ebbene, l'approccio commerciale finora seguito o non rileva questi
fenomeni o, peggio, ne da' una descrizione sbagliata, spingendo
le funzioni commerciali a comportamenti antieconomici: "punendo",
ad esempio, gli SR piu' capaci di proporre progetti ambiziosi e a
lungo termine, e premiando quelli interessati solo al giorno per
giorno (o con la fortuna di avere avuto un predecessore piu'
propositivo presso il cliente).
In una parola, finora si e' venduto piu' il presente e il passato
che non il futuro; atteggiamento questo, nel nostro mondo, piuttosto
pericoloso.
* * *
2.1)
Passiamo ora all'altro punto di vista mediante il quale cerchiamo di
comprendere i comportamente di IBM Semea: il paradigma
dell'impresa-rete, che ha ispirato gli artefici del SolCo.
Questo concetto, che e' divenuto molto di moda dalla meta' degli anni
'80, e' stato introdotto dagli economisti e dagli studiosi di
organizzazione aziendale per descrivere e comprendere alcuni tipi di
legami tra aziende che avvenivano in una specie di "terra di nessuno"
della teoria economica, a meta' strada tra teoria del mercato e teoria
dell'organizzazione.
Tradizionalmente, infatti, sono stati presi in considerazioni solo due
tipi di rapporti tra le unita' produttive: quelli organizzativi,
all'interno di un'impresa composta da piu' unita' produttive; quelli
mercantili, tra soggetti economici che comprano o vendono prodotti e
servizi sul libero mercato. In realta', vi sono forme di cooperazione
tra imprese assai piu' complesse (consorzi per raggiungere obiettivi
comuni, scambi formali e informali di competenze, joint study, joint
development ecc.) che, pur essendo sempre esistiti, hanno dimostrato
una particolare vitalita' negli anni '80, e hanno di conseguenza
attirato l'attenzione degli studiosi di teoria economica e
manageriale.
Fra le varie ragioni che hanno determinato l'emergere di queste nuove
strategie organizzative, ce n'e' una di particolare interesse per IBM:
l'esigenza di governare la complessita' dei mercati ad alto contenuto
tecnologico.
Nel caso dell'informatica, per complessita' si intende:
- il progressivo segmentarsi del mercato in nicchie molto differenti
per tassi di sviluppo, grado di maturita', disponibilta' finanziarie,
culture tecnologiche e organizzative;
- l'acuirsi della tensione tra esigenze di standardizzazione e spinte
alla differenziazione (valgano per tutti le vicende UNIX / AIX e
DOS / OS/2), con l'inevitabile ricaduta di problemi di compatibilita'
e portabilita';
- al livello dei mercati mondiali, il ridimensionamento relativo
dell'area nordamericana a fronte della crescita del Giappone e
dell'Europa (si pensi alla suddivisione di IBM Europa in IBM
regionali: Semea, Nordic ecc.), e le prospettive di espansione
in URSS e in Cina;
- il continuo sviluppo della telematica, che sembra tuttora molto
lontano dalla saturazione, con il grande valore aggiunto che puo'
dare alle applicazioni finanziarie, logistiche, amministrative,
e cosi' via;
- lo sviluppo di concetti e di tecniche che consentono di trattare
aspetti sempre piu' "profondi" dell'intelligenza e della conoscenza
umane, permettendone un'analisi e una disponibilita' allargata
finora impensabile;
- la rapida digitalizzazione della telefonia, e dell'elettronica di
consumo (TV, HiFi), con tutto cio' che comporta in termini di
dimensioni e sinergie;
- la crescente disponibilita' di applicazioni sofisticate basate sul
trattamento delle immagini: progettazione, simulazione, analisi
ambientale ecc. .
Questa evoluzione tende a erodere la capacita' dell'alta direzione
delle imprese, di prendere decisioni tempestive ed efficaci, qualora
si mantenga il tradizionale accentramento; nasce quindi l'esigenza di
un paradigma organizzativo che permetta di spostare verso la base e la
periferia una parte delle responsabilita' manageriali.
Questa operazione e' assai delicata perche' il guadagno ottenuto in
termini di riduzione della complessita' a livello dell'alta direzione
deve compensare il rischio di comportamenti troppo disordinati dei
nuovi soggetti decisionali.
Inoltre, si puo' ottenere l'effetto perverso di aumentare ulteriormente
il numero e il potere dei "decisori" legati al breve termine e alla
contingenza, e di trasformare le indicazioni strategiche da assunzione
di impegni reali a puro esercizio di Public Relations.
Queste perplessita' nascono dalla seguente considerazione. A prima
vista, la decisione di adottare un modello organizzativo "vincente"
puo' essere giudicata comunque come una risposta innovativa alle
sfide attuali. Ragionando cosi', si trascura di notare che l'impresa
rete ha avuto soprattutto successo quando e' stata creata "dal
basso", stringendo legami e cercando sinergie la' dove prima c'erano
solo relazioni mercantili e concorrenziali: ad esempio, tra grande
azienda committente e i suoi fornitori, garantendo certi volumi
minimi di ordini per lunghi periodi in cambio di puntualita' nelle
consegne e drastica riduzione della difettosita' (tradizionalmente
i fornitori di grandi aziende venivano messi costantemente in
competizione di prezzo gli uni contro gli altri, e cosi' impediti di
impostare strategie di innovazione e qualita'); oppure in comparti
caratterizzati dalla polverizzazione delle unita' produttive,
con le conseguenti difficolta' di investire in nuove tecnologie
e di adottare strategie di marketing adeguate (i casi classici di
questi due scenari sono l'industria automobilistica giapponese e il
tessile e abbigliamento italiano). In altri termini, l'impresa
rete e' nata molto spesso togliendo "mercato puro" e aggiungendo
"organizzazione" dove non c'era.
Nel caso IBM, invece, la direzione di marcia e' esattamente
opposta: si voglio introdurre rapidamente delle forme mercantili
in luogo delle relazioni funzionali interne.
I toni un po' propagandistici ed emergenziali con cui l'intera
operazione viene condotta, rischiano di coprire la voce di chi
- magari anche all'interno del gruppo dirigente - vorrebbe valutare
in modo piu' attento le sinergie, le "risorse invisibili", le
relazioni informali che verrebbero annullate da questa
destrutturazione.
D'altra parte, cio' che paradossalmente rafforza le tesi dei
decentratori e' che effettivamente i manager di IBM (cioe' in
pratica loro stessi) spesso non sono stati capaci di valutare
correttamente e di valorizzare al meglio questo capitale nascosto.
Sorge quindi un dubbio non bello: che piu' ancora della forma
organizzativa, sia la qualita' e la cultura del management IBM
a costituire il problema. E cio' rimanderebbe ai criteri con cui
l'azienda valuta le persone e determina le carriere. Chi viene
scelto? E come? E da chi?
2.2)
Ma torniamo a una dimensione piu' familiare alla maggior parte di noi.
Qui abbiamo voluto mostrare qualche esempio pratico di come la nuova
organizzazione potrebbe cambiare la vita aziendale, e delle
difficolta' che potrebbero nascere.
* Se le strategie di sviluppo professionale non rimangano accentrate,
c'e' il rischio che le unita' decentrate (per esempio le Solution Unit)
tendano a favorire solo gli incrementi di skill utili a breve per i
loro obiettivi a detrimento di una crescita professionale piu' ampia
(gia' ora, l'IS e' tradizionalmente molto piu' rigido in questo
di quanto non sia la filiale, la quale, da parte sua, tende a
creare skill "enciclopedici", salvo poi lamentarsi della mancanza di
specialisti).
* Se poi il decentramento prende l'aspetto di una vera e propria
suddivisione in un gruppo di imprese specialistiche, possedute da una
holding (come sta avvenendo in IBM Domestic), rischia di andare perduta
anche la possibilta' che il dipendente possa fare esperienza di aspetti
molto lontani della produzione informatica; oggi si possono ancora
avere all'IS persone che provengono dalla sala macchine, in filiale
persone che hanno lavorato in plant, all'education persone che portano
l'esperienza dei laboratori, e cosi' via. Tutto questo sarebbe
di gestione ben piu' difficile tra imprese diverse, e questa
mobilita' diventerebbe piu' l'eccezione che la regola.
Con il rischio che si parli lingue sempre piu' diverse e che ci si
capisca sempre di meno.
* L'abbandono del sistema dei punti per valutare l'attivita' di vendita
sembra essere stato poco meditato. La decisione di guardare
esclusivamente al fatturato, rinunciando a uno strumento di
incentivazione selettiva di certe linee di prodotti e servizi, sembra
confermare che l'alta direzione IBM non ha molta fiducia nella propria
capacita' di dare indirizzi strategici di marketing realmente
impegnativi per tutti.
* Mentre scriviamo queste note, circola con insistenza la voce che il
misuratore del successo delle vendite e delle Solution Unit diventera'
la reddittivita'; crediamo che si intenda redditivita' della singola
Unit. Ma cosa garantisce che la massimizzazione di questa porti alla
massimizzazione della reddittivita' di IBM Semea?
Il punto e' piuttosto delicato, perche' se qualcosa va storto, si
rischia o di vendere prodotti e servizi fuori mercato, o di fare della
beneficenza.
* A proposito di beneficenza, sarebbe necessario riflettere
maggiormente sulle esperienze gia' compiute di esternalizzazione delle
attivita' di sviluppo applicazioni e di System Integration.
Dalle scarne informazioni che circolano, e che ci proponiamo di
verificare, sembrerebbe che vi siano notevoli difficolta'
nell'ottenere dai fornitori il rispetto dei tempi, degli standard di
qualita' e soprattutto dei costi preventivati.
Questi problemi devono essere esaminati con la massima attenzione,
perche' rappresentano nella realta' delle cose uno dei possibili punti
di rottura proprio del paradigma dell'impresa rete.
* Piu' in generale, si notano distorsioni che sembrano nascere
dall'artificialita' di tutta l'operazione:
- i dirigenti provengono spesso dai livelli intermedi della struttura
di IBM, e non riescono a inserirsi produttivamente nel nuovo ruolo,
che richiede piu' autonomia e capacita' decisionale;
- le previsioni di reddittivita' sono generalmente troppo ottimistiche;
- nelle piccole realta' gli skill elevati sono una risorsa critica, ma
il management stenta a ricoscerlo e a proteggerli adeguatamente,
perche' e' abituato a preferire gli yesman, le "professionalita'"
riciclabili all'infinito, le persone che molto dicono e poco fanno;
- in genere IBM e' al tempo stesso azionista e cliente unico di queste
societa', con l'inevitabile conflitto tra le esigenze del cliente e
gli interessi dell'azionista (se il rapporto qualita'/prezzo
dell'offerta dell'azienda posseduta e' sensibilmente peggiore di
quella di mercato, che cosa succede?);
- di converso, o queste societa' lavorano solo con prodotti IBM, anche
quando non sono bene accetti dal mercato, o ne scelgono altri,
diventando indirettamente concorrenti delle forze di vendita IBM;
- piu' in generale, e' probabile che i conflitti di interesse e la
litigiosita' diventino assai piu' difficili e costosi da gestire
(avvocati, trattative...) di quando esistevano riporti comuni.
L'elenco non e' completo, ma si spera che serva a far riflettere su
fenomeni che tutti noi stiamo in qualche misura vivendo.
2.3)
> Comunque, al di la' di queste considerazioni, esiste un importante
> criterio di giudizio sul significato reale dell'organizzazione a
> rete: il potere contrattuale dei "nodi", cioe' dei centri di
> decisione e di profitto della rete stessa.
> E' realistico ritenere che questo potere contrattuale non venga
> tanto espresso dalla proprieta' commerciale dei prodotti, ma dal
> know-how di sviluppo (in particolare per i prodotti piu' complessi,
> come i sistemi operativi, il SW di rete ecc.). Decidere di
> esternalizzare (o NON internalizzare) questo capitale di capacita'
> produttiva, magari perche' sulla carta cio' permette una riduzione
> di costi, vuol dire creare le premesse perche' si verifichino
> vistosi "sbreghi" anche in trame apparentemente solide.
> Abbiamo due esempi recenti di cio': la vicenda dei centralini
> telefonici e l'avventura dell'OS/2.
> Varrebbe la pena di pensarci su.
* * *
3.1)
Il terzo punto riguarda valutazione dei criteri con cui si mira alla
riduzione dei costi aziendali.
E' diffusa la sensazione che in realta' questi "risparmi" spesso
consistano nella trasformazione di una certa spesa MISURATA in un
costo maggiore ma NON MISURATO.
Ad esempio:
- la riduzione del supporto segretariale, non a fronte di una riduzione
di compiti, ma di uno spostamento di questi da una efficiente
gestione segretariale a una peggiore e piu' costosa da parte di SR e
e SE (un esempio per tutti: la conservazione delle fotocopie dei
cartellini orologio);
- l'inesistenza di biblioteche di building, che gestiscano
razionalmente gli innumerevoli manuali tecnici e i relativi
aggiornamenti; come risultato, centinaia di microbiblioteche
individuali, molto incomplete, irregolarmente aggiornate e di
difficile consultazione per i colleghi. Non e' raro che i sistemisti
debbano ricorrere a quelle dei clienti, in genere meglio organizzate,
con le inevitabili perdite di tempo e di immagine;
(e' sperabile che questo problema venga superato nel prossimo futuro
dalla completa disponibilta' di manuali in linea, ma le risorse
sprecate in anni e anni non saranno certo recuperate);
- la continua riduzione dello spazio fisico a disposizione del
dipendente, con l'inevitabile disturbo reciproco, la difficolta'
di concentrazione, l'aumento dello stress, la stetta convivenza
tra fumatori e non fumatori; per non parlare della perdita di
riservatezza nelle comunicazioni;
- la difficolta' a procurarsi macchine su cui lavorare e fare prove
prima di andare dal cliente (e' il genere di "risparmio" piu'
rivelatore della mentalita' con cui questa azienda viene gestita);
- il proliferare di attivita' accessorie non produttive, come
traslochi, kick off e compilazione di un'infinita' di moduli
(molti ancora rigorosamente cartacei: qualcuno dovrebbe informare
la burocrazia degli ultimi trent'anni di successi meccanografici);
a questo si puo' aggiungere la quotidiana lotta contro le
stampanti che non stampano, la complessita' della richiesta di
auto in leasing, e il frequente microcontenzioso con il FIM e la
SAVA;
- la difficolta' a individuare esattamente chi ha la responsabilta'
e la competenza per fare che cosa, e in che modo e' possibile
ottenere supporto; l'attuale modo di operare e' procedere a
tentoni su e giu' per l'organigramma aziendale, perdendo tempo
e facendolo perdere a molti colleghi.
3.2)
> Ma esiste anche un livello di spreco ben piu' elevato e grave:
> quello causato, direttamente o indirettamente, dalla
> difettosita' e dalla ritardata o scadente realizzazione
> delle funzioni previste dai prodotti: per ogni "testa"
> risparmiata in laboratorio nell'analisi, nello sviluppo
> o nelle prove, decine di "teste" (il cui costo e' pero' misurato
> altrove) devono tappare buchi, inventare soluzioni-ponte, tener
> buono il cliente deluso o furioso con promesse e favori di
> ogni genere.
> E' molto forte la sensazione che l'alta direzione sottostimi quanto
> tempo si perda a risolvere non i problemi del cliente, ma i problemi
> che noi abbiamo creato al cliente (e quelli che abbiamo creato a noi
> stessi).
* * *
4.1)
L'argomento delle irregolarita' amministrative e' di per se stesso
delicato e antipatico, e non se ne parlerebbe qui se non avesse una
certa rilevanza come sintomo del degrado dell'attivita' di vendita.
Diciamo subito che le irregolarita' amministrative non sono affatto
incoraggiate dall'alta direzione aziendale; sono invece
sistematicamente e costosamente combattute con verifiche, audit ecc. .
Ciononostante, continuano a verificarsi.
In effetti, il meccanismo e' semplicissimo. Innanzitutto,
qualsiasi dato amministrativo che viene immesso manualmente
(identificativi di macchine, date ...), e non suscettibile di facile
riscontro, e' potenzialmente falsificabile. Se poi questo dato e'
utilizzato da un sistema di valutazioni e incentivi, questa
manomissione puo' essere desiderabile per qualcuno. Aggiungiamo che
queste "tecniche di falsificazione" sono normalmente conosciute
dagli addetti ai lavori, e abbiamo tutti gli elementi necessari.
Il meccanismo si mette in moto, ad esempio, se un capo SR da' a una
sua persona un obiettivo difficilmente raggiungibile con mezzi
regolari, ma conseguibile invece in modo "alternativo".
Beninteso, questo capo non dira' mai che si devono
violare le regole aziendali; anzi affermera' sempre il contrario,
e magari dichiarera' esplicitamente di essere pronto a segnalare
immediatamente qualsiasi trasgressione. A questo punto l'SR e'
sistemato, perche' se rifiuta l'obiettivo puo' venire accusato
di scarsa professionalita' ecc. ecc. e comunque si mette in cattiva
luce con i superiori; se lo accetta, sa che deve "arrangiarsi".
Ma cosi' facendo, la sua posizione diventa molto delicata: un
qualsiasi controllo, ed e' passibile di sanzioni, fino al
licenziamento.
Da questo momento per l'SR puo' incominciare un difficile e
faticoso ballo sulle uova, che puo' durare mesi e mesi.
Questi episodi non vengono alla luce molto frequentemente, ma si
ha il sospetto che siano piu' diffusi di quanto non appaia.
Se cio' fosse vero, cio' sarebbe di danno per tutti, perche'
verrebbe umiliata l'onesta' e professionalita' delle persone,
i dipendenti coinvolti sarebbero in condizioni di grave debolezza
nei confronti dei diretti superiori, si sprecherebbero risorse
aziendali in direzioni sbagliate, e gli stessi dati sull'andamento
degli affari diventerebbero meno attendibili.
Quando poi per disgrazia la faccenda coinvolgesse anche il cliente,
la perdita d'immagine potrebbe essere molto grave.
Anche se probabilmente e' impossibile eliminare del tutto questo
malcostume, bisogna osservare che, ancora una volta, misurare il
successo delle vendite piu' dalle box vendute per trimestre che
dall'importanza delle iniziative e dalla validita' delle
soluzioni offerte ai clienti, puo' giocare brutti scherzi anche
sul piano della correttezza amministrativa.
* * *
5.1)
.
Conclusioni e indicazioni.
Le trasformazioni del mercato dell'informatica sono tali da
giustificare ampiamente uno sforzo da parte di IBM di darsi
un'organizzazione meno "autocentrata" e piu' vicina ai fenomeni
produttivi e di mercato. Se la scelta fosse stata l'arroccamento su
schemi validi nel passato, le prospettive sarebbero ben peggiori.
Le preoccupazioni nascono pero', in ultima analisi, dalla mancata
presa di distanza dal paradigma manageriale tipico di gran parte
dell'industria americana: quello di privilegiare in modo abnorme la
reddittivia' finanziaria a breve termine e brevissimo termine
(l'anno e il trimestre).
Questo atteggiamento, ben descritto da un dirigente giapponese:
"I manager americani hanno un orizzonte temporale di mezz'ora", trae
origine dalle esigenze (finanziarie, e non produttive) tipiche delle
Public Company americane, imprese ad azionariato molto diffuso e
quindi interessato quasi esclusivamente ai risultati economici
immediati, e si riflette sia sulle valutazioni delle opportunita'
di business che sulla gestione degli skill.
Nel caso di IBM Semea, non e' chiaro se la struttura a rete possa
essere piu' di stimolo o piu' di ostacolo nel correggere i limiti di
questa impostazione; sara' necessario osservare con attenzione come
verra' concretamente realizzata, e come si modificheranno i rapporti
con i clienti e con il mercato in seguito ad essa.
5.2)
Con la presente iniziativa, intrapresa da un gruppo di dipendenti in
collaborazione con le rappresentanze sindacali aziendali, si vuole
sperimentare la possibilta' di una discussione delle strategie di IBM
Semea, e di un confronto con la direzione su questi temi.
Cio' implica due cose: da una parte, chiedere la collaborazione
critica di tutti i dipendenti per ottenere un'immagine il piu'
possibile veritiera e chiara del modo concreto di lavorare di questa
azienda; dall'altra, attivare un canale di comunicazione con la
direzione aziendale parallelo ma concettualmente molto diverso
dall'abituale tavolo negoziale.
Questa, infatti, non e' e non puo' essere una vertenza tradizionale:
non contiene richieste normative o salariali, da ottenere con
iniziative di lotta e contrattazioni piu' o meno dure. Qui si sta
esaminando il "core business" aziendale, e le possibili alternative e
conseguenze della sua evoluzione.
L'attuale linea di tendenza dell'azienda e' il frutto di una cultura
manageriale e di una visione del mondo fatte di convinzioni radicate,
di metodi di analisi, e di dati di realta'.
Se la direzione di marcia ci preoccupa - e in effetti lo fa - dobbiamo
innanzitutto capire e discutere queste convinzioni, questi metodi, e
questi dati. Le risorse necessarie sono le esperienze professionali
dei dipendenti stessi, la volonta' di evitare il panico o l'ottimismo
ingiustificati, la capacita' di riflettere su quello che si sta
facendo e su quello che si potrebbe fare.
In questo documento abbiamo esposto delle considerazioni e delle
critiche, e nel seguito abbiamo voluto anche comprometterci con delle
proposte in positivo; ma nessuna di esse e' uno slogan o una bandiera
da prendere o da lasciare. Sono tutte idee raccolte ed elaborate tra
colleghi, e quindi tutte completamente ridiscutibili a fronte di
punti di vista, avvenimenti, informazioni nuove.
5.3) - PROPOSTE:
A) La funzione aziendale di cui in questo momento si sente
massimamente la mancanza e' il centro di competenza per filone
produttivo/applicativo (ad esempio: processo continuo, tessile e .
abbigliamento, grande distribuzione ecc.). Un centro di competenza
dovrebbe essere costituito da un nucleo abbastanza stabile nel
tempo di specialisti di una certa area applicativa (e non di
prodotti), con l'obiettivo di:
- essere di consulenza credibile ai clienti e agli SR per l'area
di competenza;
- assumere, quando necessario, la direzione di progetti specifici,
utilizzando risorse delle S.U., o di terze parti, o dei clienti
stessi;
- essere in grado di valutare e promuovere la replicabilita' delle
soluzioni, sia per le realizzazioni interne che per quelle di
terzi;
- mantenere una conoscenza profonda e aggiornata dello stato
dell'arte nel settore, e delle applicazioni realizzate in IBM
in altri paesi, a disposizione di tutta la Semea;
- migliorare l'immagine di IBM intervenendo autorevolmente nei
convegni specialistici e nelle manifestazioni di settore.
Per poter raggiungere questi obiettivi, i centri di competenza
dovrebbero:
- essere costituiti da piccoli gruppi di specialisti effettivi
del settore, evitando l'attuale dispersione degli skill;
- rimanere di riferimento stabile anche a fronte delle incessanti
ridefinizioni delle strutture di marketing;
- costituire un'evoluzione possibile e desiderabile della carriera
sistemistica;
- identificare i progetti piu' innovativi e interessanti, da
gestire in prima persona, allo scopo di verificare sul campo le
competenze e mantenere una leadership culturale verso i clienti
e le terze parti.
L'esigenza di una simile supporto e' talmente sentito che individui
e funzioni aziendali di buona volonta' lo hanno talvolta fornito
"clandestinamente", forzando e reinterpretando gli obiettivi
ricevuti; impegno lodevole, ma spesso frustrato dalla mancanza di
risorse, di continuita' e di riconoscimenti.
B) L'attivita' di vendita deve essere profondamente ripensata, anche
negli aspetti che in passato parvero assicurare buoni risultati.
In realta' la vita di filiale e' ricca di momenti che potrebbero
apparire quasi folkloristici se non fossero causa di affari
perduti e di fatica e frustrazione per chi li deve subire: dal
rituale delle riunioni di previsione e di pianificazione delle
offerte al cliente, nelle quali quasi sempre le strategie brillano
per la loro assenza, ai surreali picchi di spedizioni di fine anno,
generati esclusivamente dai parametri di valutazione e incentivo
utilizzati.
Comunque sia, a nostro parere la modifica prioritaria deve
riguardare l'ampiezza dell'orizzonte temporale con cui tutta la
struttura di vendita (e quindi non solo gli SR) guarda alla
crescita del cliente e alle opportunita' di business: anche se
non sarebbe ne' facile ne' privo di rischi, si dovrebbe tentare
di passare dall'attuale anno solare a qualche misura basata
sull'arco di 24 o 36 mesi a scorrimento.
In questo modo, si eviterebbe di introdurre discontinuita' e
scadenze artificiose, e si sposterebbe l'attenzione dalle
operazioni di corto respiro ai progetti con maggiore contenuto
professionale e stategico (che difficilmente sono cosi' cortesi
da durare 9 mesi se firmati a marzo, o 3 se decisi a settembre).
C) Si dovrebbero inoltre evitare meccanismi di incentivazione che
possano involontariamente spingere a comportamenti irregolari e
lesivi dell'immagine aziendale. Piu' in generale, si dovrebbero
individuare delle tecniche amministrative di riduzione delle
irregolarita' basate sulla conoscenza dei rapporti reali con i
clienti, invece di ricorrere al solito mix di repressione e
ipocrisia. Ad esempio, si potrebbe offrire a tutti i clienti
significativi il SW in prova temporanea a un prezzo simbolico,
ottenendo ad un tempo un nuovo strumento di marketing e
l'eliminazione del poco simpatico balletto delle copie
clandestine.
D) Gli SR sprecano troppo tempo nel seguire tutti i passaggi
amministrativi dell'ordine dal momento successivo alla firma
fino alla consegna della macchina al cliente; di fatto sono
considerati i primi responsabili di tutte le inefficienze
di un'amministrazione che in teoria dovrebbe essere in grado
di gestire gli ordini senza ulteriori oneri per gli SR stessi.
E' probabile che la direzione aziendale non si renda
pienamente conto delle dimensioni di questo fenomeno, e di
come sia stato aggravato dal moltiplicarsi dei prodotti
disponibili, delle loro interazioni possibili, dalla varieta'
delle forme contrattuali ammesse e, ovviamente, dai soliti
risparmi qualitativi e quantitativi in personale
amministrativo. Specificare chiaramente tutto cio'
di cui l'amministrazione, e non l'SR, e' responsabile, e' il
primo indispensabile passo per liberare tempo di contatto e di
studio del cliente.
E) E' bene che i sistemi di reporting aziendale come SESAR, MARS e
simili affianchino all'attuale impostazione quantitativa anche
informazioni piu' utili ai pianificatori e ai decisori, come
le attivita' svolte all'interno di progetti di ampio respiro,
le azioni potenzialmente "business driver", le esperienze alla
frontiera dello stato dell'arte, i successi nei confronti della
concorrenza piu' agguerrita.
F) Dovrebbe essere a disposizione dei dipendenti un'applicazione
contenente non solo i riporti di ciascuno (gia' presenti in TELE)
ma anche le responsabilta' funzionali di ciascuna unita', e il ruolo
di ciascuna persona in essa; queste informazioni potrebbero essere
inseriti in TELE stesso, se possibile, o in un DB in Ithone o in
INFO, e tenute accuratamente aggiornate.
G) E' necessario rimettere in discussione i criteri con cui si mira
alla riduzione delle spese e del personale. Anche prescindendo
per un istante dai diritti dei lavoratori (che comunque il sindacato
vuole e deve tutelare in ogni caso), colpisce come il risultato
spesso non sia l'eliminazioni di mansioni superflue, ma il degrado
qualitativo di funzioni essenziali, come abbiamo cercato di mostrare.
Noi proponiamo di prendere piu' seriamente in considerazione i
costi indiretti di questo genere di "risparmi" e, piu' in generale,
riteniamo che sia interesse degli stessi SR e SE di poter impiegare
il proprio tempo in modo piu' efficace.
Ad esempio, ogni sistemista che lavori su una certa linea di
prodotti deve poter esercitarsi su di essi in azienda in ogni
momento e non, come troppo spesso succede, solo in education e
presso i clienti; deve inoltre reperire con facilita' tutta la
documentazione e gli strumenti tecnici necessari.
H) IBM Semea dovrebbe prestare piu' attenzione ai costi della
difettosita' e dei ritardi nell'implemetazione del SW di base,
cercando di assumere, per le missioni internazionali che le
sono state affidate, la leadership in termini di qualita' del
prodotto, rispetto delle date di consegna e funzioni implementate.
Con queste credenziali, e con un'accurata analisi dei costi della
difettosita', dovrebbe fare pressioni a livello internazionale per
politiche di qualita' dei prodotti piu' efficaci.
L'assistenza a prodotti "non ancora stabili" e' un lusso che
l'azienda non puo' piu' permettersi.
I) IBM Semea dovrebbe, nei limiti del possibile, evitare di copiare
acriticamente le formule organizzative elaborate negli USA, che
inevitabilmente risentono delle caratteristiche dei clienti, dei
fornitori, dei concorrenti e del mercato dei capitali, dei servizi
e del lavoro di quel paese. Cio' non significa difendere
le cose come stanno, ma ottenere una piu' ampia delega di scelta
organizzativa: spesso omogeneita' significa soprattutto poverta'
di alternative di fronte all'imprevisto.
Per suggerimenti, critiche e quant'altro contattare:
G. Sozzi, Basiano
G. Talpone, Milano
Consiglio di Fabbrica IBM Semea Milano Segrate Basiano
Milano, autunno 1991. V14
- Progetto P E O N -
Produttivita' e
Efficacia delle
Operazioni
Nazionali
Care colleghe e cari colleghi,
di fronte alla crisi del settore informatico, IBM SEMEA reagisce sia
modificando la propria organizzazione sia tentando di abbassare il costo
del lavoro.
Nelle intenzioni dell'azienda, le Rappresentanze Sindacali Aziendali hanno
titolo a discutere solo sul secondo punto, il costo del lavoro, ma non sul
reale modus operandi dell'azienda.
Il realta', molti di noi sono convinti che i valori economici perduti per
scarse produttivita' ed efficacia siano significativamente superiori ai
possibili risparmi sul costo del lavoro.
Quel che e' peggio, la direzione di IBM SEMEA sembra non rendersi conto
del pericoloso disorientamento che sta provocando il susseguirsi di
provvedimenti confusi e contraddittori, ne' tanto meno dell'occasione
storica di mettere apertamente in discussione comportamenti aziendali
superati o sbagliati.
Le lavoratrici e i lavoratori devono contrapporre a questo atteggiamento
aziendale di basso profilo la propria capacita' e la propria volonta' di
analizzare criticamente, e in modo ben documentato, le molte disfunzioni che
dissipano ricchezza e inibiscono lo sviluppo delle capacita' professionali.
Tanto piu' e tanto meglio sapremo articolare queste analisi, quanto piu'
avremo forza e argomenti per respingere il tentativo della direzione di
farci pagare i suoi errori e i suoi limiti manageriali.
Proponiamo pertanto a tutti gli interessati di individuare, nell'ambito delle
loro attivita', le disfunzioni operative piu' costose e ricorrenti, e su di
esse raccogliere piu' informazioni possibili.
Un apposito gruppo di lavoro vagliera' criticamente il materiale ricevuto,
e preparera' una raccolta di "case study" per valutare le diseconomie
attuali e i possibili rimedi.
Qui di seguito elenchiamo una possibile "check list" per consentire un primo
inquadramento dei problemi:
* Sprechi di tempo dovuti a:
- mancanza di strumenti
- " di supporto amministrativo e segretariale
- " di informazioni aggiornate su chi fa che cosa
- eccessivo accentramento decisionale
- numero eccessivo di livelli di autorizzazione
- difficolta' di comunicazione con terze parte esterne alla rete
elettronica
+ Si suggerisce di quantificare questi sprechi in ore medie alla settimana,
anche con generosi arrotondamenti per difetto.
* Inibizioni allo sviluppo professionale, causate da:
- mancanza di strumenti informatici coerenti con gli obiettivi ricevuti
- " di documentazione anche esterna (biblioteca ...)
- rapida rotazione di attivita'
- esternalizzazione di attivita' ad alto contenuto professionale (terze
parti, consulenti esterni)
- difficolta' a seguire corsi e ambienti stimolanti esterni
- " a esternalizzare attivita' di basso contenuto professionale
- " a individuare e a coinvolgere skill interni inseriti in
altre funzioni
+ Si suggerisce di valutare, anche in modo molto approssimativo, e comunque
sempre per difetto, le perdite di efficacia e di business cosi' provocate.
* Costi erroneamente imputati:
- costi di manutenzione assegnati alle Operazioni Nazionali e non ai
laboratori (es.: gestione delle fix)
- costi di inefficienze amministrative scaricati su prodotti e progetti
- " di inefficienze di distribuzione assorbiti dal marketing
- " decisionali riversati sulle attivita' operative
- " di addestramento di consociate affondati nelle attivita' interne
- " di duplicazione di figure professionali nei vari nodi dell'impresa
rete
- costi di attivita' indotte da scadenze puramente interne all'azienda
- " di transazione fra funzioni diverse e fra nodi dell'impresa rete.
Chiunque desideri contribuire a questo studio, prenda contatto con un delegato
del Consiglio di Fabbrica per iniziare l'attivita' di analisi.
Consiglio di Fabbrica
IBM SEMEA