Da: La discussione che non ci fu;
IBM come azienda-rete;
Servizi di Consulenza, Analisi, Progettazione, Realizzazione, Integrazione (GBS, BCS, BIS...)
DUE ANNI DI "IMPRESA RETE": QUALCHE RIFLESSIONE
Abstract:
Between 1992 e 1993, IBM focus seemed to be the splitting of the
organization in a "cloud" of small parts. This document discusses
this scenario, starting from existing situation in Italy.
A brief reference is done to the contemporary "Clean hands" ("Mani pulite")
investigations.
This text is addressed mainly (like the previus ones) to ununionized
collegues: the focus is on their professional experiences, more than
their "vision of the world" (ideology).
On this line, a second document has been distributed (unfortunately
not widely): a list of "suggestions", not with the hope the change
managers' mind, but in order to show that "other ways of thinking may
exist" to our collegues.
1993 - I semestre
Premessa.
I dipendenti IBM da molti mesi sono coinvolti nel piu' grande processo
di ristrutturazione industriale della storia di IBM, e vedono mutare
profondamente di giorno in giorno strutture organizzative, funzioni
aziendali e criteri decisionali.
Soprattutto sono colpiti dalla volonta' aziendale di ridurre drasticamente
ogni sicurezza professionale e garanzia di impiego.
Molti colleghi, di formazione culturale liberista, sperimentano su se
stessi gli effetti di una filosofia imprenditoriale da loro stessi auspicata
come la migliore per le aziende e magari per la societa' in generale.
Beninteso, il desiderio di vivere in un mondo altamente competitivo,
in cui le imprese abbiano il pieno diritto di "hire and fire" (assumere
e licenziare), ha molte buone ragioni dalla propria parte: l'ammirazione
per il modello americano, la ricerca di un modo per rendere piu' efficiente
il settore pubblico, l'esperienza dell'ex blocco sovietico, l'adesione a una
filosofia "calvinista", la convinzione personale di avere le capacita' per
emergere.
IBM Semea ci sta ora offrendo l'opportunita' di fare esperienza anche degli
aspetti meno gradevoli di questo modello: insicurezza di mantenere il
proprio impiego, incertezza sul valore della propria professionalita',
sensazione di avere gettato via anni di lavoro e di vita, senso di impotenza
verso quanto sta avvenendo.
Per tutti e per ciascuno e' venuto il momento di fare il bilancio delle
proprie esperienze, e di assumere piena responsabilta' delle proprie
convinzioni e scelte.
Qualcuno potrebbe persino essere disposto a rivedere l'opinione precedente
- negativa - verso il sindacato, e chiederne l'intervento.
Purtroppo alcuni dipendenti sono convinti che il sindacato possa
togliere le castagne da fuoco, senza chieder loro un impegno personale.
Dobbiamo deludere questi colleghi. La forza contrattuale del sindacato
e' esattamente uguale all'appoggio esplicito che riceve dai dipendenti:
senza questa adesione non puo' fare, e tantomeno ottenere, nulla.
Accanto alle iniziative che si proporranno, ci e' parso utile fare qualche
riflessione piu' approfondita sul modello di "impresa rete" che e' in corso
di attuazione (salvo ripensamenti) in IBM. Cercare di capire le ragioni della
crisi in corso puo' essere utile per individuare e proporre strategie
alternative a quella attualmente seguita dall'azienda, prevalentemente
distruttiva di risorse.
Siamo molto scettici di poter convincere con pure argomentazioni la
direzione di IBM Semea, i cui comportamenti sono dettati dalla subordinazione
verso la proprieta' americana e dalla impostazione mentale nella quale si
e' storicamente formato il gruppo dirigente.
D'altra parte, quando si vanno a contrattare scelte e comportamenti
aziendali, e' bene essere pienamente consapevoli che tutto quanto sta
avvenendo non era ne' imprevedibile ne' inevitabile, e che esistono
tuttora modi diversi per reagire alla crisi attuale.
In un precedente documento, si e' partiti dalla diffusa convinzione secondo
la quale i margini di profitto sull'HW non torneranno piu' a superare
significativamente quelli medi industriali, per spostare l'attenzione
sull'ideazione, produzione e distribuzione del SW: mondo molto piu' aperto,
e ricco di possibilita' inesplorate.
In quelle note, tuttora disponibili per chi fosse interessato, si e'
cercato di delineare quanto e' necessario per conquistare questi nuovi
territori, e di valutare la distanza della cultura e dell'organizzazione
IBM da quanto richiesto dai nuovi mercati che stanno emergendo.
Con questo contributo, si cerca invece di riprendere le fila dei
ragionamenti che si stanno facendo sull'impresa rete, e sulla sua
implementazione da parte di IBM.
MA C'E' NODO E NODO
Per fare il punto della situazione, si puo' partire dalla distinzione tra
due diversi tipi funzionali di nodi: i "servizi generali" (ASTRIM,
IBM FACTORING..) e i segmenti veri e propri di produzione informatica:
ISSC, BOSELLI SISTEMI, SERNET, S.GIORGIO, INTESA ecc.. .
I nodi del primo tipo sono semplicemente scorpori di servizi e sembrano avere
l'unica funzione di far lavorare di piu', e a un costo inferiore, i
dipendenti coinvolti: infatti, per un verso creano le condizioni per un
progressivo allontanamento dal trattamento IBM, per l'altro permettono di
ricercare nuovi affari sul mercato, e quindi saturare meglio le risorse
(le persone) disponibili.
Insomma, e' certamente una razionalizzazione, ma basata soprattutto sui
ritmi e sui costi del lavoro; e quindi, dal punto di vista dei lavoratori,
da contrattare puntigliosamente.
Per loro stessa natura, questo genere di operazioni non possono certo
introdurre salti qualitativi nel business aziendale: si tratta
"semplicemente" del tentativo di abbassare il costo del lavoro.
Per quel che riguarda invece i segmenti di produzione, il discorso si fa piu'
complicato, perche' riguarda le realta' piu' disparate.
Vediamo se puo' esserci utile una classificazione di questo tipo:
Gruppo A:
1) L'impresa non esisteva precedentemente, e viene creata ex novo
(tipicamente come "joint venture" fra piu' aziende), oppure, pur
preesistendo, viene trattata da "scatola vuota", e l'assetto
antecedente azzerato.
2) Pertanto, non ha ne' prodotti sviluppati al proprio interno, ne' una
propria clientela consolidata.
3) Le imprese partecipanti sono chiamate a procacciare clienti e/o
commesse alla nuova impresa, e spesso in questo modo ne garantiscono la
quasi totalita' del business.
4) La partecipazione di IBM al capitale sociale e' forte (dal 30% in su,
per intenderci).
5) Altrettanto significativa e' la presenza, almeno nelle fasi iniziali, di
personale IBM assegnato.
6) Spesso assolve anche la funzione "politica" di assicurare collegamenti
stabili con qualche altra grossa impresa.
7) Esempi: INTESA, S.GIORGIO ecc. Anche SERNET puo' essere fatta rientrare,
per alcuni aspetti, in questo caso.
8) A quanto sembra, queste societa' (poco piu' di una decina) hanno
fatturato qualche centinaio di miliardi.
Gruppo B:
1) L'impresa esisteva precedentemente, IBM entra successivamente come socio,
con quote di partecipazione (molto variabili da caso a caso), oppure con
contratti a lungo termine e/o rapporti di partnership.
2) L'impresa aveva gia' una linea di prodotti e/o rapporti consolidati con
i propri clienti; il legame con IBM implica un adattamento degli
eventuali prodotti agli standard IBM.
3) Il grosso del know-how e' comunque di provenienza non-IBM; anzi, in
genere questa e' una delle principali motivazioni per la collaborazione
da parte di IBM.
4) L'apporto diretto di personale IBM e' scarso o nullo, tipicamente rivolto
a funzioni di coordinamento e controllo.
5) Rientrano in questo caso SW house e societa' di consulenza.
A livello internazionale, un esempio macroscopico (e molto specifico)
e' stato la Microsoft, nel periodo in cui collaborava con IBM; un altro
sono le International Alliance Membership, che si occupano del filone
dei prodotti CASE.
6) A titolo di informazione, ci risulta che negli ultimi anni IBM SEMEA
abbia investito alcune decine di miliardi nelle SW house, per partecipare
a un capitale sociale complessivo di alcune centinaia di miliardi;
poche decine di aziende che avrebbero fatturato circa 500 miliardi.
Gruppo C:
1) Sono veri e propri rami organizzativi della vecchia IBM che si
costituiscono in societa' autonome.
2) Per ora la partecipazione di IBM e' oltre il 90%.
3) Condividono tuttora sedi IBM e sono gli unici ad avere accesso alla
rete informativa IBM.
4) Esempi: ISSC, IBM DISTRIBUTION ...
Gruppo D:
1) Sono gli agenti e concessionari.
2) La partecipazione IBM e' sempre inferiore al 10% (talvolta nulla).
3) Hanno un ruolo quasi esclusivamente commerciale.
4) Sono spesso ex dipendenti IBM.
5) Per quanto riguarda i soli agenti, questi fatturano qualche centinaio di
miliardi a fronte di un capitale complessivo dello stesso ordine di
grandezza. Gli agenti partecipati da IBM sono meno di un centinaio.
A quanto pare, i primi due gruppi si differenziano in modo rilevante
nell'evoluzione del business.
Per quel che si sa, le imprese del gruppo "A" hanno avuto grosse difficolta'
a stare in piedi da sole; fra tante ragioni possibili, la piu' ricorrente
e tipica sembra essere il carattere artificioso e poco amalgamato della
cultura aziendale.
Cio' deriva probabilmente del processo stesso di costituzione dell'impresa:
fatto a tavolino, con la tipica sopravvalutazione dell'aspetto giuridico e
finanziario, e con la conseguente sottovalutazione degli elementi piu'
strettamente imprenditoriali: conoscenza "dall'interno" del mercato e delle
sue dinamiche, capacita' di valutare gli skill reali dei collaboratori,
abilita' nel creare gruppi di lavoro vitali e motivati.
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, e' del tutto evidente che il tipico
manager IBM non riesce neppure ad immaginare come le aspirazioni, i progetti
personali, le preferenze culturali e magari i "pallini" dei fondatori possano
costituire elementi di motivazione personale e di coesione dei gruppi molto
piu' importanti che il rispetto di regole formali o l'ossessione dei
risultati economici di breve periodo.
Sarebbe utile che i signori che decidono riflettessero maggiormente sul
genere di "commitment" personale che devono avere avuto gli iniziatori di DEC
o di APPLE, al di la' della necessita' di dover stare sul mercato.
Anche nel caso italiano, dovrebbero quantomeno suscitare qualche
interrogativo le persistenti difficolta' in cui si dibattono alcune di
queste iniziative, e il senso di scontento e di inattendibilta' che possono
diffondere all'interno e all'esterno.
Comunque, questo non e' che un aspetto del problema.
Come ulteriore causa di disagio, si possono segnalare i frequenti conflitti
di definizione di linea strategica e di occupazione dei ruoli manageriali
da parte delle societa' genitrici; tensioni che oltrettutto indeboliscono
ulteriormente l'autonomia e l'autostima della nuova azienda.
Nel gruppo "B" il tratto piu' caratteristico non e' la ricerca di
un'identita' aziendale, che gia' esiste, ma l'uso delle competenze
come fonte primaria di potere contrattuale.
Infatti, mentre le unita' piu' deboli in genere accolgono il nuovo
legame con IBM come elemento di credibilita' e come disponibilita' di
informazioni e supporto professionale, le organizzazioni piu' forti
possono tentare di sviluppare una politica piu' aggressiva verso IBM.
In genere queste imprese sono specializzate su una ben definita area
tecnica o applicativa, e sono interessate al rapporto con IBM per
rafforzare la propria leadership di nicchia.
Esse sono ben consapevoli che gli scintillanti e costosissimi vetri di
Segrate coprono piu' di una lacuna e piu' di una rinuncia a mettere le
mani in certi segmenti di mercato, mentre al tempo stesso custodiscono
ancora il piu' succulento customer set EDP esistente nel nostro paese.
Da qui la possibilita' e la tentazione di utilizzare la rete IBM per
essere introdotti presso TUTTI o quasi i clienti che compongono una
certa nicchia; il che, si badi bene, rivela un'importante dissimmetria
nelle collaborazioni di questo tipo. Mentre il possesso di certe
competenze, purche' costantemente sviluppate, costituisce un elemento
di forza permanente, il valore dell'accesso a un certo customer set
tende ad annullarsi una volta che la presentazione del nuovo fornitore
sia avvenuta: l'ingresso di nuovi potenziali clienti in una nicchia
specialistica e' un evento relativamente raro e facilmente
monitorabile anche da una piccola organizzazione.
E allora perche' non sganciarsi in un secondo momento dalla tutela di
IBM e riservarsi una piena liberta' d'azione per quanto riguarda la
fornitura della parte general purpose della propria offerta (HW,
sistemi operativi)? Il gia' citato caso Microsoft non e' che il
prototipo, su scala planetaria, di qualche spiacevole sorpresa che si
puo' avere anche dalle nostre parti. E non e' un'eccezione: il caso
delle IAM potrebbe seguirlo a ruota.
Comunque, al di la' del tentativo di dividere i nodi dell'impresa rete
in classi omogenee, esistono considerazione generali su cui val la
pena di riflettere.
I) BABELE STRIKES AGAIN
L'era delle soluzioni "tutte blu" e' tramontata per sempre, e cio'
deve essere salutato come un evento molto positivo per lo sviluppo
culturale e professionale dei lavoratori coinvolti. Un esempio fra
tutti: lo shock salutare causato dalla "nuova faccia"
dell'informatica (finestre, colori, grafica, suoni...), che ben
difficilmente sarebbe sorta nel nostro mondo di grigi pensieri su
grigi tabulati.
D'altra parte, sono ben pochi i dirigenti che mostrano di aver
compreso pienamente tutti gli impatti organizzativi e culturali di
queste novita'. Consideriamo ad esempio la molto discussa attivita'
di "system integration". Nei casi piu' completi, si possono
distinguere tre livelli coesistenti di integrazione:
1) Il livello concettuale, in cui viene definito e risolto il problema
posto dal cliente; a questo livello la soluzione si presenta come
unitaria (l'utente finale non e' interessato a sapere di quali parti
si compone l'applicazione che usa).
2) Il livello funzionale, in cui si definisce "cosa fa che cosa", e quindi
si identificano i prodotti esistenti e le parti da costruire ex novo
necessari per realizzare il sistema.
3) Il livello tecnico, in cui si trattano i minuti e quasi infiniti problemi
di compatibilta' tra standard, release, fix, versioni e quant'altro
contribuisca alla santita' degli informatici.
Da quel che ci viene riferito, IBM affronta i tre livelli commettendo
alcuni errori tipici e ricorrenti:
1) A livello concettuale, tende a farsi in casa l'analisi dei progetti di
difficolta' ordinaria, mentre per quelli piu' complessi spesso delega
molto o tutto ad esperti esterni (che quindi funzionano da nodi, piu'
o meno temporanei, dell'impresa rete).
Questo comportamento e' solo in apparenza razionale; infatti, sia per
le considerazioni sul potere contrattuale legato al know how gia'
svolte, sia notando che il valore aggiunto dell'analisi cresce con
l'aumentare della complessita' del problema, ben piu' efficace sarebbe
operare in modo esattamente opposto: decidere di volta in volta se
esternalizzare o meno i casi ordinari
(a seconda della convenienza e della disponibilta'
di risorse) e tenere invece il piu' possibile all'interno
la "crema" (culturale, ma alla fine anche economica) dei
progetti. Per far cio', bisognerebbe pero' abbandonare la persistente
mentalita' dell'intercambiabilita' permanente e totale degli
"specialisti" IBM.
Insomma, credere veramente nel valore di gruppi di competenza
applicativi solidi e stabili, orientati a rispondere alle sempre nuove
sfide del mercato, e non alla merce' delle lire raggranellate da questa
o quella filiale il trimestre precedente.
Si noti che questo approccio alternativo sarebbe altrettanto coerente
con il paradigma dell'impresa rete; solo, si eviterebbe di svendere
attivita' che SONO core business e che tali devono rimanere.
2) Il livello funzionale e' quello che piace di piu' agli esponenti di una
certa mentalita', diciamo cosi', tradizionale. Perche' si parla di tante
sigle complicate e di soldi da dare e da ricevere, e tutto cio' e'
bello e rassicurante, e il mondo continua ad andare come e' sempre
andato.
Purtroppo anche questo paradiso sta diventando ogni giorno piu' scomodo.
Quanto piu' i pezzi da unire giungono dai nodi piu' remoti dell'impresa
rete, o anche semplicemente dal mercato,
tanto piu' il puzzle degli accordi, delle convenienze, delle
strategie, dei tempi di consegna, delle terminologie, delle lingue,
dei malintesi in buona e in mala fede si fa piu' complicato e
instabile.
Anche se molte di queste difficolta' sono intrinseche al modo nuovo in
cui domanda e offerta si incontrano sul mercato, si possono comunque
fare alcune osservazioni:
- IBM si e' trovata ad affrontare la nuova realta' dopo anni di
indifferenza o di aperta ostilita' verso chi cercava di sviluppare
capacita' sistemistiche e progettuali.
A causa di cio', e di una certa faciloneria del gruppo
dirigente, l'aspetto formale della trasformazione
organizzativa ha prevalso sull'analisi dei problemi concreti che
stavano venendo alla luce.
- La persistente debolezza delle funzioni di supporto progettuale
priva l'intera organizzazione anche delle competenze indispensabili
per valutare capacita' e limiti dei partner con cui ci si trova
a lavorare. Anche se all'interno di Solco si percepisce la volonta'
dei singoli di muoversi in questa direzione, tutta la struttura
e' ancora troppo orientata al business dove e come capita per poter
ragionare in termini di investimenti in know how.
- La recessione economica e la crisi di sovrapproduzione, che
hanno colpito il settore informatico, forniscono
giustificazioni a iosa nell'insistere sull'approccio
"sporco e veloce" invece che su decisioni razionali di
investimento in professionalita' e imprenditorialita'.
3) Il livello tecnico e' forse quello che patisce maggiormente la nuova
situazione, anche perche' i suoi problemi diventano visibili solo quando
si trasformano in grane esplosive. Gia' in passato, il continuo
allungarsi del listino IBM poneva crescenti problemi di verifica di
compatibilita' fra le varie componenti HW e SW (di configurazione,
di release, di versione,
di applicazione di FIX ...); cio' che salvava le situazioni, oltre
alle funzioni CE, ai DB HONE ecc., era la rete di rapporti informali tra
specialisti che realizzava una sinergia spontanea e invisibile, ma molto
potente, tra diverse competenze ed esperienze. La telefonata giusta
alla persona giusta poteva essere infinitamente piu' efficace di
settimane di scalate ai riporti comuni delle varie funzioni.
E' difficile immaginare come si possa rifondare una simile azienda
ombra nelle nuove condizioni di impresa rete. Il guaio e' che
la soglia minima di collaborazione e' diventata troppo alta per poter
essere superata dagli infiniti microproblemi tecnici del lavoro di
tutti i giorni. Insomma, o c'e' una firma su qualche contratto da
qualche parte, o non ci si conosce.
D'altra parte, le esigenze stanno crescendo combinatoriamente, perche'
i prodotti ancora realizzati all'interno di IBM devono integrarsi ogni
giorno di piu' con altri dalle provenienze piu' disparate, e alla
domanda "Ma funzioneranno insieme?" c'e' sempre meno spesso chi sa dare
una risposta pronta, o anche non pronta.
In molte aree la situazione si sta avvicinando al punto di rottura,
mentre per il momento non si vedono investimenti adeguati per
realizzare ambienti di verifica delle compatibilta' e delle performance
delle integrazioni fra prodotti.
Tutto e' ancora lasciato piu' o meno alla buona volonta' dei singoli.
Finche' dura... .
II) ALLA RICERCA DELLE SINERGIE PERDUTE
Quest'ultimo ragionamente e' abbastanza importante perche' si cerchi
di approfondirlo e generalizzarlo. Il tema di fondo riguarda
l'identificazione e la valorizzazione delle cosidette "risorse
invisibili", cioe' di tutte quelle componenti produttive non
inventariate e tantomeno contabilizzate che secondo alcuni autori
contribuiscono in modo significativo al successo di una impresa.
Poiche' la segmentazione di IBM ci sembra gia' poco riguardosa delle
risorse eclatanti, per non parlare delle altre, abbiamo cercato di
capire come questa affascinante problematica venga affrontata dai
quadri aziendali.
Da quel che sembra emergere dai colloqui con i nostri non
numerosissimi interlocutori, nei confronti dell'evanescente Eldorado
delle "risorse invisibili" e delle "sinergie nascoste", si delineano
due diverse linee di pensiero:
1) Secondo alcuni, queste risorse nascoste sono una pura e semplice
fandonia inventata da quei teorici dell'organizzazione che non hanno mai
messo piede in un'azienda reale. Se cio' e' vero, si possono separare
senza danno le funzioni aziendali fondamentali, e quindi scorporare
queste funzioni e farne aziende autonome, puo' essere molto utile per
distinguere i rami vitali da quelli secchi, e buttare
nel fuoco questi ultimi. Se poi sul falo' andassero arrosto anche il
potere contrattuale dei lavoratori e il sindacato tutto, questa si'
sarebbe una bella sinergia...
2) Esiste poi una seconda lettura, intellettualmente piu' raffinata.
L'organizzazione a rete potrebbe essere utile anche per far uscire alla
luce del sole queste risorse, e poterle quindi gestire e sviluppare al
pari delle altre. Infatti, se la segmentazione tagliasse delle linee di
fornitura di servizi non inventariate (l'esempio tipico e' la "consulenza
informale"), i soggetti coinvolti sarebbero costretti prima o poi
a prenderne atto e a stipulare contratti formali per ristabilire i flussi
dei servizi.
In realta' questa visione si rivela assai ottimistica. All'atto pratico,
si nota una forte tendenza delle varie unita' all'autosufficienza, con
tutto cio' che implica in termini di duplicazione, e quindi di sperpero,
di risorse. In altri casi, i manager non riescono neppure a rendersi
conto della perdita di efficacia produttiva, e tutto va a finire nel
calderone dei costi gestionali.
III) CARO AMICO TI SCRIVO
Va bene, qualcuno potrebbe pensare, ma tutto questo suona un po' come
una serie di illazioni sul futuro comportamento di questi pezzetti di
IBM, illazioni basate su una buona dose di sfiducia nelle capacita'
manageriali e imprenditoriali dei nostri dirigenti. Non c'e' da
qualche parte una "prova diretta" che dimostri che i signori lassu' in
alto hanno perso i contatti con la realta'?
In effetti di prove immediate ce ne sono anche troppe, qui ne citiamo
due che sono sotto i nostri occhi:
1) Tutti noi siamo ormai consapevoli quale contributo diano alla
produttivita' aziendale la posta elettronica e le reti di
comunicazione dati quali per es. VNET. Ebbene, siamo di fronte a
questo paradosso: che chi sta organizzando l'impresa rete si sta
proprio dimenticando... della rete di comunicazione. Un po' come il
decadente impero romano si decentrava a Milano e a Bisanzio, lasciando
pero' andare in malora le strade imperiali, cosi' per noi e' piu'
facile mandare un file alla filiale di Mosca o di Pechino che non alla
San Giorgio di Trezzano sul Naviglio. (E poiche' il pony express
costa troppo, il nastrino lo porta il sistemista, cosi' si risparmia).
Se ci pensate bene, anche il proliferare dei fax ha un po' l'aria di
"ritirata tecnologica".
E se esplorate a fondo in PROFS, avrete un'ulteriore prova di questo
piccolo, nuovo medioevo: la rinascita delle dogane! Infatti, qualche
utente esterno di PROFS c'e', ma naturalmente... ci vuole
l'autorizzazione per scrivergli. Ma e' ovvio, diranno i soliti
difensori d'ufficio del ponte di comando, non si puo' mica lasciare
che CHIUNQUE comunichi con l'ESTERNO!
Ma questo ESTERNO non sono i nodi dell'impresa rete? E la
produttivita' dove fa a finire?
Ma non basta. I nostri dirigenti, fermamente convinti che tagliare
sia piu' facile che pensare, hanno praticamente soppresso il servizio
segreteriale. Ora, cio' poteva avere un certo razionale quando
avevamo tutti a disposizione PROFS, agende elettroniche ecc. La cosa
non e' piu' vera dal momento in cui lavoriamo sistematicamente con
persone e funzioni esterne alla nostra rete elettronica. Poiche' cio'
ci obbliga, come si e' visto, al passaggio manuale (carta o supporti
magnetici poco importa) e telefonico delle informazioni, ritorna
l'esigenza di avere segretarie che cerchino le persone, organizzino
riunioni, si occupino della spedizione veloce del materiale ecc.
Poiche' questa esigenza non puo' piu' essere soddisfatta in modo
razionale, si ottiene il risultato che le attivita' di tipo
segretariale e amministrativo occupano ormai da un quinto a un terzo
del tempo di lavoro di SR e SE. Ma, come al solito, tutti si guardano
bene dal valutare questo spreco.
2) Un altro paradosso e' costituito dal fatto che, mentre la rete
"esterna" si configura come un arcipelago di piccoli feudi, in cui
soprattutto si moltiplicano le posizioni da "cimitero degli elefanti"
(consigli di amministrazione e organi di controllo vari), all'interno
la rete viene organizzata nel modo piu' sciatto e contraddittorio. Le
sciocchezze a cui i nostri dirigenti sono piu' affezionati sono le
seguenti:
- Si sposta verso il basso la responsabilta' dei risultati senza delegare
il potere di investire per raggiungerli. Conseguenza inevitabile,
la battaglia per procurasi risorse assorbe molte piu' energie e attenzione
delle attivita' realmente produttive, che sono quindi cronicamente in
ritardo e di qualita' inferiore alle aspettative.
- In pratica, l'unico "grado di liberta'" a disposizione dei dirigenti
intermedi e' spostare le persone da un ruolo all'altro. Il risultato e'
comico: un buon numero di persone cambia funzione senza aver visto
alcun ritorno dalle proprie attivita' e dagli "investimenti personali"
precedenti (comprensione dei problemi, addestramento, inserimento
nella realta' dei clienti...), con la prospettiva
di abbandonare da li' a pochi mesi anche la nuova attivita'.
Questo gioco dei quattro cantoni, che soppravvive allegramente a
downsizing, rightsizing, impresa rete, qualita' totale, bilanci in rosso e
quant'altro, e' ormai leggendario anche presso i nostri clienti.
Chi e' lei oggi?, ci chiedono quando ci vedono.
IV) BIT E MANETTE
Finora abbiamo cercato di esaminare il funzionamento reale
dell'impresa rete sia considerando alcune possibili strategie
imprenditoriali dei nodi che la compongono, sia immaginando i
possibili effetti controintuitivi che la nuova organizzazione puo'
avere sui progetti di integrazione di sistemi.
Un altro possibile punto di vista e' quello della cosidetta "etica di
impresa". Anche se in genere fa intellettualmente fine relegare
questa dimensione nello stesso mondo dell'inno aziendale, del bando
anti-alcoolico e della pretesa che si riparino macchine in giacca e
cravatta, l'esistenza di regole di fair play sociale e commerciale e'
troppo importante per essere liquidata con qualche facile battuta.
Pur non essendo questa la sede per approfondire l'argomento,
l'esistenza di un codice di comportamento aziendale rivela la
consapevolezza che la massimizzazione dei profitti non garantisce
affatto da impatti sociali negativi a piu' vasto raggio.
In passato, l'attenzione per l'etica di impresa e' stata una delle
caratteristiche piu' significative, e meno imitate, dello "stile IBM". Oggi
ci si puo' pero' chiedere quanto l'organizzazione reticolare sia permeabile
e allineabile al codice di comportamento IBM. Gia' il fatto che la
partecipazione ad alcune societa' sia molto minoritaria, o condivisa
con altre imprese dotate di differenti culture manageriali, rende poco
credibile che la "moralita' IBM" sia seriamente rispettata al di la'
dei tornelli di IBM Semea.
Il recente Bulletin Board "ETICA NEGLI AFFARI", ad esempio, ribadisce
giustamente l'importanza del "codice etico" nei comportamenti di IBM,
ma tace su come si possano concretamente individuare atti di
corruzione verso pubblici amministratori compiuti da aziende
partecipanti alla rete. Infatti, a differenza di scorretezze compiute
verso clienti, fornitori e terze parti, in cui e' naturale che la
vittima cerchi un interlocutore per protestare, nel caso della pubblica
amministrazione la vittima e' il pubblico ignaro, e i collusi hanno
entrambi interesse al silenzio.
Cio' pero' apre prospettive inquietanti. Per essere molti chiari,
finora IBM ha perso non pochi affari per non aver mai voluto stare al
gioco della piccola e grande corruzione, specialmente per quanto
riguarda il settore pubblico. Questa scelta ha pero' permesso di
mantenere un'immagine di lealta' commerciale e di rispettabilita'
sociale, con effetti molto positivi nei confronti degli interlocutori
esterni e degli stessi dipendenti.
Ora che il vecchio monolite e' stato sgretolato, cosa garantisce che
tra le maglie della rete non si crei lo spazio per rapporti meno
trasparenti? La fama di correttezza negli affari non rischia di
essere visto come uno di quegli "investimenti a lungo termine" che non
tutte le unita' si sentono in grado di intraprendere? D'altra parte,
se qualche lembo della rete finisse nella marmellata, fin dove
arriverebbero gli schizzi?
CdF IBM Semea MI SEG BAS
1993 - I semestre
"PROPOSTE"
Alla fine del 1991 e all'inizio del 1993 sono stati preparati due
documenti di analisi e discussione della situazione di IBM Semea,
tuttora disponibili su richiesta.
Da questi riflessioni sono state tratte le seguenti PROPOSTE,
con lo scopo di mettere a fuoco opportunita' di affari e di sviluppo
professionale che le attuali scelte direzionali tendono a trascurare.
A) E' indispensabile creare o rafforzare i centri di competenza.
Anche se negli ultimi due anni sono andate emergendo funzioni con
denominazioni simili, e' bene sottolineare quanto si sia tuttora distanti
dal soddisfare le necessita' del nostro business.
A nostro parere un centro di competenza per filone produttivo/applicativo
(ad esempio: processo continuo, tessile e abbigliamento, grande
distribuzione ecc.) dovrebbe essere costituito da un nucleo abbastanza
stabile nel tempo di specialisti di una certa area applicativa (e non di
prodotti), con l'obiettivo di:
- essere di consulenza credibile ai clienti e agli SR per l'area
di competenza;
- assumere, quando necessario, la direzione di progetti specifici,
utilizzando risorse delle S.U., o di terze parti, o dei clienti
stessi;
- essere in grado di valutare e promuovere la replicabilita' delle
soluzioni, sia per le realizzazioni interne che per quelle di
terzi;
- mantenere una conoscenza profonda e aggiornata dello stato
dell'arte nel settore, e delle applicazioni realizzate in IBM
in altri paesi, a disposizione di tutta la Semea;
- migliorare l'immagine di IBM intervenendo autorevolmente nei
convegni specialistici e nelle manifestazioni di settore.
Per poter raggiungere questi obiettivi, i centri di competenza
dovrebbero:
- essere costituiti da piccoli gruppi di specialisti effettivi
del settore, evitando l'attuale dispersione degli skill;
- rimanere di riferimento stabile anche a fronte delle incessanti
ridefinizioni delle strutture di marketing;
- costituire un'evoluzione possibile e desiderabile della carriera
sistemistica;
- identificare i progetti piu' innovativi e interessanti, da
gestire in prima persona, allo scopo di verificare sul campo le
competenze e mantenere una leadership culturale verso i clienti
e le terze parti.
L'esigenza di una simile supporto e' talmente sentito che individui
e funzioni aziendali di buona volonta' lo hanno talvolta fornito
"clandestinamente", forzando e reinterpretando gli obiettivi
ricevuti; impegno lodevole, ma spesso frustrato dalla mancanza di
risorse, di continuita' e di riconoscimenti.
B) L'attivita' di vendita deve essere profondamente ripensata, anche
negli aspetti che in passato parvero assicurare buoni risultati.
In realta' la vita di filiale e' ricca di momenti che potrebbero
apparire quasi folkloristici se non fossero causa di affari
perduti e di fatica e frustrazione per chi li deve subire: dal
rituale delle riunioni di previsione e di pianificazione delle
offerte al cliente, nelle quali quasi sempre le strategie brillano
per la loro assenza, ai surreali picchi di spedizioni di fine anno,
generati esclusivamente dai parametri di valutazione e incentivo
utilizzati.
Comunque sia, a nostro parere la modifica prioritaria deve
riguardare l'ampiezza dell'orizzonte temporale con cui tutta la
struttura di vendita (e quindi non solo gli SR) guarda alla
crescita del cliente e alle opportunita' di business: anche se
non sarebbe ne' facile ne' privo di rischi, si dovrebbe tentare
di passare dall'attuale anno solare a qualche misura basata
sull'arco di 24 o 36 mesi a scorrimento.
In questo modo, si eviterebbe di introdurre discontinuita' e
scadenze artificiose, e si sposterebbe l'attenzione dalle
operazioni di corto respiro ai progetti con maggiore contenuto
professionale e stategico (che difficilmente sono cosi' cortesi
da durare 9 mesi se firmati a marzo, o 3 se decisi a settembre).
Siamo consapevoli che una simile proposta va in assoluta
controtendenza rispetto alla sempre maggior importanza delle
misurazioni trimestrali in tutte le decisioni aziendali.
C) Si dovrebbero inoltre evitare meccanismi di incentivazione che
possano involontariamente spingere a comportamenti irregolari e
lesivi dell'immagine aziendale. Piu' in generale, si dovrebbero
individuare delle tecniche amministrative di riduzione delle
irregolarita' basate sulla conoscenza dei rapporti reali con i
clienti, invece di ricorrere al solito mix di repressione e
ipocrisia. Ad esempio, si potrebbe offrire a tutti i clienti
significativi il SW in prova temporanea a un prezzo simbolico,
ottenendo ad un tempo un nuovo strumento di marketing e
l'eliminazione del poco simpatico balletto delle copie
clandestine.
D) Gli SR sprecano troppo tempo nel seguire tutti i passaggi
amministrativi dell'ordine dal momento successivo alla firma
fino alla consegna della macchina al cliente; di fatto sono
considerati i primi responsabili di tutte le inefficienze
di un'amministrazione che in teoria dovrebbe essere in grado
di gestire gli ordini senza ulteriori oneri per gli SR stessi.
E' probabile che la direzione aziendale non si renda
pienamente conto delle dimensioni di questo fenomeno, e di
come sia stato aggravato dal moltiplicarsi dei prodotti
disponibili, delle loro interazioni possibili, dalla varieta'
delle forme contrattuali ammesse e, ovviamente, dai soliti
risparmi qualitativi e quantitativi in personale
amministrativo. Specificare chiaramente tutto cio'
di cui l'amministrazione, e non l'SR, e' responsabile, e' il
primo indispensabile passo per liberare tempo di contatto e di
studio del cliente.
E) E' bene che i sistemi di reporting aziendale come SESAR e
simili affianchino all'attuale impostazione quantitativa anche
informazioni piu' utili ai pianificatori e ai decisori, come
le attivita' svolte all'interno di progetti di ampio respiro,
le azioni potenzialmente "business driver", le esperienze alla
frontiera dello stato dell'arte, i successi nei confronti della
concorrenza piu' agguerrita.
Piu' modestamente, bisognerebbe porre fine alla grottesca (e costosa)
pratica dei report "pilotati" dai capi per far quadrare i conti.
F) Dovrebbe essere a disposizione dei dipendenti un'applicazione
contenente non solo i riporti di ciascuno (gia' presenti in TELE)
ma anche le responsabilta' funzionali di ciascuna unita', e il ruolo
di ciascuna persona in essa; queste informazioni potrebbero essere
inseriti in TELE stesso, se possibile, o in un DB in Ithone o in
INFO, e tenute accuratamente aggiornate.
(Finora solo il CE hanno avuto a disposizione questo servizio).
G) E' necessario rimettere in discussione i criteri con cui si mira
alla riduzione delle spese e del personale. Anche prescindendo
per un istante dai diritti dei lavoratori (che comunque il sindacato
vuole e deve tutelare in ogni caso), colpisce come il risultato
spesso non sia l'eliminazioni di mansioni superflue, ma il degrado
qualitativo di funzioni essenziali, come abbiamo cercato di mostrare
nei documenti di analisi della situazione aziendale.
Noi proponiamo di prendere piu' seriamente in considerazione i
costi indiretti di questo genere di "risparmi" e, piu' in generale,
riteniamo che sia interesse degli stessi SR e SE di poter impiegare
il proprio tempo in modo piu' efficace.
Ad esempio, ogni sistemista che lavori su una certa linea di
prodotti deve poter esercitarsi su di essi in azienda
e non, come troppo spesso succede, solo in education e
presso i clienti; deve inoltre reperire con facilita' la
documentazione e gli strumenti tecnici necessari.
Anche i costi indotti dal sempre minore supporto segretariale
dovrebbero essere meglio valutati.
H) IBM Semea dovrebbe prestare piu' attenzione ai costi della
difettosita' e dei ritardi nell'implemetazione del SW di base,
cercando di assumere, per le missioni internazionali che le
sono state affidate, la leadership in termini di qualita' del
prodotto, rispetto delle date di consegna e funzioni implementate.
Con queste credenziali, e con un'accurata analisi dei costi della
difettosita', dovrebbe fare pressioni a livello internazionale per
politiche di qualita' dei prodotti piu' efficaci.
L'assistenza a prodotti "non ancora stabili" e' un lusso che
l'azienda non puo' piu' permettersi. Ricordiamo che molti
produttori di SW nostri concorrenti hanno basato le loro fortune
(anche a nostre spese) proprio sull'affidabilta' dei loro
prodotti, cosa che ha permesso loro di avere ridottissime strutture
di assistenza post-vendita.
I) IBM Semea dovrebbe, nei limiti del possibile, evitare di copiare
acriticamente le formule organizzative elaborate negli USA, che
inevitabilmente risentono delle caratteristiche dei clienti, dei
fornitori, dei concorrenti e del mercato dei capitali, dei servizi
e del lavoro di quel paese. Cio' non significa difendere
le cose come stanno, ma ottenere una piu' ampia delega di scelta
organizzativa: spesso omogeneita' significa soprattutto poverta'
di alternative di fronte all'imprevisto.
J) E' necessario che tutta la politica delle regole di correttezza
commerciale venga ripensata a fronte della nuova realta' nella
quale IBM non e' piu' la protagonista unica della propria offerta
al cliente. Attualmente c'e' una diffusa sensazione di giocare
senza regole, e cio' puo' diventare costoso se non pericoloso.
K) Il modello dell'impresa-rete puo' essere attuato in modo piu'
efficace, flessibile e probabilmente meno costoso rispetto alla
strada scelta dalla dirigenza IBM. Sarebbe necessario attivare
modalita' organizzative in base alle quali
responsabilita' di obiettivi, decisioni di investimento,
gestioni degli skill ecc. siano delegate in modo piu' congruente
ad ogni livello, e che vengano attivate procedure molto piu' snelle
per richiedere e "pagare" servizi fra le varie funzioni.
In questo modo, si potrebbere migliorare al tempo stesso la
flessibilita' organizzativa e produttiva, e il controllo dell'
impiego delle risorse reali, senza sopportare i costi di transazione
(contenziosi compresi) fra aziende diverse.
L) Bisognerebbe studiare attentamente il bilancio costi/benefici della
possibile introduzione del lavoro a domicilio per alcune figure
professionali. I vantaggi non sarebbero solo monetari (risparmio
di superfici attrezzate ad ufficio) ma soprattutto sociali ed
ecologici (tempi, costi, fatica, rischi e inquinamento);
d'altra parte esistono effettivamente i problemi della verifica
del tempo di lavoro (troppo o troppo poco) e della protezione
delle informazioni riservate.
In caso di collegamenti in rete, l'accesso a una bacheca sindacale
elettronica dev'essere garantito.
CdF IBM Semea MI SEG BAS