Home    Lista RSU    Guida Sindacale    Accordi Importanti    Indici Tematici    Storico    Contattaci    Iscriviti    Sindacati    Ricerca

Da: La discussione che non ci fu; IBM come azienda-rete; Servizi di Consulenza, Analisi, Progettazione, Realizzazione, Integrazione (GBS, BCS, BIS...)

DUE ANNI DI "IMPRESA RETE": QUALCHE RIFLESSIONE

  Abstract:

  Between 1992 e 1993, IBM focus seemed to be the splitting of the
  organization in a "cloud" of small parts. This document discusses
  this scenario, starting from existing situation in Italy.
  A brief reference is done to the contemporary "Clean hands" ("Mani pulite")
  investigations.
  This text is addressed mainly (like the previus ones) to ununionized
  collegues: the focus is on their professional experiences, more than
  their "vision of the world" (ideology).
  On this line, a second document has been distributed (unfortunately
  not widely): a list of "suggestions", not with the hope the change
  managers' mind, but in order to show that "other ways of thinking may
  exist" to our collegues.

                                                          1993 - I semestre

  Premessa.

  I dipendenti IBM da molti mesi sono coinvolti nel piu' grande processo
  di ristrutturazione industriale della storia di IBM, e vedono mutare
  profondamente di giorno in giorno strutture organizzative, funzioni
  aziendali e criteri decisionali.
  Soprattutto sono colpiti dalla volonta' aziendale di ridurre drasticamente
  ogni sicurezza professionale e garanzia di impiego.
  Molti colleghi, di formazione culturale liberista, sperimentano su se
  stessi gli effetti di una filosofia imprenditoriale da loro stessi auspicata
  come la migliore per le aziende e magari per la societa' in generale.

  Beninteso, il desiderio di vivere in un mondo altamente competitivo,
  in cui le imprese abbiano il pieno diritto di "hire and fire" (assumere
  e licenziare), ha molte buone ragioni dalla propria parte: l'ammirazione
  per il modello americano, la ricerca di un modo per rendere piu' efficiente
  il settore pubblico, l'esperienza dell'ex blocco sovietico, l'adesione a una
  filosofia "calvinista", la convinzione personale di avere le capacita' per
  emergere.

  IBM Semea ci sta ora offrendo l'opportunita' di fare esperienza anche degli
  aspetti meno gradevoli di questo modello: insicurezza di mantenere il
  proprio impiego, incertezza sul valore della propria professionalita',
  sensazione di avere gettato via anni di lavoro e di vita, senso di impotenza
  verso quanto sta avvenendo.

  Per tutti e per ciascuno e' venuto il momento di fare il bilancio delle
  proprie esperienze, e di assumere piena responsabilta' delle proprie
  convinzioni e scelte.

  Qualcuno potrebbe persino essere disposto a rivedere l'opinione precedente
  - negativa - verso il sindacato, e chiederne l'intervento.
  Purtroppo alcuni dipendenti sono convinti che il sindacato possa
  togliere le castagne da fuoco, senza chieder loro un impegno personale.
  Dobbiamo deludere questi colleghi. La forza contrattuale del sindacato
  e' esattamente uguale all'appoggio esplicito che riceve dai dipendenti:
  senza questa adesione non puo' fare, e tantomeno ottenere, nulla.

  Accanto alle iniziative che si proporranno, ci e' parso utile fare qualche
  riflessione piu' approfondita sul modello di "impresa rete" che e' in corso
  di attuazione (salvo ripensamenti) in IBM. Cercare di capire le ragioni della
  crisi in corso puo' essere utile per individuare e proporre strategie
  alternative a quella attualmente seguita dall'azienda, prevalentemente
  distruttiva di risorse.
  Siamo molto scettici di poter convincere con pure argomentazioni la
  direzione di IBM Semea, i cui comportamenti sono dettati dalla subordinazione
  verso la proprieta' americana e dalla impostazione mentale nella quale si
  e' storicamente formato il gruppo dirigente.

  D'altra parte, quando si vanno a contrattare scelte e comportamenti
  aziendali, e' bene essere pienamente consapevoli che tutto quanto sta
  avvenendo non era ne' imprevedibile ne' inevitabile, e che esistono
  tuttora modi diversi per reagire alla crisi attuale.

  In un precedente documento, si e' partiti dalla diffusa convinzione secondo
  la quale i margini di profitto sull'HW non torneranno piu' a superare
  significativamente quelli medi industriali, per spostare l'attenzione
  sull'ideazione, produzione e distribuzione del SW: mondo molto piu' aperto,
  e ricco di possibilita' inesplorate.
  In quelle note, tuttora disponibili per chi fosse interessato, si e'
  cercato di delineare quanto e' necessario per conquistare questi nuovi
  territori, e di valutare la distanza della cultura e dell'organizzazione
  IBM da quanto richiesto dai nuovi mercati che stanno emergendo.

  Con questo contributo, si cerca invece di riprendere le fila dei
  ragionamenti che si stanno facendo sull'impresa rete, e sulla sua
  implementazione da parte di IBM.

                        MA C'E' NODO E NODO

  Per fare il punto della situazione, si puo' partire dalla distinzione tra
  due diversi tipi funzionali di nodi:  i "servizi generali" (ASTRIM,
  IBM FACTORING..)  e i segmenti veri e propri di produzione informatica:
  ISSC, BOSELLI SISTEMI, SERNET, S.GIORGIO, INTESA ecc.. .

  I nodi del primo tipo sono semplicemente scorpori di servizi e sembrano avere
  l'unica funzione di far lavorare di piu', e a un costo inferiore, i
  dipendenti coinvolti: infatti, per un verso creano le condizioni per un
  progressivo allontanamento dal trattamento IBM, per l'altro permettono di
  ricercare nuovi affari sul mercato, e quindi saturare meglio le risorse
  (le persone) disponibili.

  Insomma, e' certamente una razionalizzazione, ma basata soprattutto sui
  ritmi e sui costi del lavoro; e quindi, dal punto di vista dei lavoratori,
  da contrattare puntigliosamente.
  Per loro stessa natura, questo genere di operazioni non possono certo
  introdurre salti qualitativi nel business aziendale:  si tratta
  "semplicemente" del tentativo di abbassare il costo del lavoro.

  Per quel che riguarda invece i segmenti di produzione, il discorso si fa piu'
  complicato, perche' riguarda le realta' piu' disparate.
  Vediamo se puo' esserci utile una classificazione di questo tipo:

  Gruppo A:

   1) L'impresa non esisteva precedentemente, e viene creata ex novo
      (tipicamente come "joint venture" fra piu' aziende), oppure, pur
      preesistendo, viene trattata da "scatola vuota", e l'assetto
      antecedente azzerato.

   2) Pertanto, non ha ne' prodotti sviluppati al proprio interno, ne' una
      propria clientela consolidata.

   3) Le imprese partecipanti sono chiamate a procacciare clienti e/o
      commesse alla nuova impresa, e spesso in questo modo ne garantiscono la
      quasi totalita' del business.

   4) La partecipazione di IBM al capitale sociale e' forte (dal 30% in su,
      per intenderci).

   5) Altrettanto significativa e' la presenza, almeno nelle fasi iniziali, di
      personale IBM assegnato.

   6) Spesso assolve anche la funzione "politica" di assicurare collegamenti
      stabili con qualche altra grossa impresa.

   7) Esempi: INTESA, S.GIORGIO ecc. Anche SERNET puo' essere fatta rientrare,
      per alcuni aspetti, in questo caso.

   8) A quanto sembra, queste societa' (poco piu' di una decina) hanno
      fatturato qualche centinaio di miliardi.

  Gruppo B:

   1) L'impresa esisteva precedentemente, IBM entra successivamente come socio,
      con quote di partecipazione (molto variabili da caso a caso), oppure con
      contratti a lungo termine e/o rapporti di partnership.

   2) L'impresa aveva gia' una linea di prodotti e/o rapporti consolidati con
      i propri clienti; il legame con IBM implica un adattamento degli
      eventuali prodotti agli standard IBM.

   3) Il grosso del know-how e' comunque di provenienza non-IBM; anzi, in
      genere questa e' una delle principali motivazioni per la collaborazione
      da parte di IBM.

   4) L'apporto diretto di personale IBM e' scarso o nullo, tipicamente rivolto
      a funzioni di coordinamento e controllo.

   5) Rientrano in questo caso SW house e societa' di consulenza.
      A livello internazionale, un esempio macroscopico (e molto specifico)
      e' stato la Microsoft, nel periodo in cui collaborava con IBM; un altro
      sono le International Alliance Membership, che si occupano del filone
      dei prodotti CASE.

   6) A titolo di informazione, ci risulta che negli ultimi anni IBM SEMEA
      abbia investito alcune decine di miliardi nelle SW house, per partecipare
      a un capitale sociale complessivo di alcune centinaia di miliardi;
      poche decine di aziende che avrebbero fatturato circa 500 miliardi.

  Gruppo C:

   1) Sono veri e propri rami organizzativi della vecchia IBM che si
      costituiscono in societa' autonome.

   2) Per ora la partecipazione di IBM e' oltre il 90%.

   3) Condividono tuttora sedi IBM e sono gli unici ad avere accesso alla
      rete informativa IBM.

   4) Esempi: ISSC, IBM DISTRIBUTION ...

  Gruppo D:

   1) Sono gli agenti e concessionari.

   2) La partecipazione IBM e' sempre inferiore al 10% (talvolta nulla).

   3) Hanno un ruolo quasi esclusivamente commerciale.

   4) Sono spesso ex dipendenti IBM.

   5) Per quanto riguarda i soli agenti, questi fatturano qualche centinaio di
      miliardi a fronte di un capitale complessivo dello stesso ordine di
      grandezza. Gli agenti partecipati da IBM sono meno di un centinaio.

  A quanto pare, i primi due gruppi si differenziano in modo rilevante
  nell'evoluzione del business.

  Per quel che si sa, le imprese del gruppo "A" hanno avuto grosse difficolta'
  a stare in piedi da sole; fra tante ragioni possibili, la piu' ricorrente
  e tipica sembra essere il carattere artificioso e poco amalgamato della
  cultura aziendale.
  Cio' deriva probabilmente del processo stesso di costituzione dell'impresa:
  fatto a tavolino, con la tipica sopravvalutazione dell'aspetto giuridico e
  finanziario, e con la conseguente sottovalutazione degli elementi piu'
  strettamente imprenditoriali: conoscenza "dall'interno" del mercato e delle
  sue dinamiche, capacita' di valutare gli skill reali dei collaboratori,
  abilita' nel creare gruppi di lavoro vitali e motivati.
  Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, e' del tutto evidente che il tipico
  manager IBM non riesce neppure ad immaginare come le aspirazioni, i progetti
  personali, le preferenze culturali e magari i "pallini" dei fondatori possano
  costituire elementi di motivazione personale e di coesione dei gruppi molto
  piu' importanti che il rispetto di regole formali o l'ossessione dei
  risultati economici di breve periodo.
  Sarebbe utile che i signori che decidono riflettessero maggiormente sul
  genere di "commitment" personale che devono avere avuto gli iniziatori di DEC
  o di APPLE, al di la' della necessita' di dover stare sul mercato.
  Anche nel caso italiano, dovrebbero quantomeno suscitare qualche
  interrogativo le persistenti difficolta' in cui si dibattono alcune di
  queste iniziative, e il senso di scontento e di inattendibilta' che possono
  diffondere all'interno e all'esterno.
  Comunque, questo non e' che un aspetto del problema.
  Come ulteriore causa di disagio, si possono segnalare i frequenti conflitti
  di definizione di linea strategica e di occupazione dei ruoli manageriali
  da parte delle societa' genitrici; tensioni che oltrettutto indeboliscono
  ulteriormente l'autonomia e l'autostima della nuova azienda.

  Nel gruppo "B" il tratto piu' caratteristico non e' la ricerca di
  un'identita' aziendale, che gia' esiste, ma l'uso delle competenze
  come fonte primaria di potere contrattuale.

  Infatti, mentre le unita' piu' deboli in genere accolgono il nuovo
  legame con IBM come elemento di credibilita' e come disponibilita' di
  informazioni e supporto professionale, le organizzazioni piu' forti
  possono tentare di sviluppare una politica piu' aggressiva verso IBM.
  In genere queste imprese sono specializzate su una ben definita area
  tecnica o applicativa, e sono interessate al rapporto con IBM per
  rafforzare la propria leadership di nicchia.

  Esse sono ben consapevoli che gli scintillanti e costosissimi vetri di
  Segrate coprono piu' di una lacuna e piu' di una rinuncia a mettere le
  mani in certi segmenti di mercato, mentre al tempo stesso custodiscono
  ancora il piu' succulento customer set EDP esistente nel nostro paese.

  Da qui la possibilita' e la tentazione di utilizzare la rete IBM per
  essere introdotti presso TUTTI o quasi i clienti che compongono una
  certa nicchia; il che, si badi bene, rivela un'importante dissimmetria
  nelle collaborazioni di questo tipo.  Mentre il possesso di certe
  competenze, purche' costantemente sviluppate, costituisce un elemento
  di forza permanente, il valore dell'accesso a un certo customer set
  tende ad annullarsi una volta che la presentazione del nuovo fornitore
  sia avvenuta:  l'ingresso di nuovi potenziali clienti in una nicchia
  specialistica e' un evento relativamente raro e facilmente
  monitorabile anche da una piccola organizzazione.

  E allora perche' non sganciarsi in un secondo momento dalla tutela di
  IBM e riservarsi una piena liberta' d'azione per quanto riguarda la
  fornitura della parte general purpose della propria offerta (HW,
  sistemi operativi)?  Il gia' citato caso Microsoft non e' che il
  prototipo, su scala planetaria, di qualche spiacevole sorpresa che si
  puo' avere anche dalle nostre parti.  E non e' un'eccezione:  il caso
  delle IAM potrebbe seguirlo a ruota.

  Comunque, al di la' del tentativo di dividere i nodi dell'impresa rete
  in classi omogenee, esistono considerazione generali su cui val la
  pena di riflettere.

  I)                   BABELE STRIKES AGAIN

  L'era delle soluzioni "tutte blu" e' tramontata per sempre, e cio'
  deve essere salutato come un evento molto positivo per lo sviluppo
  culturale e professionale dei lavoratori coinvolti.  Un esempio fra
  tutti:  lo shock salutare causato dalla "nuova faccia"
  dell'informatica (finestre, colori, grafica, suoni...), che ben
  difficilmente sarebbe sorta nel nostro mondo di grigi pensieri su
  grigi tabulati.

  D'altra parte, sono ben pochi i dirigenti che mostrano di aver
  compreso pienamente tutti gli impatti organizzativi e culturali di
  queste novita'.  Consideriamo ad esempio la molto discussa attivita'
  di "system integration".  Nei casi piu' completi, si possono
  distinguere tre livelli coesistenti di integrazione:

   1) Il livello concettuale, in cui viene definito e risolto il problema
      posto dal cliente; a questo livello la soluzione si presenta come
      unitaria (l'utente finale non e' interessato a sapere di quali parti
      si compone l'applicazione che usa).

   2) Il livello funzionale, in cui si definisce "cosa fa che cosa", e quindi
      si identificano i prodotti esistenti e le parti da costruire ex novo
      necessari per realizzare il sistema.

   3) Il livello tecnico, in cui si trattano i minuti e quasi infiniti problemi
      di compatibilta' tra standard, release, fix, versioni e quant'altro
      contribuisca alla santita' degli informatici.

  Da quel che ci viene riferito, IBM affronta i tre livelli commettendo
  alcuni errori tipici e ricorrenti:

   1) A livello concettuale, tende a farsi in casa l'analisi dei progetti di
      difficolta' ordinaria, mentre per quelli piu' complessi spesso delega
      molto o tutto ad esperti esterni (che quindi funzionano da nodi, piu'
      o meno temporanei, dell'impresa rete).
      Questo comportamento e' solo in apparenza razionale; infatti, sia per
      le considerazioni sul potere contrattuale legato al know how gia'
      svolte, sia notando che il valore aggiunto dell'analisi cresce con
      l'aumentare della complessita' del problema, ben piu' efficace sarebbe
      operare in modo esattamente opposto: decidere di volta in volta se
      esternalizzare o meno i casi ordinari
      (a seconda della convenienza e della disponibilta'
      di risorse) e tenere invece il piu' possibile all'interno
      la "crema" (culturale, ma alla fine anche economica) dei
      progetti. Per far cio', bisognerebbe pero' abbandonare la persistente
      mentalita' dell'intercambiabilita' permanente e totale degli
      "specialisti" IBM.
      Insomma, credere veramente nel valore di gruppi di competenza
      applicativi solidi e stabili, orientati a rispondere alle sempre nuove
      sfide del mercato, e non alla merce' delle lire raggranellate da questa
      o quella filiale il trimestre precedente.
      Si noti che questo approccio alternativo sarebbe altrettanto coerente
      con il paradigma dell'impresa rete; solo, si eviterebbe di svendere
      attivita' che SONO core business e che tali devono rimanere.

   2) Il livello funzionale e' quello che piace di piu' agli esponenti di una
      certa mentalita', diciamo cosi', tradizionale. Perche' si parla di tante
      sigle complicate e di soldi da dare e da ricevere, e tutto cio' e'
      bello e rassicurante, e il mondo continua ad andare come e' sempre
      andato.
      Purtroppo anche questo paradiso sta diventando ogni giorno piu' scomodo.
      Quanto piu' i pezzi da unire giungono dai nodi piu' remoti dell'impresa
      rete, o anche semplicemente dal mercato,
      tanto piu' il puzzle degli accordi, delle convenienze, delle
      strategie, dei tempi di consegna, delle terminologie, delle lingue,
      dei malintesi in buona e in mala fede si fa piu' complicato e
      instabile.
      Anche se molte di queste difficolta' sono intrinseche al modo nuovo in
      cui domanda e offerta si incontrano sul mercato, si possono comunque
      fare alcune osservazioni:

      - IBM si e' trovata ad affrontare la nuova realta' dopo anni di
        indifferenza o di aperta ostilita' verso chi cercava di sviluppare
        capacita' sistemistiche e progettuali.
        A causa di cio', e di una certa faciloneria del gruppo
        dirigente, l'aspetto formale della trasformazione
        organizzativa ha prevalso sull'analisi dei problemi concreti che
        stavano venendo alla luce.

     -  La persistente debolezza delle funzioni di supporto progettuale
        priva l'intera organizzazione anche delle competenze indispensabili
        per valutare capacita' e limiti dei partner con cui ci si trova
        a lavorare. Anche se all'interno di Solco si percepisce la volonta'
        dei singoli di muoversi in questa direzione, tutta la struttura
        e' ancora troppo orientata al business dove e come capita per poter
        ragionare in termini di investimenti in know how.

     -  La recessione economica e la crisi di sovrapproduzione, che
        hanno colpito il settore informatico, forniscono
        giustificazioni a iosa nell'insistere sull'approccio
        "sporco e veloce" invece che su decisioni razionali di
        investimento in professionalita' e imprenditorialita'.

   3) Il livello tecnico e' forse quello che patisce maggiormente la nuova
      situazione, anche perche' i suoi problemi diventano visibili solo quando
      si trasformano in grane esplosive. Gia' in passato, il continuo
      allungarsi del listino IBM poneva crescenti problemi di verifica di
      compatibilita' fra le varie componenti HW e SW (di configurazione,
      di release, di versione,
      di applicazione di FIX ...); cio' che salvava le situazioni, oltre
      alle funzioni CE, ai DB HONE ecc., era la rete di rapporti informali tra
      specialisti che realizzava una sinergia spontanea e invisibile, ma molto
      potente, tra diverse competenze ed esperienze. La telefonata giusta
      alla persona giusta poteva essere infinitamente piu' efficace di
      settimane di scalate ai riporti comuni delle varie funzioni.
      E' difficile immaginare come si possa rifondare una simile azienda
      ombra nelle nuove condizioni di impresa rete. Il guaio e' che
      la soglia minima di collaborazione e' diventata troppo alta per poter
      essere superata dagli infiniti microproblemi tecnici del lavoro di
      tutti i giorni. Insomma, o c'e' una firma su qualche contratto da
      qualche parte, o non ci si conosce.
      D'altra parte, le esigenze stanno crescendo combinatoriamente, perche'
      i prodotti ancora realizzati all'interno di IBM devono integrarsi ogni
      giorno di piu' con altri dalle provenienze piu' disparate, e alla
      domanda "Ma funzioneranno insieme?" c'e' sempre meno spesso chi sa dare
      una risposta pronta, o anche non pronta.
      In molte aree la situazione si sta avvicinando al punto di rottura,
      mentre per il momento non si vedono investimenti adeguati per
      realizzare ambienti di verifica delle compatibilta' e delle performance
      delle integrazioni fra prodotti.
      Tutto e' ancora lasciato piu' o meno alla buona volonta' dei singoli.
      Finche' dura... .

  II)             ALLA RICERCA DELLE SINERGIE PERDUTE

  Quest'ultimo ragionamente e' abbastanza importante perche' si cerchi
  di approfondirlo e generalizzarlo.  Il tema di fondo riguarda
  l'identificazione e la valorizzazione delle cosidette "risorse
  invisibili", cioe' di tutte quelle componenti produttive non
  inventariate e tantomeno contabilizzate che secondo alcuni autori
  contribuiscono in modo significativo al successo di una impresa.
  Poiche' la segmentazione di IBM ci sembra gia' poco riguardosa delle
  risorse eclatanti, per non parlare delle altre, abbiamo cercato di
  capire come questa affascinante problematica venga affrontata dai
  quadri aziendali.

  Da quel che sembra emergere dai colloqui con i nostri non
  numerosissimi interlocutori, nei confronti dell'evanescente Eldorado
  delle "risorse invisibili" e delle "sinergie nascoste", si delineano
  due diverse linee di pensiero:

     1) Secondo alcuni, queste risorse nascoste sono una pura e semplice
     fandonia inventata da quei teorici dell'organizzazione che non hanno mai
     messo piede in un'azienda reale. Se cio' e' vero, si possono separare
     senza danno le funzioni aziendali fondamentali, e quindi scorporare
     queste funzioni e farne aziende autonome, puo' essere molto utile per
     distinguere i rami vitali da quelli secchi, e buttare
     nel fuoco questi ultimi. Se poi sul falo' andassero arrosto anche il
     potere contrattuale dei lavoratori e il sindacato tutto, questa si'
     sarebbe una bella sinergia...

     2) Esiste poi una seconda lettura, intellettualmente piu' raffinata.
     L'organizzazione a rete potrebbe essere utile anche per far uscire alla
     luce del sole queste risorse, e poterle quindi gestire e sviluppare al
     pari delle altre. Infatti, se la segmentazione tagliasse delle linee di
     fornitura di servizi non inventariate (l'esempio tipico e' la "consulenza
     informale"), i soggetti coinvolti sarebbero costretti prima o poi
     a prenderne atto e a stipulare contratti formali per ristabilire i flussi
     dei servizi.
     In realta' questa visione si rivela assai ottimistica. All'atto pratico,
     si nota una forte tendenza delle varie unita' all'autosufficienza, con
     tutto cio' che implica in termini di duplicazione, e quindi di sperpero,
     di risorse. In altri casi, i manager non riescono neppure a rendersi
     conto della perdita di efficacia produttiva, e tutto va a finire nel
     calderone dei costi gestionali.

  III)              CARO AMICO TI SCRIVO

  Va bene, qualcuno potrebbe pensare, ma tutto questo suona un po' come
  una serie di illazioni sul futuro comportamento di questi pezzetti di
  IBM, illazioni basate su una buona dose di sfiducia nelle capacita'
  manageriali e imprenditoriali dei nostri dirigenti.  Non c'e' da
  qualche parte una "prova diretta" che dimostri che i signori lassu' in
  alto hanno perso i contatti con la realta'?

  In effetti di prove immediate ce ne sono anche troppe, qui ne citiamo
  due che sono sotto i nostri occhi:

  1) Tutti noi siamo ormai consapevoli quale contributo diano alla
  produttivita' aziendale la posta elettronica e le reti di
  comunicazione dati quali per es.  VNET.  Ebbene, siamo di fronte a
  questo paradosso:  che chi sta organizzando l'impresa rete si sta
  proprio dimenticando...  della rete di comunicazione.  Un po' come il
  decadente impero romano si decentrava a Milano e a Bisanzio, lasciando
  pero' andare in malora le strade imperiali, cosi' per noi e' piu'
  facile mandare un file alla filiale di Mosca o di Pechino che non alla
  San Giorgio di Trezzano sul Naviglio.  (E poiche' il pony express
  costa troppo, il nastrino lo porta il sistemista, cosi' si risparmia).
  Se ci pensate bene, anche il proliferare dei fax ha un po' l'aria di
  "ritirata tecnologica".

  E se esplorate a fondo in PROFS, avrete un'ulteriore prova di questo
  piccolo, nuovo medioevo:  la rinascita delle dogane!  Infatti, qualche
  utente esterno di PROFS c'e', ma naturalmente...  ci vuole
  l'autorizzazione per scrivergli.  Ma e' ovvio, diranno i soliti
  difensori d'ufficio del ponte di comando, non si puo' mica lasciare
  che CHIUNQUE comunichi con l'ESTERNO!

  Ma questo ESTERNO non sono i nodi dell'impresa rete?  E la
  produttivita' dove fa a finire?

  Ma non basta.  I nostri dirigenti, fermamente convinti che tagliare
  sia piu' facile che pensare, hanno praticamente soppresso il servizio
  segreteriale.  Ora, cio' poteva avere un certo razionale quando
  avevamo tutti a disposizione PROFS, agende elettroniche ecc.  La cosa
  non e' piu' vera dal momento in cui lavoriamo sistematicamente con
  persone e funzioni esterne alla nostra rete elettronica.  Poiche' cio'
  ci obbliga, come si e' visto, al passaggio manuale (carta o supporti
  magnetici poco importa) e telefonico delle informazioni, ritorna
  l'esigenza di avere segretarie che cerchino le persone, organizzino
  riunioni, si occupino della spedizione veloce del materiale ecc.

  Poiche' questa esigenza non puo' piu' essere soddisfatta in modo
  razionale, si ottiene il risultato che le attivita' di tipo
  segretariale e amministrativo occupano ormai da un quinto a un terzo
  del tempo di lavoro di SR e SE.  Ma, come al solito, tutti si guardano
  bene dal valutare questo spreco.

  2) Un altro paradosso e' costituito dal fatto che, mentre la rete
  "esterna" si configura come un arcipelago di piccoli feudi, in cui
  soprattutto si moltiplicano le posizioni da "cimitero degli elefanti"
  (consigli di amministrazione e organi di controllo vari), all'interno
  la rete viene organizzata nel modo piu' sciatto e contraddittorio.  Le
  sciocchezze a cui i nostri dirigenti sono piu' affezionati sono le
  seguenti:

   - Si sposta verso il basso la responsabilta' dei risultati senza delegare
     il potere di investire per raggiungerli. Conseguenza inevitabile,
     la battaglia per procurasi risorse assorbe molte piu' energie e attenzione
     delle attivita' realmente produttive, che sono quindi cronicamente in
     ritardo e di qualita' inferiore alle aspettative.

   - In pratica, l'unico "grado di liberta'" a disposizione dei dirigenti
     intermedi e' spostare le persone da un ruolo all'altro. Il risultato e'
     comico: un buon numero di persone cambia funzione senza aver visto
     alcun ritorno dalle proprie attivita' e dagli "investimenti personali"
     precedenti (comprensione dei problemi, addestramento, inserimento
     nella realta' dei clienti...), con la prospettiva
     di abbandonare da li' a pochi mesi anche la nuova attivita'.
     Questo gioco dei quattro cantoni, che soppravvive allegramente a
     downsizing, rightsizing, impresa rete, qualita' totale, bilanci in rosso e
     quant'altro, e' ormai leggendario anche presso i nostri clienti.
     Chi e' lei oggi?, ci chiedono quando ci vedono.

  IV)                    BIT E MANETTE

  Finora abbiamo cercato di esaminare il funzionamento reale
  dell'impresa rete sia considerando alcune possibili strategie
  imprenditoriali dei nodi che la compongono, sia immaginando i
  possibili effetti controintuitivi che la nuova organizzazione puo'
  avere sui progetti di integrazione di sistemi.

  Un altro possibile punto di vista e' quello della cosidetta "etica di
  impresa".  Anche se in genere fa intellettualmente fine relegare
  questa dimensione nello stesso mondo dell'inno aziendale, del bando
  anti-alcoolico e della pretesa che si riparino macchine in giacca e
  cravatta, l'esistenza di regole di fair play sociale e commerciale e'
  troppo importante per essere liquidata con qualche facile battuta.

  Pur non essendo questa la sede per approfondire l'argomento,
  l'esistenza di un codice di comportamento aziendale rivela la
  consapevolezza che la massimizzazione dei profitti non garantisce
  affatto da impatti sociali negativi a piu' vasto raggio.

  In passato, l'attenzione per l'etica di impresa e' stata una delle
  caratteristiche piu' significative, e meno imitate, dello "stile IBM". Oggi
  ci si puo' pero' chiedere quanto l'organizzazione reticolare sia permeabile
  e allineabile al codice di comportamento IBM.  Gia' il fatto che la
  partecipazione ad alcune societa' sia molto minoritaria, o condivisa
  con altre imprese dotate di differenti culture manageriali, rende poco
  credibile che la "moralita' IBM" sia seriamente rispettata al di la'
  dei tornelli di IBM Semea.

  Il recente Bulletin Board "ETICA NEGLI AFFARI", ad esempio, ribadisce
  giustamente l'importanza del "codice etico" nei comportamenti di IBM,
  ma tace su come si possano concretamente individuare atti di
  corruzione verso pubblici amministratori compiuti da aziende
  partecipanti alla rete. Infatti, a differenza di scorretezze compiute
  verso clienti, fornitori e terze parti, in cui e' naturale che la
  vittima cerchi un interlocutore per protestare, nel caso della pubblica
  amministrazione la vittima e' il pubblico ignaro, e i collusi hanno
  entrambi interesse al silenzio.

  Cio' pero' apre prospettive inquietanti.  Per essere molti chiari,
  finora IBM ha perso non pochi affari per non aver mai voluto stare al
  gioco della piccola e grande corruzione, specialmente per quanto
  riguarda il settore pubblico.  Questa scelta ha pero' permesso di
  mantenere un'immagine di lealta' commerciale e di rispettabilita'
  sociale, con effetti molto positivi nei confronti degli interlocutori
  esterni e degli stessi dipendenti.

  Ora che il vecchio monolite e' stato sgretolato, cosa garantisce che
  tra le maglie della rete non si crei lo spazio per rapporti meno
  trasparenti?  La fama di correttezza negli affari non rischia di
  essere visto come uno di quegli "investimenti a lungo termine" che non
  tutte le unita' si sentono in grado di intraprendere?  D'altra parte,
  se qualche lembo della rete finisse nella marmellata, fin dove
  arriverebbero gli schizzi?

                                                  CdF IBM Semea MI SEG BAS


                                                         1993 - I semestre

                           "PROPOSTE"


   Alla fine del 1991 e all'inizio del 1993 sono stati preparati due
   documenti di analisi e discussione della situazione di IBM Semea,
   tuttora disponibili su richiesta.
   Da questi riflessioni sono state tratte le seguenti PROPOSTE,
   con lo scopo di mettere a fuoco opportunita' di affari e di sviluppo
   professionale che le attuali scelte direzionali tendono a trascurare.


 A) E' indispensabile creare o rafforzare i centri di competenza.
    Anche se negli ultimi due anni sono andate emergendo funzioni con
    denominazioni simili, e' bene sottolineare quanto si sia tuttora distanti
    dal soddisfare le necessita' del nostro business.
    A nostro parere un centro di competenza per filone produttivo/applicativo
    (ad esempio: processo continuo, tessile e abbigliamento, grande
    distribuzione ecc.) dovrebbe essere costituito da un nucleo abbastanza
    stabile nel tempo di specialisti di una certa area applicativa (e non di
    prodotti), con l'obiettivo di:

    - essere di consulenza credibile ai clienti e agli SR per l'area
      di competenza;

    - assumere, quando necessario, la direzione di progetti specifici,
      utilizzando risorse delle S.U., o di terze parti, o dei clienti
      stessi;

    - essere in grado di valutare e promuovere la replicabilita' delle
      soluzioni, sia per le realizzazioni interne che per quelle di
      terzi;

    - mantenere una conoscenza profonda e aggiornata dello stato
      dell'arte nel settore, e delle applicazioni realizzate in IBM
      in altri paesi, a disposizione di tutta la Semea;

    - migliorare l'immagine di IBM intervenendo autorevolmente nei
      convegni  specialistici e nelle manifestazioni di settore.

    Per poter raggiungere questi obiettivi, i centri di competenza
    dovrebbero:

    - essere costituiti da piccoli gruppi di specialisti effettivi
      del settore, evitando l'attuale dispersione degli skill;

    - rimanere di riferimento stabile anche a fronte delle incessanti
      ridefinizioni delle strutture di marketing;

    - costituire un'evoluzione possibile e desiderabile della carriera
      sistemistica;

    - identificare i progetti piu' innovativi e interessanti, da
      gestire in prima persona, allo scopo di verificare sul campo le
      competenze e mantenere una leadership culturale verso i clienti
      e le terze parti.

    L'esigenza di una simile supporto e' talmente sentito che individui
    e funzioni aziendali di buona volonta' lo hanno talvolta fornito
    "clandestinamente", forzando e reinterpretando gli obiettivi
    ricevuti; impegno lodevole, ma spesso frustrato dalla mancanza di
    risorse, di continuita' e di riconoscimenti.

 B) L'attivita' di vendita deve essere profondamente ripensata, anche
    negli aspetti che in passato parvero assicurare buoni risultati.
    In realta' la vita di filiale e' ricca di momenti che potrebbero
    apparire quasi folkloristici se non fossero causa di affari
    perduti e di fatica e frustrazione per chi li deve subire: dal
    rituale delle riunioni di previsione e di pianificazione delle
    offerte al cliente, nelle quali quasi sempre le strategie brillano
    per la loro assenza, ai surreali picchi di spedizioni di fine anno,
    generati esclusivamente dai parametri di valutazione e incentivo
    utilizzati.
    Comunque sia, a nostro parere la modifica prioritaria deve
    riguardare l'ampiezza dell'orizzonte temporale con cui tutta la
    struttura di vendita (e quindi non solo gli SR) guarda alla
    crescita del cliente e alle opportunita' di business: anche se
    non sarebbe ne' facile ne' privo di rischi, si dovrebbe tentare
    di passare dall'attuale anno solare a qualche misura basata
    sull'arco di 24 o 36 mesi a scorrimento.
    In questo modo, si eviterebbe di introdurre discontinuita' e
    scadenze artificiose, e si sposterebbe l'attenzione dalle
    operazioni di corto respiro ai progetti con maggiore contenuto
    professionale e stategico (che difficilmente sono cosi' cortesi
    da durare 9 mesi se firmati a marzo, o 3 se decisi a settembre).
    Siamo consapevoli che una simile proposta va in assoluta
    controtendenza rispetto alla sempre maggior importanza delle
    misurazioni trimestrali in tutte le decisioni aziendali.

 C) Si dovrebbero inoltre evitare meccanismi di incentivazione che
    possano involontariamente spingere a comportamenti irregolari e
    lesivi dell'immagine aziendale. Piu' in generale, si dovrebbero
    individuare delle tecniche amministrative di riduzione delle
    irregolarita' basate sulla conoscenza dei rapporti reali con i
    clienti, invece di ricorrere al solito mix di repressione e
    ipocrisia. Ad esempio, si potrebbe offrire a tutti i clienti
    significativi il SW in prova temporanea a un prezzo simbolico,
    ottenendo ad un tempo un nuovo strumento di marketing e
    l'eliminazione del poco simpatico balletto delle copie
    clandestine.

 D) Gli SR sprecano troppo tempo nel seguire tutti i passaggi
    amministrativi dell'ordine dal momento successivo alla firma
    fino alla consegna della macchina al cliente; di fatto sono
    considerati i primi responsabili di tutte le inefficienze
    di un'amministrazione che in teoria dovrebbe essere in grado
    di gestire gli ordini senza ulteriori oneri per gli SR stessi.
    E' probabile che la direzione aziendale non si renda
    pienamente conto delle dimensioni di questo fenomeno, e di
    come sia stato aggravato dal moltiplicarsi dei prodotti
    disponibili, delle loro interazioni possibili, dalla varieta'
    delle forme contrattuali ammesse e, ovviamente, dai soliti
    risparmi qualitativi e quantitativi in personale
    amministrativo. Specificare chiaramente tutto cio'
    di cui l'amministrazione, e non l'SR, e' responsabile, e' il
    primo indispensabile passo per liberare tempo di contatto e di
    studio del cliente.


 E) E' bene che i sistemi di reporting aziendale come SESAR e
    simili affianchino all'attuale impostazione quantitativa anche
    informazioni piu' utili ai pianificatori e ai decisori, come
    le attivita' svolte all'interno di progetti di ampio respiro,
    le azioni potenzialmente "business driver", le esperienze alla
    frontiera dello stato dell'arte, i successi nei confronti della
    concorrenza piu' agguerrita.
    Piu' modestamente, bisognerebbe porre fine alla grottesca (e costosa)
    pratica dei report "pilotati" dai capi per far quadrare i conti.

 F) Dovrebbe essere a disposizione dei dipendenti un'applicazione
    contenente non solo i riporti di ciascuno (gia' presenti in TELE)
    ma anche le responsabilta' funzionali di ciascuna unita', e il ruolo
    di ciascuna persona in essa; queste informazioni potrebbero essere
    inseriti in TELE stesso, se possibile, o in un DB in Ithone o in
    INFO, e tenute accuratamente aggiornate.
    (Finora solo il CE hanno avuto a disposizione questo servizio).

 G) E' necessario rimettere in discussione i criteri con cui si mira
    alla riduzione delle spese e del personale. Anche prescindendo
    per un istante dai diritti dei lavoratori (che comunque il sindacato
    vuole e deve tutelare in ogni caso), colpisce come il risultato
    spesso non sia l'eliminazioni di mansioni superflue, ma il degrado
    qualitativo di funzioni essenziali, come abbiamo cercato di mostrare
    nei documenti di analisi della situazione aziendale.
    Noi proponiamo di prendere piu' seriamente in considerazione i
    costi indiretti di questo genere di "risparmi" e, piu' in generale,
    riteniamo che sia interesse degli stessi SR e SE di poter impiegare
    il proprio tempo in modo piu' efficace.
    Ad esempio, ogni sistemista che lavori su una certa linea di
    prodotti deve poter esercitarsi su di essi in azienda
    e non, come troppo spesso succede, solo in education e
    presso i clienti; deve inoltre reperire con facilita' la
    documentazione e gli strumenti tecnici necessari.
    Anche i costi indotti dal sempre minore supporto segretariale
    dovrebbero essere meglio valutati.

 H) IBM Semea dovrebbe prestare piu' attenzione ai costi della
    difettosita' e dei ritardi nell'implemetazione del SW di base,
    cercando di assumere, per le missioni internazionali che le
    sono state affidate, la leadership in termini di qualita' del
    prodotto, rispetto delle date di consegna e funzioni implementate.
    Con queste credenziali, e con un'accurata analisi dei costi della
    difettosita', dovrebbe fare pressioni a livello internazionale per
    politiche di qualita' dei prodotti piu' efficaci.
    L'assistenza a prodotti "non  ancora stabili" e' un lusso che
    l'azienda non puo' piu' permettersi. Ricordiamo che molti
    produttori di SW nostri concorrenti hanno basato le loro fortune
    (anche a nostre spese) proprio sull'affidabilta' dei loro
    prodotti, cosa che ha permesso loro di avere ridottissime strutture
    di assistenza post-vendita.

 I) IBM Semea dovrebbe, nei limiti del possibile, evitare di copiare
    acriticamente le formule organizzative elaborate negli USA, che
    inevitabilmente risentono delle caratteristiche dei clienti, dei
    fornitori, dei concorrenti e del mercato dei capitali, dei servizi
    e del lavoro di quel paese. Cio' non significa difendere
    le cose come stanno, ma ottenere una piu' ampia delega di scelta
    organizzativa: spesso omogeneita' significa soprattutto poverta'
    di alternative di fronte all'imprevisto.

 J) E' necessario che tutta la politica delle regole di correttezza
    commerciale venga ripensata a fronte della nuova realta' nella
    quale IBM non e' piu' la protagonista unica della propria offerta
    al cliente. Attualmente c'e' una diffusa sensazione di giocare
    senza regole, e cio' puo' diventare costoso se non pericoloso.

 K) Il modello dell'impresa-rete puo' essere attuato in modo piu'
    efficace, flessibile e probabilmente meno costoso rispetto alla
    strada scelta dalla dirigenza IBM. Sarebbe necessario attivare
    modalita' organizzative in base alle quali
    responsabilita' di obiettivi, decisioni di investimento,
    gestioni degli skill ecc. siano delegate in modo piu' congruente
    ad ogni livello, e che vengano attivate procedure molto piu' snelle
    per richiedere e "pagare" servizi fra le varie funzioni.
    In questo modo, si potrebbere migliorare al tempo stesso la
    flessibilita' organizzativa e produttiva, e il controllo dell'
    impiego delle risorse reali, senza sopportare i costi di transazione
    (contenziosi compresi) fra aziende diverse.

 L) Bisognerebbe studiare attentamente il bilancio costi/benefici della
    possibile introduzione del lavoro a domicilio per alcune figure
    professionali. I vantaggi non sarebbero solo monetari (risparmio
    di superfici attrezzate ad ufficio) ma soprattutto sociali ed
    ecologici (tempi, costi, fatica, rischi e inquinamento);
    d'altra parte esistono effettivamente i problemi della verifica
    del tempo di lavoro (troppo o troppo poco) e della protezione
    delle informazioni riservate.
    In caso di collegamenti in rete, l'accesso a una bacheca sindacale
    elettronica dev'essere garantito.


                                                CdF IBM Semea MI SEG BAS