(Decreto
Legge 20-3-2014 n. 34, convertito con modificazioni in legge 16
maggio 2014 n. 78
Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese)
Contratto a termine
Già su questa tipologia vi sono stati negli ultimi anni interventi legislativi di un qualche significato, ma i più importanti si hanno dal 2001 quando il legislatore intervenì facendo tabula rasa di tutte le motivazioni per le quali era precedentemente consentito porre un termine a un contratto di lavoro; in estrema sintesi, con il Decreto Legislativo n, 368 del 2001, successivamente integrato e modificato, si stabilì quanto segue a norma dell’art. 1: “È consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro”. Come accennato, vari governi sono ritornati sulla sopra citata legge - ivi compresa la Ministra del lavoro Fornero – e, da ultimo, il Governo Renzi.
Renzi, nell’ambito
di una più ampia serie di interventi legislativi noti come Jobs Act, cancella
il preesistente comma 1 dell’art 1 e modifica come segue il secondo comma (che
diventa primo comma): “È consentita l'apposizione di un termine alla durata
del contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a trentasei mesi,
comprensiva di eventuali proroghe, concluso fra un datore di lavoro e un
lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma
del contratto a tempo determinato, sia nell'ambito di un contratto di
somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell'articolo 20 del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Fatto salvo quanto disposto
dall'articolo 10, comma 7, il numero complessivo di contratti a tempo
determinato stipulati da ciascun datore di lavoro ai sensi del presente articolo
non può eccedere il limite del 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo
indeterminato in forza al 1°gennaio dell'anno di assunzione. Per i datori di
lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un
contratto di lavoro a tempo determinato”.
Per quanto riguarda le innovazioni introdotte dall’attuale Presidente del Consiglio:
Per concludere, il limite quantitativo di lavoratori assumibili a termine diventa pari al 20% del totale dei lavoratori occupati in azienda (compresi i dirigenti) al 1 gennaio dell’anno di assunzione dei lavoratori stessi con contratto a tempo determinato; a questo proposito deve essere precisato che, ove esistano contratti di lavoro part-time, essi concorreranno a determinare il sopra citato limite in proporzione all’orario effettivo loro applicato; per ciò che concerne i contratti di apprendistato, secondo un’interpretazione del Ministero del Lavoro, essi devono essere considerati come contratti a tempo indeterminato (non è rara tra i giuslavoristi la definizione “contratto di lavoro a tempo indeterminato con clausola risolutiva espressa”) e, pertanto, sommati a tutti gli altri lavoratori in forza (con contratto a tempo indeterminato) a inizio anno.
Qui di seguito, per facilitare la comprensione delle modalità di calcolo dell’occupazione di riferimento per la determinazione del tetto del 20%, è riprodotto uno schema riepilogativo:
Lavoratori a tempo indeterminato |
Rientrano nella base di computo |
Modalità di calcolo |
ordinari |
Sì |
1 |
part time |
Sì |
in proporzione all'orario svolto, rapportato al tempo pieno, con arrotondamento all’unità della frazione di orario superiore alla metà di quello pieno |
Assunti daliste di mobilità |
Sì |
1 |
Assunti Collocamento obbligatorio |
Sì |
1 |
Dirigente |
Sì |
1 |
Apprendista |
Sì |
1 |
Apprendista stagionale |
No |
0 |
Lavoratori a chiamata privi di indennità di disponibilità |
No |
0 |
Lavoratori a chiamata con indennità di disponibilità |
Sì |
in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre |
E' opportuno precisare che i limiti quantitativi fin qui specificati possono essere modificati con la contrattazione collettiva di qualsiasi livello (sia nazionale di categoria, sia aziendale).
Permangono tipologie di contratto a tempo determinato esenti dal limite quantitativo del 20%, ovvero che non concorrono alla determinazione del medesimo e per le quali il datore fruisce anche di sgravi contributivi; queste tipologie sono riassunte nella tabella che segue:
Contratti a tempo determinato |
Motivo di esenzione |
fase di avvio di nuove attività per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici |
art. 10, comma 7, del D.Lgs. n.368/2001 |
Tempo determinato per ragioni di carattere sostitutivo |
art. 10, comma 7, del D.Lgs. n.368/2001 |
Tempo determinato stagionale previsto dal D.P.R. n. 1525/1963 |
art. 10, comma 7, del D.Lgs. n.368/2001 |
Tempo determinato stagionale previsto dal ccnl o da accordo aziendale |
art. 10, comma 7, del D.Lgs. n.368/2001 |
Tempo determinato per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi |
art. 10, comma 7, del D.Lgs. n.368/2001 |
Tempo determinato con lavoratori di età superiore a 55 anni |
art. 10, comma 7, del D.Lgs. n.368/2001 |
Tempo determinato da parte di una start-up innovativa |
art. 28 del D.L. n. 179/2012 |
Tempo determinato con lavoratore in mobilità |
art. 8, comma 2, della L. n. 223/1991 |
Tempo determinato stipulato tra istituti pubblici di ricerca o enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa |
art. 10, comma 5bis, del D.Lgs. n. 368/2001 |
Tempo determinato acquisito nelle ipotesi di trasferimenti d'azienda o di rami di azienda |
|
Lavoro extra nei settori del turismo e dei pubblici esercizi per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a 3 giorni, determinati dal contratto collettivo nazionale o decentrato |
art. 10, comma 3, del D.Lgs. n.368/2001 |
Disabili a tempo determinato |
art. 11 della L. n. 68/1999 |
Apprendistato |
art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 167/2011 |
Apprendistato stagionale |
art. 4, comma 5, D.Lgs. n. 167/2011 |
Apprendistato stagionale quale alternanza scuola/lavoro |
art. 3, comma 2 quater, D.Lgs. n. 167/2011 |
Nel caso di superamento del limite del 20% così come fin qui specificato, è previsto un sistema sanzionatorio nei confronti del datore di lavoro.
Rimane tassativo il divieto di stipula di contratti a tempo determinato nel caso di licenziamenti collettivi effettuati negli ultimi 6 mesi e/o di riduzione dell'attività lavorativa per mansioni analoghe.
Contratto di apprendistato.
E’ opportuno, prima di tutto spiegare di che cosa si tratta:
Il contratto di apprendistato può essere stipulato entro i 29 anni e consta di 3 tipologie:
Il Governo Renzi, nell’ambito di un più ampio intervento legislativo noto come Jobs Act, era, in un primo momento, intervenuto per decreto abrogando l’obbligo della redazione scritta del piano formativo; con la legge di conversione tale obbligo è stato parzialmente reintrodotto contestualmente a quello riguardante la stipula del contratto e l’eventuale patto di prova. In estrema sintesi, il piano formativo riguarda la prima e la terza delle tipologie sopra descritte ed è previsto che sia predisposto dall'istituzione formativa di provenienza, di concerto con l'impresa.
La nuova norma subordina, limitatamente per i datori di lavoro con più di 50 dipendenti, l’assunzione di nuovi apprendisti alla conferma di almeno il 20% dei contratti di apprendistato in essere nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione; nel computo non vanno compresi i lavoratori che si sono dimessi, quelli licenziati per giusta causa e quelli per i quali il rapporto si e` risolto durante il periodo di prova. E’ necessario da subito osservare che quanto appena specificato costituisce una importante modifica di quanto previsto dall’ordinamento precedentemente vigente: si passa da datori di lavoro con 9 a 50 per quanto riguarda il limite confermativo appena prima specificato; va inoltre precisato che i 36 mesi sono un riferimento mobile (a ritroso rispetto all’ultima nuova assunzione con contratto di apprendistato senza distinguere tra le 3 tipologie sopra descritte).
Il trattamento economico dell’apprendista è inferiore a quello dei suoi colleghi non apprendisti con mansioni identiche; questa minore retribuzione crescerà progressivamente fino a raggiungere quella normalmente applicata; quanto appena specificato può realizzarsi attraverso un inquadramento contrattuale inferiore fino ad un massimo di 2 livelli rispetto ai non apprendisti con mansioni equivalenti, oppure in virtù di una minore iniziale retribuzione. L’obbligo formativo è pari a 120 ore che si riducono a 80 se l’apprendista è diplomato e a 40 se è laureato. Per quanto riguarda le ore di formazione, E' necessario precisare che: con riferimento alla prima e alla terza tipologia di apprendistato come sopra specificate, il datore di lavoro non ha l'obbligo di retribuire le ore di formazione svolte nell'istituzione formativa di provenienza, mentre, per quanto riguarda la formazione a suo carico, dovrà riconoscere una retribuzione paril al 10% di quella che sarebbe dovuta per la normale attività lavorativa;
L’osservazione critica che ritengo di dover ribadire riguarda l'assenza di norme puntuali e precise che regolino gli obblighi e gli adempimenti riguardanti il progetto formativo e non mi pare cosa da poco: esso è il cuore, per non dire la ratio che motiva l’apprendistato e, perciò, ogni intervento che produca la conseguenza di rendere vago e generico il contenuto della formazione, produce concrete possibilità di un uso distorto di questa forma contrattuale. Insomma, se non è possibile controllare e rendere certamente produttivo il percorso formativo, l’apprendistato potrà essere usato come forma contrattuale conveniente in quanto meno costosa.